i viaggi in cerca di cure valgono più di 5 mld, chi incassa

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Conto e carta

difficile da pignorare

 


Potremmo chiamarlo turismo sanitario, ma forse è più corretto parlare di viaggi in cerca di cure: un fenomeno che abbiamo analizzato più volte su Fortune Italia e che ogni anno coinvolge tantissime famiglie. Basti pensare che – dopo lo stop imposto dalla pandemia – ormai la migrazione da una Regione all’altra vale più di 5 miliardi di euro. Così se in alcune aree del Paese chi si occupa di sanità sorride, altre pagano un prezzo salato. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto incassano di più, mentre il 78,8% del saldo passivo grava – letteralmente – sul Centro Sud.

Per Nino Cartabellotta, il presidente Gimbe protagonista la scorsa settimana di un duro scontro con rappresentanti dell’esecutivo sui decreti attuativi della legge contro le liste d’attesa, non ci sono dubbi: “La mobilità sanitaria non è più una libera scelta del cittadino, ma una necessità imposta dalle profonde diseguaglianze nell’offerta dei servizi sanitari regionali”. Come dire: se vicino casa il servizio manca, a molti non resta altro che spostarsi (mettendo mani al portafoglio).

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Dove vanno soldi e pazienti

Se guardiamo la cartina, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le mete più gettonate dal punto di vista della sanità: raccolgono da sole il 94,1% del saldo attivo della mobilità sanitaria, ovvero la differenza tra le risorse ricevute per curare pazienti provenienti da altre Regioni e quelle versate per i propri cittadini che – a loro volta – si sono spostati altrove.

Dall’altro lato della classifica troviamo Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia, che insieme rappresentano il 78,8% del saldo passivo.

Più in dettaglio, l’attrazione di pazienti da altre Regioni, si concentra per oltre la metà in Lombardia (22,8%), Emilia-Romagna (17,1%) e Veneto (10,7%), seguite da Lazio (8,6%), Piemonte (6,1%) e Toscana (6,0%).

A generare i maggiori debiti per cure ricevute fuori Regione sono Lazio (11,8%), Campania (9,6%) e Lombardia (8,9%), che da sole rappresentano quasi un terzo della mobilità passiva, con un esborso superiore ai 400 milioni di euro ciascuna. Seguono Puglia, Calabria e Sicilia, che nel 2022 hanno visto il proprio saldo negativo aggravarsi ulteriormente, superando i 300 milioni di euro rispetto al 2021. “Oltre alla fuga di pazienti dal Sud – segnala Cartabellotta – esiste anche una mobilità di prossimità. Regioni come Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto pur essendo molto attrattive, registrano comunque una mobilità passiva rilevante. Questo dimostra l’elevata circolazione di pazienti verso Regioni vicine con offerta sanitaria di qualità elevata”.

I saldi

  • Saldo positivo rilevante: Lombardia (€ 623,6 milioni), Emilia-Romagna (€ 525,4 milioni) e Veneto (€ 198,2 milioni) 
  • Saldo positivo moderato: Toscana (€ 49,3 milioni) e Molise (€ 26,4 milioni)
  • Saldo positivo minimo: Provincia autonoma di Trento (€ 7,1 milioni), Provincia autonoma di Bolzano (€ 2,2 milioni)
  • Saldo negativo minimo: Piemonte (-€ 6,3 milioni), Friuli Venezia Giulia (-€ 11,8 milioni), Valle d’Aosta (-€ 11,9 milioni)
  • Saldo negativo moderato: Umbria (-€ 36,6 milioni), Marche (-€ 53,7 milioni), Liguria (-€ 74,6 milioni), Basilicata (-€ 80,8 milioni) e Sardegna (-€ 96,3 milioni), 
  • Saldo negativo rilevante: Abruzzo (-€ 104,1 milioni), Lazio (-€ 193,4 milioni), Puglia (-€ 230,2 milioni), Sicilia (-€ 241,8 milioni), Calabria (-€ 304,8) e Campania (-€ 308,4 milioni).

La frattura Nord-Sud (che si divarica)

Per Cartabellotta ormai “tra Nord e Sud non c’è più solo un divario, ma un’enorme frattura strutturale. Le uniche Regioni con un saldo positivo superiore a 100 milioni si trovano tutte al Nord, mentre quelle con un saldo negativo maggiore di 100 milioni sono concentrate nel Mezzogiorno, con l’unica eccezione del Lazio”.

“Peraltro la mobilità sanitaria rappresenta solo la punta dell’iceberg delle diseguaglianze regionali: infatti, considerato che riguarda per oltre due terzi i ricoveri ospedalieri, non rende conto della qualità dell’assistenza territoriale e socio-sanitaria, ambiti in cui il divario Nord-Sud è ancora più marcato”, aggiunge il presidente Gimbe.

Mobilità sanitaria, l’esodo da 5 Regioni del Sud e il caso Molise

Intanto la sanità privata…

Stando all’analisi Gimbe, oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche fuori Regione finisce nelle casse della sanità privata accreditata. Le strutture private assorbono oltre il 60% della mobilità attiva in Molise (90,6%), Lombardia (71,4%), Puglia (70,7%) e Lazio (62,4%). In altre, invece, il privato ha una capacità attrattiva inferiore al 20%: Valle D’Aosta (16,9%), Umbria (15,5%), Liguria (11,9%), Provincia autonoma di Bolzano (9,9%) e Basilicata (8,9%).

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Relativamente alla specialistica ambulatoriale erogata in mobilità, oltre il 93% è riconducibile a tre categorie: prestazioni terapeutiche (33,9%), diagnostica strumentale (31,6%) e prestazioni di laboratorio (27,9%).

Considerando poi che una struttura è definita di prossimità se dista al massimo 50 km o il tempo di percorrenza non supera i 60 minuti, nel 2022 solo l’11,6% dei ricoveri in mobilità effettiva è avvenuto in strutture di prossimità. Cosa ci dice questo dato? “Lo spostamento dei pazienti verso altre Regioni per ricevere cure in regime di ricovero è una necessità dettata dall’assenza di un’offerta sanitaria adeguata. Per molti cittadini, questo significa affrontare lunghi spostamenti, con disagi pesanti per chi è malato e costi significativi per le famiglie, sia in termini economici che di tempo e qualità di vita”.

Le prospettive

Cartabellotta non ha dubbi: senza interventi mirati, “la mobilità sanitaria finirà per penalizzare sempre più i cittadini più fragili, minando alle fondamenta l’universalità del Servizio Sanitario Nazionale. Infine, senza adeguate misure correttive, l’autonomia differenziata affosserà definitivamente la sanità del Mezzogiorno”. Ma non solo: il presidente Gimbe paventa un effetto boomerang anche sulle Regioni del Nord, “che potrebbero trovarsi in difficoltà nel garantire un’adeguata erogazione dei Lea ai propri cittadini residenti”. Insomma, se Sparta piange, Atene non ride mentre il diritto alla salute rischia di diventare sempre più ostaggio del codice di avviamento postale.

Viaggi in cerca di cure, mappa e costi del turismo sanitario



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