Dal 12 marzo saranno applicati dazi statunitensi del 25% su acciaio e alluminio. Lo ha stabilito un decreto firmato da Donald Trump.
“Ho stabilito che le importazioni di articoli in acciaio rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale” ha scritto Trump nel suo testo, spiegando che avrebbe posto fine alle norme attualmente in vigore “a partire dal 12 marzo”. Il presidente Usa ha emesso un’ordinanza separata riguardante le importazioni di alluminio.
I nuovi dazi sull’acciaio annunciati dagli Stati Uniti complicano ulteriormente la situazione di questo mercato strategico per molti settori, già destabilizzato dall’eccesso di produzione cinese e dalle difficoltà dei produttori europei.
Il provvedimento segue i dazi imposti alla Cina, Messico e Canada, sebbene con quest’ultimo stato si sia raggiunto un accordo di sospensione in cambio di nuovi impegni. “Sono profondamente dispiaciuta per la decisione degli Stati Uniti di imporre dazi sulle esportazioni europee di acciaio e alluminio. Le tariffe sono tasse: dannose per le imprese, e peggiori per i consumatori. Le tariffe ingiustificate contro l’Ue non rimarranno senza risposta: scateneranno contromisure ferme e proporzionate. L’Ue agirà per salvaguardare i propri interessi economici. Proteggeremo i nostri lavoratori, le nostre aziende e i nostri consumatori” ha affermato in una dichiarazione la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
“Purtroppo i dazi sono tornati nella notte, il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine che impone tariffe del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti a partire dal 12 marzo, ha anche annunciato tariffe locali di base su altri prodotti in arrivo questa settimana. Ci rammarichiamo profondamente di queste decisioni e annunci” ha dichiarato il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, nel suo intervento in plenaria al Parlamento europeo.
“L’Ue non vede alcuna giustificazione per l’imposizione di tariffe sulle nostre esportazioni, il che è economicamente controproducente, soprattutto date le catene di produzione profondamente integrate stabilite attraverso i nostri estesi legami commerciali e di investimento transatlantici, le tariffe sono un male fiscale per le aziende, peggio per i consumatori. E imponendo tariffe, gli Stati Uniti tasseranno i propri cittadini, aumentando i costi per le proprie attività e alimentando l’inflazione. Inoltre, le tariffe non sono solo dannose per i partner commerciali direttamente coinvolti, ma rischiano anche di avere effetti dirompenti per molti altri, così come per il sistema commerciale globale nel suo complesso. In parole povere, è uno scenario lose-lose” ha aggiunto.
La produzione mondiale di acciaio grezzo ha raggiunto 1,89 miliardi di tonnellate nel 2023, di cui più della metà (1,02 miliardi di tonnellate) è stata prodotta dalla Cina, il più grande produttore mondiale, secondo gli ultimi dati disponibili di World Steel. Gli Stati Uniti, molto indietro con 82 milioni di tonnellate prodotte, hanno importato 26,4 milioni di tonnellate di questo metallo nel 2023, diventando così il secondo importatore mondiale, dopo l’Unione Europea.
A rifornirlo è soprattutto il Canada, con 5,95 milioni di tonnellate importate nel 2024, secondo l’amministrazione commerciale statunitense. Seguono Brasile, Ue e Messico con rispettivamente 4,08, 3,89 e 3,19 milioni di tonnellate, davanti ad altri Paesi come Corea del Sud, Vietnam, Giappone, Taiwan e Cina. I prezzi dell’acciaio a livello mondiale sono calati drasticamente nell’ultimo anno a causa della sovrapproduzione.
Secondo l’Ocse, l’eccedenza mondiale di acciaio è compresa tra 500 e 560 milioni di tonnellate. “La maggior parte proviene dalla Cina, che sta inondando i mercati mondiali” ha dichiarato un produttore di acciaio europeo all’Afp a condizione di anonimato. Le capacità produttive negli Stati Uniti e in Europa sono storicamente equilibrate e adeguate alla domanda interna, ma nel Sud-Est asiatico superano di gran lunga la domanda” ha aggiunto la fonte. Secondo gli esperti, l’economia dell’acciaio, ciclica da 50 anni, sta affrontando un problema “strutturale” di sovrapproduzione.
La Cina ha ridotto drasticamente i suoi consumi, anche a causa della paralisi dei suoi immensi progetti di costruzione. Inoltre, si sospetta che il gigante asiatico sovvenzioni più o meno direttamente la sua produzione, abbassando i prezzi e mettendo sotto pressione i tradizionali operatori europei e americani. US Steel, che sta attraversando un periodo difficile, è stata oggetto di un tentativo di acquisizione da parte di Nippon Steel, bloccato da Joe Biden e poi da Donald Trump. L’azienda tedesca ThyssenKrupp ha annunciato il taglio di migliaia di posti di lavoro.
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