Comunicare ai tempi di Sinodo e Giubileo: raccontare la speranza, ascoltando tutti

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Il germoglio che nasce da ogni storia di bene, narrata in un mondo oggetto di “crescenti polarizzazioni”, al centro del webinar “ComunicAzione per costruire comunità”. Gisotti: promuovere ricerca della verità, onestà e responsabilità. Daniels: gli spazi digitali sono la nuova “pagina missionaria” della Chiesa. Tossani: le parole non siano “armi”

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

Le storie di speranza e sinodalità, da raccontare negli inverni del mondo con fiducia, perché “al tempo giusto il fiore sboccerà”. Ciascun germoglio con la sua dignità, in un giardino all’interno del quale non mancano le storie della Chiesa, che in un mondo oggetto di “crescenti polarizzazioni” e “perdita di fiducia” nelle istituzioni, ha saputo aprirsi a un “ascolto autentico” durante l’ultima Assemblea dei Vescovi. Arrivando, talvolta, perfino a farsi “ferire” dal peso di certe parole, che tuttavia, quando non usate come “armi”, diventano il preludio a discussioni di “speranza e vita” di cui il mondo oggi ha più che mai bisogno. Sotto questi auspici si è tenuto oggi, 12 febbraio, il webinar ComunicAzione per costruire comunità, promosso da NetOne in collaborazione con la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il Dicastero per la Comunicazione, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Vatican Media, il Cammino sinodale della Chiesa in Italia, TV2000 e InBlu2000, SIR, l’Istituto Universitario Sophia, l’Associazione dei WebCattolici Italiani (Weca), il Gruppo editoriale Città Nuova e la Pontificia Università della Santa Croce. L’evento, che ha fatto seguito a quello del 7 marzo 2024 dal titolo Quale comunicazione per la sinodalità?, ha visto gli interventi, tra gli altri, di Alessandro Gisotti, vice direttore editoriale dei media vaticani; Kim Daniels, membro del Dicastero per la Comunicazione, coordinatrice del Gruppo di studio La missione nell’ambiente digitale del Sinodo e docente alla Georgetown University di Washington D.C.; ed Erica Tossani, membro della Presidenza della Prima Assemblea Sinodale della Chiesa in Italia. A moderare i vari dicorsi, Sara Fornaro, caporedattrice web di Città Nuova ed Enrico Selleri, conduttore di TV2000.

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“Ogni storia è grande e degna”

“Comunicazione, azione e comunità”, sono stati i tre termini individuati da Gisotti, prendendo spunto dal titolo del webinar, per centrare il suo intervento su una divulgazione che unisca la speranza giubilare alla sinodalità, valore cardine della recente Assemblea dei Vescovi: “Mettersi in cammino”, accompagnando “la gente che verrà”. Ma come? Gisotti ha richiamato le parole di Giorgio Gaber, “la libertà è partecipazione”, auspicando una comunicazione che sappia “consumare la suola delle scarpe” facendosi prossima soprattutto a quelle “periferie esistenziali” tanto care a Papa Francesco. Libertà, troppo spesso negata ai professionisti della comunicazione – ad oggi oltre 500 giornalisti si trovano in carcere – rappresentati idealmente dalla giornalista filippina Maria Ressa durante il recente Giubileo della Comunicazione. Il modo di fare informazione, ha notato Gisotti, è cambiato e continuerà a farlo, “ma i valori che dovrebbero guidare l’informazione restano gli stessi: – la ricerca della verità, l’onestà, la responsabilità”. Auspici che si incarnano in una delle “grandi forze” della “comunicazione di speranza”: le storie. Semi piantati negli inverni del mondo, con la certezza “che al tempo giusto il fiore sboccerà”. Lo stesso Papa Francesco lo affermò nel febbraio 2019, di ritorno da Abu Dhabi, dopo aver firmato il Documento sulla Fratellanza Umana. “Un evento storico”, lo aveva definito Gisotti, all’epoca portavoce della Santa Sede, prima della consueta conferenza stampa sul volo di ritorno. “Ogni viaggio è storico”, aveva aggiunto Francesco, “ogni storia è grande e degna, e anche se è brutta, se la dignità è nascosta, sempre può emergere”.

“Una Chiesa veramente sinodale nell’era digitale”

L’esperienza maturata da Daniels come coordinatrice del Gruppo di studio sinodale sulla missione della Chiesa negli ambienti digitali è servita da sfondo per un intervento che ha lodato la “storia”, riprendendo il concetto di Gisotti, che la comunità ecclesiale ha da raccontare. “L’istituzione più antica del mondo, spesso vista come bloccata nel passato”, ha intrapreso un “processo di ascolto globale” per comprendere la propria missione nei tempi e negli spazi contemporanei. Daniels ha osservato la realtà statunitense, “ferita” dalla “crescente polarizzazione” comune a tanti contesti e fonte di una “perdita di fiducia” nelle istituzioni, Chiesa compresa. Divisioni, individualismi, che non hanno prevalso nell’assemblea sinodale, dove l’intera comunità ecclesiale ha cercato la via migliore per “camminare insieme nonostante le differenze”. Tra i momenti chiave dell’evento ricordati da Daniels, l’apertura alla partecipazione di donne e laici nelle decisioni della Chiesa, raccontata con entusiasmo dalla giovanissima squadra addetta ai social media. Il Sinodo ha riconosciuto gli spazi digitali come una nuova “pagina missionaria”, un’opportunità per coinvolgere le nuove generazioni, non “intrappolandole” negli spazi virtuali ma guidandole “verso autentiche relazioni umane radicate in Cristo”. L’orizzonte, ha concluso Daniels, è quindi quello di una Chiesa “veramente sinodale nell’era digitale”, capace di “ascoltare, accompagnare ed aiutare le persone a maturare una relazione più profonda con Dio e con il prossimo”.

“Il bisogno di parole che generino speranza e vita”

Non solo il “come” ma anche il “cosa” comunicare è stato il fulcro della riflessione di Tossani. Una “postura” aperta e nutrita dall’ascolto, ancora una volta delle “storie”, senza le quali “non può esserci comunicazione vera”. Rapportarsi alla realtà significa cambiare il linguaggio con cui essa viene raccontata. Non uno strumentale “adattamento”, quanto il riconoscimento del vissuto umano “come luogo teologico per eccellenza”. L’auspicio è quindi di una Chiesa che parli con “il sapore della vita”. Il cammino sinodale ha aiutato la comunità ad adottare uno stile comunicativo lontano dall’imperante “botta e risposta”, dove ogni affermazione passa inascoltata perché già pronta ad essere ribattuta. Al contrario “l’ascolto autentico” dissesta, mette in discussione, talvolta “addirittura ferisce”, ma lo fa sempre in maniera attiva, aprendo, alla lunga, ad una conversazione più proficua. Rifiutare questa visione significa ridurre le parole ad “armi”, proprio nel momento storico in cui Papa Francesco invita ad essere “disarmati, anzitutto nel cuore, prima che nelle parole”. Alla polarizzazione, ai dibattiti ideologizzati, “dove ognuno parla per fare prevalere la sua idea”, si devono sostituire spazi di dialogo dove non c’è vittoria “dell’uno sull’altro”, ma progetti ed idee condivise. Auspici che, per il futuro e la vita di tutti i giorni, non possono prescindere da una vera e propria “educazione all’ascolto” per un mondo ” che ha quanto mai bisogno di parole che generino speranza e vita”.

Superare la “cultura del silenzio”

All’attrice Stefania Bogo, il compito di leggere alcuni passaggi della recente enciclica di Papa Francesco, Dilexit nos e de L’attrattiva del mondo moderno, di Chiara Lubich, per accompagnare un webinar di respiro internazionale, che ha visto la partecipazione, dall’Ungheria, di Pál Tóth, docente emerito presso l’Istituto Universitario Sophia. La Chiesa locale è ancora troppo spesso ancorata alla cosiddetta “cultura del silenzio”, un atteggiamento che contrasta con il valore della comunicazione e porta a tacere “per paura di disturbare qualche armonia, magari finta”. Tóth ha quindi auspicato una divulgazione sinodale radicata nella comunità, aperta all’incontro e alle “relazioni attive” con i fatti che la riguardano, superando le “bolle”, le nuove e chiuse forme di aggregazione sociale. Muriel Fleury e Beatrice Binaghi, rispettivamente responsabile della comunicazione e incaricata dei social media presso il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, hanno riflettuto sui ritmi “frenetici” dell’informazione odierna e sulla necessità di creare legami duraturi tra le “storie di chi soffre” e il resto del mondo. A tal proposito, è stato citato l’esempio di un incontro svoltosi a Panama, organizzato dal Dicastero con i vescovi di frontiera, responsabili della pastorale migratoria per coloro che ogni giorno attraversano il Darién, la regione che separa Panama e Colombia. Questo momento di confronto ha permesso ai vescovi di iniziare a operare insieme, dopo anni di attività indipendente.

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“Lo spazio pubblicitario di Dio”

Paolo Balduzzi, inviato del programma A sua immagine, ha definito la trasmissione “sinodale”, sottolineando come le storie raccontate nascano dal dialogo condiviso con l’intera redazione e siano il frutto di “dialoghi corali”. Ogni intervista, infatti, si sviluppa attraverso un “rapporto personale più stretto” con l’interlocutore. Un esempio significativo, ricordato con emozione e documentato da Balduzzi, è stato quello dei genitori di una giovane maestra di sci del Sestriere, scomparsa improvvisamente a soli 28 anni, che cercavano di portare avanti la sua attività. Da WLSpaces alle nuove piattaforme, la storia di Mariella Matera racconta il percorso di una comunicatrice affascinata dall’idea di un mondo “senza frontiere”, reso possibile dall’avvento di Internet. Dal 2019 è protagonista di Alumera, uno spazio di evangelizzazione sui social. La sua missione? “Portare la luce del Vangelo sul web”. In un mondo dominato da influencer, ambassador e community, i cristiani possono essere portatori di luce, diventando essi stessi “lo spazio pubblicitario di Dio nel mondo”. Ana Tano, responsabile della comunicazione per United World Project-NetOne Argentina, ha infine raccontato l’esperienza del Genfest, l’evento giovanile del Movimento dei Focolari dal tema Together to Care. Tra scambi culturali, arte e workshop, l’obiettivo era quello di riconoscere la comunicazione come uno strumento per prendersi cura della “vita di sé stessi, degli altri e del pianeta”. Un messaggio che ha sottolineato la differenza tra l’essere semplicemente “connessi” e l’essere realmente “uniti”.



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