Chiesto il processo per il marito di Daniela Gaiani: «Non fu suicidio, l’ha uccisa lui»

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di
Andreina Baccaro

I pm e la perizia: strangolata e spostata, poi la messa in scena con la corda

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La Procura chiede che Leonardo Magri sia processato per il femminicidio della moglie Daniela Gaiani, trovata impiccata nel suo letto a Castello D’Argile il 5 settembre 2021. Per il pm Augusto Borghini, che ha notificato la richiesta di rinvio a giudizio, la donna, 58 anni, non può essersi suicidata, come ha sempre sostenuto il marito. Dunque il pm tira dritto e, dopo le complesse e lunghe indagini che avevano portato a iscrivere Magri, 53 anni, solo in un secondo momento nel registro degli indagati, adesso chiede che sia processato per omicidio aggravato dai futili motivi e dalla relazione sentimentale con la vittima.

L’udienza davanti al gip Salvatore Romito si terrà il 28 marzo. Per l’accusa Magri «per portare avanti in piena libertà la relazione sentimentale con la sua amante», avrebbe ucciso Daniela e inscenato il suo suicidio. Il 53enne infatti ha sempre sostenuto di essere tornato a casa a notte fonda e di non essersi accorto, nel buio, che la moglie giaceva al suo fianco già morta, con una corda al collo fissata alla spalliera del letto. Disse di averlo scoperto solo al mattino, quando provò a rianimarla dopo aver sciolto la corda. Poi la chiamata ai soccorsi ai quali, solo in un secondo momento, mostrò la corda. Inizialmente la scena sembrò quella di un suicidio, visti i problemi di depressione di cui la vittima soffriva. Poi dalle indagini iniziarono a venir fuori le prime incongruenze: la perizia tossicologica stabilì che la donna era imbottita di alcol e psicofarmaci a tal punto da non avere la forza di stringere la corda.




















































Il marito quella notte era uscito proprio con l’amante, con cui la relazione era diventata complicata proprio per l’incapacità di lui di lasciare la moglie. Il 53enne, che avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere, ha invece scelto durante le indagini di rendere interrogatorio al pm, difeso dall’avvocato Ermanno Corso. Ma la Procura ha raccolto, soprattutto attraverso perizie medico-scientifiche, una serie di indizi che hanno convinto il pm a chiedere il processo. Il colpo di scena è arrivato soprattutto dagli esami del Ris: sulla fettuccia con cui la donna si sarebbe strangolata «non ci sono aree stressate da pregressi nodi o tensioni»: la corda, cioè, non è mai stata stretta intorno a un collo. Mentre la perizia cinematica sul corpo di Gaiani ha appurato che non può essere morta nel letto, perché la posizione del cadavere indica che è stata spostata prima che subentrasse la rigidità cadaverica.

Per il medico-legale della Procura è morta per strangolamento, in un orario che inizialmente era stato fissato tra le 21 e le 24, ma potrebbe essere anche riconducibile a prima delle 21, quando il marito era in casa e dice di essere uscito per poi fare un breve rientro solo per portarle le sigarette. Il pacchetto fu trovato però aperto al contrario, come dalla mano di un non fumatore, quale è Magri, che inoltre ha sempre detto di aver trovato la moglie morta nel letto, mentre alla donna con cui aveva una relazione inizialmente aveva riferito di averla trovata sul divano. Indizi che adesso dovranno essere vagliati in un processo, per fugare ogni ragionevole dubbio. «Prendiamo atto della posizione della Procura, ci difenderemo in aula convinti della sua assoluta estraneità» osserva il difensore dell’imputato che si è sempre dichiarato innocente.

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