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“È davvero mortificante assistere alla frustrazione crescente di coloro che si recano in ambulatorio per prenotare visite ed esami, e poi si sentono dire che, per poter prenotare visite ed esami presso lo sportello, devono prima effettuare una prenotazione telefonica o via mail. Questa situazione non è solo paradossale, ma mette in evidenza un sistema sanitario ormai ingolfato e inefficiente, le cui conseguenze ricadono pesantemente sui cittadini, soprattutto sui più fragili.”
Sono parole che pesano come macigni quelle del consigliere comunale di Ivrea, Massimiliano De Stefano. Un atto d’accusa feroce contro un sistema che non cura più ma logora, che non assiste più ma abbandona, che non salva più ma lascia indietro.
La sanità pubblica piemontese è diventata un calvario fatto di attese infinite, di burocrazia grottesca, di porte chiuse in faccia a chi ha bisogno di aiuto, di un medico, di una diagnosi, di un consiglio. E nel frattempo, mentre la Regione annuncia strategie, mentre i politici promettono soluzioni, c’è chi aspetta. Aspetta mesi, anni, nella speranza di un esame che arrivi prima della morte.
Chi si ammala oggi, con l’ASL TO4, sa che prima ancora della malattia dovrà combattere contro il sistema sanitario.
Chi oggi prova a prenotare una visita o un esame scopre che la sofferenza ha un prezzo: il tempo.
Tempo che per molti significa dolore prolungato, peggioramento delle condizioni di salute, disperazione.
I numeri non lasciano spazio alla libera immaginazione. Per un intervento chirurgico alla prostata, nell’ASL TO4, si può attendere fino a 516 giorni. Chi soffre per un tumore all’utero si è sentito rispondere che la prima disponibilità è dopo 446 giorni. La lista delle attese impossibili non si ferma qui: 231 giorni per una protesi d’anca, 310 giorni per un’ecografia addominale, 311 giorni per una risonanza magnetica alla colonna cervicale, 804 giorni per una visita gastroenterologica alla Casa di Cura Eporediese di Ivrea. Due anni e due mesi per una visita. Due anni per sapere se hai qualcosa, due anni per sperare che non sia già troppo tardi.
E se la situazione delle operazioni chirurgiche è tragica, quella delle visite specialistiche è semplicemente vergognosa. 302 giorni per una visita cardiologica a Chivasso, 273 giorni a Caselle, 252 giorni per una visita endocrinologica a Lanzo, 248 giorni per una visita neurologica a Ivrea. Quasi un anno per vedere un ortopedico. In alcuni casi, più di un anno e mezzo per una prima visita urologica. Per la colonoscopia nulla da fare, non c’è l’agenda, dicono al telefono.
E questi non sono numeri inventati. Sono proprio quelli comunicati dall’Asl To4, quindi ufficiali
Ma non basta. Perché nel grande circo della sanità piemontese, prenotare una visita è già di per sé un’impresa. Non basta prenotare. Bisogna prenotare per prenotare. Non basta la pazienza. Bisogna sapersi muovere in un meccanismo infernale, tra call center intasati e email senza risposta. Gli sportelli esistono, certo. Ma per poter prenotare una visita allo sportello bisogna prima passare dalla prenotazione telefonica o online. Un paradosso? No, una punizione. Perché chi non è abbastanza veloce, chi non ha dimestichezza con la tecnologia, chi non può passare ore al telefono a tentare la fortuna con il Cup online, semplicemente resta fuori.
Gli anziani, i più fragili, i più soli vengono travolti da una macchina infernale che invece di assisterli li schiaccia. E tutto questo accade mentre chi può permetterselo si fa visitare immediatamente a pagamento. Se hai soldi, c’è subito posto. Se non ne hai, ti metti in fila e aspetti. Giorni, mesi, anni. Sanità per ricchi, speranza per poveri.
Di fronte a questa tragedia, la Regione Piemonte sta provando, almeno a parole, a mettere qualche toppa. L’assessore alla sanità Federico Riboldi ha annunciato la creazione di una Unità centrale di gestione delle liste di attesa. L’ennesima task force, l’ennesimo pannicello caldo su una ferita che si fa ogni giorno più profonda.
La verità è che chi sta male oggi non ha bisogno di un’unità centrale, ha bisogno di una visita, di una diagnosi, di un intervento chirurgico. Adesso, non tra sei mesi.
E mentre la Regione studia strategie per un futuro migliore, il presente è un incubo.
“I sindaci del territorio, riuniti nella conferenza dell’ASL TO4, potrebbero intervenire”, stigmatizza e denuncia De Stefano.
Sulla carta e da statuto dovrebbero svolgere un ruolo di controllo e di indirizzo. L’assemblea è presieduta dal sindaco di Ivrea Matteo Chiantore, ma da quando è stato eletto non s’è mai mosso più di tanto in questa direzione, preoccupato com’è sempre stato di non “incattivirsi” i direttori generali per accelerare i tempi di progettazione del nuovo ospedale all’ex Montefibre e poi magari – lo aggiungiamo noi – “incensarsi” per i risultati raggiunti.
Potrebbe dargli una mano la sindaca di Settimo Torinese Elena Piastra che è la città più popolasa e perciò importante dell’Asl To4 ma in assemblea, negli ultimi 5 anni, s’è vista una sola volta, forse due, impegnata com’è sempre stata a farsi gli affari suoi.
Un nuovo ospedale a Ivrea, un ospedale a Settimo, uno a Ciriè, uno a Chivasso case di comunità, ospedali di comunità e presidi sparsi qua e là… La domanda è spontanea: che ce ne facciamo di tutto questo se la sanità è a pezzi, se gli infermieri sono pochi, se i medici non ci sono e quelli che ci sono al pomeriggio si fanno gli affari propri nei propri studi medici o nelle cliniche private lasciando sguarniti proprio gli ospedali?
Ebbene sì, sta andando tutto a rotoli, nel silenzio generale di una classe politica che più inutile di così non se n’era mai vista una. Quand’è che i sindaci cominceranno a farsi sentire, a chiedere risposte, a pretendere soluzioni? Boh!
Nell’attesa, il sistema continua a scivolare verso il disastro, mentre i pazienti si aggrappano disperatamente a quel poco che resta della sanità pubblica.
Provare per credere.
I tempi di attesa nell’Asl To4
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