lo spettacolo di Antonio Latella

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Chi è Zorro oggi? Chi è che rappresenta, ai nostri giorni, quel cavaliere mascherato che si firmava con la mitica Z, il paladino dei poveri, primo supereroe della letteratura d’inizio Novecento (nato dalla penna dello scrittore e sceneggiatore statunitense Johnston McCulley)? Scomparsi Batman, Spider-Man, Wonder Woman e altri supereroi, chi è colui che, in questo tempo malato, si prende cura degli indigenti, degli emarginati, degli indifesi? Ce lo dicono e rivelano il regista Antonio Latella e il drammaturgo Federico Bellini, entrambi autori di Zorro (al Piccolo Teatro Grassi di Milano), un originalissimo, satirico, esilarante e acutissimo testo di denuncia e critica sociale messa in campo con ficcante, strabordante, geniale ironia, capace di affondi a tutto campo sulle ingiustizie, i malesseri, le disuguaglianze, e le malefatte – politica inclusa – del nostro tempo iniquo e violento, farcendole di allusioni, rimandi, esplicitazioni a raffica.

Zorro, Ph. Masiar Pasquali

In un clima e spazio da cabaret (la scenografia è un palcoscenico con lampadine sugli scalini e sul boccascena); con i tempi di un varietà televisivo (tra gag, dialoghi e battute anche a mo’ di sketch, e cliché sui poveri, i migranti, i poliziotti); con richiami visivi a un immaginario pop (un enorme cactus mobile e parlante, luci psichedeliche, personaggi da cartoon, ambientazione vintage tra Messico e California); surreale per concezione e messinscena che si fa, nelle riflessioni che pone, anche dramma, lo spettacolo rompe continuamente la quarta parete attraverso quattro squinternati antieroi.

Zorro, Ph. Masiar Pasquali, regia di Antonio Latella
Zorro, Ph. Masiar Pasquali

Arrivano sempre dalla platea, si posizionano dentro una cabina di fototessera, si fotografano (ecco la crisi d’identità), spariscono da dietro la tendina, e ritornano in scena cambiando ruoli a rotazione. Sono un poliziotto, un povero, un uomo muto e uno raffigurante un cavallo (basta solo una sella sulla spalla a definirlo), con i primi due che discutono e agiscono attivando reciprocamente le dinamiche di potere e sottomissione tra ricco e povero, tra ignorante ed erudito, tra chi ha in mano il potere – un manganello – e chi lo subisce, tra chi opprime e chi è oppresso, chi usa violenza fisica e verbale, chi non può reagire e proferire parola.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Zorro, Ph. Masiar Pasquali

Vestiti con sgargianti costumi alla Elvis Presley, con svolazzanti mantelli, stivali e giubbotti con borchie, i magnifici quattro – che dire di Michele Andrei, Paolo Giovannucci, Stefano Laguni e Isacco Venturini? Bravissimi, con i giusti tempi comici, da farsa, da commedia, da concerto -, intavolano discussioni surreali, argomentando e filosofeggiando su questioni sociali, economiche, esistenziali, spirituali, di linguaggio e comunicazione (aleggiano Beckett e Brecht), di social e di convenzioni teatrali (si citano Ronconi, Castri, Strehler, lo stesso regista con l’autoironica battuta espressa dal Povero: “Latella che fa finta di fare il teatro povero”); di capitalismo, consumismo e di imbarbarimento delle città (sotto accusa la non più-Milano da bere).

Zorro, Ph. Masiar Pasquali

Scendono in platea ammiccando col pubblico, anche provocandolo cinicamente; si insultano, duellano, giocano con le parole, con i nonsense, accennano goffi passi di danza, e, appena inavvertitamente qualcuno pronuncia la parola “segno”, ecco un ronzio fastidioso, un tremolio di zeta che si insinua nei loro corpi. E via al cambio di scena, di identità, e di ruoli come in una quadriglia. Solo alla fine arriva un nuovo Zorro (forse), un nuovo Zanni (la maschera della Commedia dell’Arte, Arlecchino il servitore dei signori): un uomo vestito di nero con maschera disegnata sul volto, officiare una litania sulla povertà i suoi innumerevoli significati e sinonimi, una moltitudine di parole alle quali aggiunge la zeta finale (“Siamo – i poveri – l’ultima lettera”, dice) per mettere in guardia dai nuovi supereroi arroganti.

Zorro, Ph. Masiar Pasquali

Sulle note di un’ultima struggente canzone, cala un sipario con disegnate una sfilza di icone di geolocalizzazione – quelle di Google Maps -, forse a indicare la crescente e massiccia presenza dei nuovi poveri ovunque nelle nostre città. O forse quella arrogante dei ricchi mascherati da buoni? Menzione a parte per il giovane Isacco Venturini, voce rock e poetica, impegnato anche a cantare e a suonare la chitarra elettrica, in una bella prova attoriale.

Zorro, Ph. Masiar Pasquali
Zorro, Ph. Masiar Pasquali

“Zorro”, di Antonio Latella e Federico Bellini, regia Antonio Latella, scene Annelisa Zaccheria, costumi e simboli personaggi Simona D’Amico, suono Franco Visioli, luci Simone De Angelis, movimenti coreografici Alessio Maria Romano, con Michele Andrei, Paolo Giovannucci, Stefano Laguni, Isacco Venturini. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. Al Piccolo, Teatro Grassi, Milano, fino al 16 febbraio. Prima nazionale.



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