La Terra del disonore. La velenosa storia della “Terra dei Fuochi” nella Campania Infelix ha portato alla condanna della Corte europea dell’Italia per “inazione” contro le ecomafie. Da Legambiente al poliziotto-eroe Roberto Mancini, 40 anni di battaglie

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito personale

Delibera veloce

 


Molti anni dopo le prime denunce risalenti agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso, il 30 gennaio a Strasburgo, quella che i giuristi definiscono una “sentenza-pilota” che i colpiti da tumori e chi vive nelle aree della “Terra dei fuochi” aspettava da tempo.

Rubricata come il “Caso Cannavacciuolo e Altri contro Italia, ricorso 51767/14”, i giudici europei hanno condannato l’Italia per il “grave inquinamento ambientale” senza contrasti, che ha devastato territori di 90 comuni della Campania – 56 nell’area a nord della provincia di Napoli e 34 nell’area a sud della provincia di Caserta -, con una popolazione esposta di 2.418.440 abitanti nel napoletano e 621.153 abitanti nel casertano. Quelle che duemila anni fa erano le meraviglie della Campania Felix con terreni fertili e produzioni agricole dell’Ager Campanus e ambienti invidiabili descritti da Plinio e Virgilio, dall’ultimo squarcio del Novecento sono state barbaramente e colpevolmente trasformate in discariche tossiche. Una intera Regione è stata universalmente infamata come “Terra dei Fuochi” per colpe di camorristi e politici collusi, di industriali e affaristi privi di scrupoli, maneggioni e trafficanti di morte, facendo crollare l’export agroalimentare Made in Campania e colpendo anche l’Italia.

I monitoraggi dell’ARPA-ISPRA della Regione elencano e localizzano oggi i “corpi del reato”: discariche abusive, abbandoni incontrollati di rifiuti urbani e speciali, combustioni di spazzatura e scarichi tossici con emissioni di sostanze inquinanti sui terreni agricoli. In almeno 22 anni di smaltimenti selvaggi, almeno 10 milioni di tonnellate di rifiuti e reflui liquidi contaminati da metalli pesanti dall’amianto all’alluminio, e diossine e altri veleni sono state trasportati da oltre 400mila camion nei viaggi della morte dalle aziende nelle regioni del centro-nord in Campania per essere sparsi o sotterrati o bruciati con complicità diffuse.

Prestito personale

Delibera veloce

 

I sette giudici europei, e tra questi anche il magistrato italiano Raffaele Sabato che ben conosce quei luoghi d’incanto lasciati nelle mani della criminalità, hanno riscontrato gravi e reiterate violazioni dell’articolo 2 che richiama il “diritto alla vita” nella Convenzione europea dei diritti umani, e hanno ordinato alle autorità nazionali di attuare entro i prossimi 2 anni rigorose misure di risanamento e di riqualificazione ambientale dei territori devastati con una strategia chiara, e di “Istituire una commissione di controllo indipendente, che comprenda membri liberi da qualsiasi affiliazione istituzionale con le autorità statali…di istituire un’unica piattaforma informativa pubblica che raccolga tutte le informazioni rilevanti relative al problema Terra dei Fuochi”.

Insomma, dopo 12 governi nazionali e dopo 5 governi regionali, è l’Europea a imporre una strategia, monitoraggi e piattaforme di informazione ai cittadini sul rischio e su come ridurre l’esposizione al rischio. È leco-giustizia da attuare accelerando le bonifiche e finalmente anche la cosiddetta “chiusura del ciclo dei rifiuti” soprattutto pericolosi e industriali con l’impiantistico che serve in quelle aree. È il riscatto di un territorio che deve affermare principi di legalità e trasparenza, deve fermare per sempre fuochi e veleni. Nel 2027, quindi, la Corte si riserverà di verificare l’impatto di tali misure. In mancanza di risposte, scatteranno pesanti sanzioni pecuniarie a carico dell’Italia, oltre il durissimo colpo all’immagine del nostro Paese che deve cancellare il “negazionismo” anche sulle ecomafie che troppo a lungo ha permesso illegalità e complicità di industriali e aziende che hanno “scaricato” i loro rifiuti industriali pericolosi pagando cifre irrisorie ai clan camorristi per farli sparire nella “terra di nessuno”.

La Corte condanna oggi l’Italia di allora per aver lasciato circa tre milioni di italiani a rischio, scrivono i giudici europei, di morte “imminente” per un pericolo “sufficientemente grave, reale e accertabile” dovuto a ritardi, sottovalutazioni e collusioni della politica dimostrati anche dalla mancanza di “prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi“. Come sottolinea nel dispositivo di condanna la Corte di Strasburgo, anche i progressi nella valutazione dell’impatto dell’avvelenamento di campagne, falde acquifere e corsi d’acqua sono stati molto lenti e i governi sono finiti sotto accusa a tutti i livelli istituzionali per “inazione”, per non aver predisposto azioni anche penali per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti, per aver prescritto all’epoca quei reati e per aver apposto sulla verità delle indagini persino il “Segreto di Stato”. Si legge nelle pagine di accusa: “Il governo…non ha intrapreso le necessarie azioni penali per contrastare lo smaltimento abusivo di rifiuti nell’area Terra dei Fuochi…data l’ampiezza, l’entità, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, al fine di informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o effettivi per la salute, e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi… Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state per lunghi periodi coperte dal segreto di Stato”.

È una durissima sentenza, a suo modo storica. Che riconosce innanzitutto il rischio tuttora “sufficientemente grave, reale e accertabile” dove non è stata affrontata “una situazione così grave con la diligenza e la tempestività necessarie”. La condanna si basa sul sacro “principio di precauzione”, non adottato almeno dal 1988 visto che i primi interventi dello Stato sono stati realizzati solo nel 2013 nonostante l’elevato rischio per la vita dei cittadini “accertabile e imminente”. Lo Stato a tutti i livelli non doveva e non poteva “…sottrarsi al suo dovere di protezione nei confronti degli abitanti, non poteva trincerarsi dietro il fatto che non potessero essere accertati gli effetti precisi che l’inquinamento avrebbe potuto avere sulla salute dei cittadini. Nella “Terra dei fuochi”, analizzano ancora i giudici, è emerso anche “un problema generalizzato di coordinamento e di attribuzione delle responsabilità in materia di bonifica” dei siti inquinati, al punto che “era impossibile avere un’idea generale di quali luoghi dovessero ancora essere decontaminati”, e anche questo ha impedito “una risposta sistematica, coordinata e globale da parte delle autorità”, e ha prodotto “progressi lenti nella valutazione dell’impatto dell’inquinamento quando la rapidità era invece necessaria”.

La condanna riceve il plauso dell’avvocato Valentina Centonze, che ha istruito il caso “Terra dei fuochi” per i comitati civici: “Consideriamo d’aver provato senza ombra di dubbio che ci sia stata una reiterata violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Scarico, sotterramento e incenerimento di rifiuti hanno provocato aumento dei casi di cancro, roghi di rifiuti tossici e inquinamento delle acque sotterrane”.

terra fuochi 2Don Maurizio Patriciello durante un sopralluogo nella “Terra dei Fuochi”

Tra i protagonisti della lunga battaglia per la verità e per il risanamento della “Terra dei fuochi” c’è don Maurizio Patriciello, il coraggioso parroco anticamorra nel degradato Parco Verde di Caivano, avamposto di una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa, nato per accogliere le famiglie sfollate dopo il terribile terremoto del 23 novembre 1980 con la scossa di magnitudo 6.9 che colpì l’Irpinia e parte della Campania e della Basilicata, catapultate nelle rabberciate case popolari. Man mano la cittadina della zona nord dell’area metropolitana di Napoli, diventò una catastrofe umanitaria per abbandono e l’avanzare di un costante degrado contrastato dal coraggio di associazioni e dalle iniziative di chi ci vive nella lontananza e nella sfiducia nelle istituzioni. Don Maurizio è stato ed è un instancabile lottatore anche per il risanamento dei campi inquinati dalle discariche abusive e contro la camorra, da sempre denuncia collusioni tra politica e criminalità, e oggi aspetta che si concluda la rigenerazione promessa della “Terra dei fuochi” e la rigenerazione con il risanamento edilizio e la riqualificazione sociale con il “modello Caivano”.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Assiste da decenni a tragedie che si susseguono, con intere famiglie colpite da malattie tumorali e morte, soprattutto di bambini e ragazzi costretti a respirare fumi cancerogeni generati dai roghi e le emissioni nell’aria e nel suolo dei peggiori veleni industriali sversati in 2.767 siti rilevati di smaltimento illegale in 426 km quadrati. Il numero di tumori, varie forme di leucemie, malformazioni congenite, asma è elevatissimo. Emerge dalle indagini dell’Istituto Superiore di Sanità che ha classificato i 38 Comuni in quattro fasce di rischio, la maggiore incidenza di tumori alla mammella, l’ospedalizzazione per asma significativamente più elevata, l’aumento delle leucemie infantili e la prevalenza di malformazioni dell’apparato urinario.

Don Patriciello, che nel 2014 ha pubblicato il libro “Non aspettiamo l’Apocalisse. La mia battaglia nella Terra dei fuochi”, di funerali di cittadini deceduti per malattie causate dai rifiuti, ne ha celebrati moltissimi. Anche dei suoi due fratelli, Giovanni e Francesco, morti per cancro, la cognata Giuseppina, suo nipote Severino. Di fronte alla condanna della Corte europea, tira un amarissimo sospiro di sollievo: “Quante calunnie abbiamo dovuto subire, quante minacce, quante derisioni, quante offese, quante illazioni. I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terre e delle nostre vite. E un ricordo commosso va ai nostri morti di cancro. Ai miei fratelli Giovanni e Francuccio, a mia cognata Giuseppina e a mio nipote Severino. Ai tanti, tanti bambini che il cancro ha dilaniato“.

ROBERTO MANCINI, POLIZIOTTO EROE MORTO SUL CAMPO

terra fuochi 3                       Il Commissario eroe Roberto Mancini

All’improvviso, nella “Terra dei Fuochi”, l’Italia scoprì Roberto Mancini. Si devono soprattutto a lui le rischiosissime indagini iniziali “sul campo”, pagate con la vita. Oggi è a pieno titolo nel Pantheon dei nostri eroi italiani perché è un poliziotto da non dimenticare. Perché è stato l’agente di punta della Criminalpol e tra i migliori e più tenaci “cacciatori” di latitanti camorristi e mafiosi. Perché era nel mirino degli inquinatori ed era diventata l’ossessione dei clan camorristi che spargevano o bruciavano o sotterravano rifiuti tossici e scorie avvelenate dove capitava. Perché indagò senza risparmio con la sua squadra su quei terreni pieni di diossine e sostanze altamente tossiche e anche radioattive. Perché oggi è un simbolo positivo della lotta strenua alle ecomafie. Beppe Fiorello lo ha interpretato nella miniserie Rai: “Io non mi arrendo“, la sua storia è raccontata anche nel libro “Io, morto per dovere” scritto da Luca Ferrari e Nello Trocchia per Chiarelettere, alla sua memoria sono dedicati anche i “Presidi di Libera”, Legambiente lo ricorda con le sue campagne “In nome del popolo inquinato”, la sua polizia e i magistrati lo celebrano in tante occasioni come un esempio da seguire.

terra fuochi 4

Roberto Mancini è morto nell’ospedale di Perugia, dopo una straziante e lunga battaglia contro il cancro, il 30 aprile del 2014. L’infezione polmonare, complicanza di un trapianto di midollo osseo come unica cura per provare a combattere la sua leucemia, è stata fatale. Aveva 53 anni. Lo ha ucciso però la “Terra dei fuochi”, un cancro al sangue incubato nella sua guerra spietata contro la camorra e i “colletti bianchi” e gli industriali senza scrupoli loro servi e complici, respirando veleni e tossine in trent’anni d’indagini e continui sopralluoghi sui luoghi dei delitti ambientali. Ha effettuato appostamenti, rilievi, ispezioni, ha scavato anche a mano terreni inquinati per scoprire fusti e bidoni con tonnellate di rifiuti tossici e nocivi e anche radioattivi sotterrati dai camorristi. Non è stato il solo a morire di cancro, ma la camorra dei rifiuti ha provocato una vera strage di bimbi, donne e uomini. La sua intelligenza, il coraggio e l’intuito e il supporto dei suoi colleghi hanno però aperto uno squarcio iniziale nell’omertà che copriva – per paura o per denaro – il più vasto e grave crimine ambientale su un territorio europeo.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

terra fuochi 5

Mancini era nato a Roma il 27 luglio del 1960, era passato dai movimenti studenteschi “extraparlamentari”, come si usava dire all’epoca, era uno di quelli con il quotidiano “il Manifesto” nella tasca posteriore dei pantaloni. Passò nel 1986 con l’entusiasmo di sempre dall’altra parte di quelle che un tempo erano “barricate”, portando gli stessi ideali di giustizia e di lotta alla criminalità alla Criminalpol “Sezione Anticamorra”. Ha investigato il clan Moccia nel Basso Lazio, poi è stato poliziotto di punta nella Squadra Catturandi di Napoli e dal 1994 ha iniziato a indagare sul clan dei Casalesi e i loro traffici di rifiuti con la sua squadra tosta e ben motivata. Ha iniziato scoprendo e dissotterrando anche con le sue mani “corpi del reato”, i rifiuti più pericolosi sparsi sui terreni più fertili che gli indicò nel 1997 il pentito Carmine Schiavone, l’avvocato broker dei Casalesi diventato collaboratore di giustizia. Mancini raccontò, in una intervista a Sandro Ruotolo il 29 dicembre del 2013: “Nel 1996 portammo il pentito Carmine Schiavone in volo sul casertano e individuammo un allevamento di bufale i cui terreni erano contaminati. Sequestrammo cinque siti, a distanza di due ore la camorra ci bloccò la strada che portava in quei luoghi con cumuli di monnezza. Sapevano tutto, erano potentissimi. Interravano i rifiuti a 20 metri, ma i carotaggi sono stati fatti a sette metri, dove c’era solo terra di riporto.

terra fuochi 6

Con intercettazioni, pedinamenti e confessioni la Squadra Mancini individuò molte aziende del centro e del nord della Penisola colluse con i trafficanti di rifiuti, e descrisse in dettaglio i rapporti tra la camorra e la politica e gli industriali. La sua informativa ricca di verità e indizi rimase però per ben 15 anni chiusa in un cassetto della Procura di Napoli. Mancini indagava, ma le indagini venivano ostacolate nonostante il supporto delle confessioni di Schiavone da “amministratore” pentito del clan. Fu convinto da Mancini a svelare davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti i metodi e i luoghi dove erano stati sotterrate tonnellate di rifiuti tossici. In quella occasione il pentito rivelò: “Il vero business era quello dei carichi che dal Nord Europa arrivavano al Sud. Rifiuti chimici, ospedalieri, farmaceutici e fanghi termonucleari. Scaricati e interrati dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli…I rifiuti erano scaricati da camion e gettati nei campi e nelle cave di sabbia. Negli anni le cassette di piombo si saranno aperte, ecco perché la gente sta morendo di cancro. Stanno morendo 5 milioni di persone…Gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno, rischiano di morire tutti di cancro entro 20 anni”.

Solo nel 2011, però, l’informativa di Mancini venne tirata fuori dal cassetto. Il Pm Alessandro Milita della Dda di Napoli, dopo averla letta, lo chiamò, gli chiese le sbobinature delle intercettazioni e istruì il processo per disastro ambientale e per inquinamento delle falde acquifere. Mancini, ricordando quei ritardi disse: “La mia informativa è rimasta nel cassetto per 15 anni. Se l’avessero presa in considerazione, se avessero fatto ulteriori accertamenti, forse qualche morto si sarebbe potuto evitare. I cittadini si ammalano e muoiono. E lo Stato dov’è? Il nostro dovere non è arrestare qualcuno e mettergli le manette per fare bella figura con i superiori e magari prendersi un encomio. Noi siamo pagati per garantire i diritti, per migliorare, nel nostro piccolo, il mondo che ci circonda, la vita delle persone”.

Mancini aveva ormai squarciato l’omertà. Se iniziarono i primi processi per disastro ambientale e per inquinamento delle falde acquifere fu grazie al suo fiuto e al suo rischiosissimo lavoro di investigatore che lo portò a collegare diverse aziende del Nord ai boss camorristi pagati a peso d’oro per i rifiuti sotterrati. Il colpo al Made in Campania agroalimentare fu durissimo, e solo oggi prodotti eccezionali sono sui mercati. Altri poliziotti colleghi di Mancini sono morti per aver contratto il cancro per veleni respirati e assorbiti. Dal 2001 furono individuati circa 2000 siti inquinati dai clan e furono aperte 33 inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti delle procure di Napoli e Caserta, furono emesse 311 ordinanze di custodia cautelare, con 448 denunciati e ben 116 aziende coinvolte del centro-nord. Furono poi avviate le prime bonifiche con solenni impegni a cancellare lo scandalo. Anche quello delle “Piramidi della vergogna” durante l’infinita emergenza spazzatura a Napoli e nella Regione con monnezza per strada e migliaia di “ecoballe” coperte da teli neri come monumento storico all’emergenza rifiuti e 5,5 milioni di tonnellate di spazzatura trasferita negli impianti di Spagna, Portogallo e Romania. Viaggi di sola andata liberarono una superficie equivalente a 300 campi di calcio. E fu costruito allora il termovalorizzatore di Acerra, in piena emergenza rifiuti gestita da Guido Bertolaso capo della Protezione Civile, e oggi recupera e trasforma in elettricità 700.000 tonnellate di rifiuti urbani della Regione. La bonifica dei suoli ribaltò man mano negli anni l’immagine di illegalità e inquinamento nella Regione dopo decenni di immobilismo politico e avvelenamento di colture di pomodori, melanzane, carciofi, pesche, mandorle, albicocche, mele annurche, stragi di greggi e di esseri umani.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

L’Istituto Superiore di Sanità certificò la costante e devastante dispersione di sostanze inquinanti nei suoli e nell’aria e nelle falde idriche utilizzate per l’irrigazione. Nel 2012, l’Istituto nazionale per i tumori di Napoli dimostrò sul territorio provinciale, nei vent’anni precedenti, incrementi di mortalità per tumori del 47% tra gli uomini e del 40% tra le donne, e nel Casertano rispettivamente del 28,4% e del 32,7%. Nel 2015, a Calvi Risorta nel Casertano, il Corpo Forestale dello Stato individuò la più grande area di sversamento di rifiuti tossici d’Europa. L’anno successivo l’Istituto Superiore di Sanità riscontrò un’incidenza dei tumori superiore dell’11% sulla media nazionale. Furono falcidiati da tumori gli abitanti degli 8 comuni con il maggior numero di discariche abusive: Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castelvolturno, Giugliano, Marcianise e Villaricca. Ma ancora dalla metà del 2012 al 31 agosto del 2013, i Vigili del Fuoco spensero l’impressionante numero di 6.035 roghi di rifiuti con materiali plastici, scarti di lavorazioni, pellame e stracci: 3.049 in provincia di Napoli e 2.085 in quella di Caserta.

Il Commissario eroe collaborò poi, dal 1997 al 2001, con la Commissione parlamentare d’inchiesta “sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse”, istituita con la legge del 10 aprile del 1997 n. 97. Svolse missioni sia in Italia e sia all’estero, sempre super-esposto alle esalazioni di rifiuti tossici per le sue innumerevoli ispezioni tra discariche abusive di rifiuti tossici e siti di stoccaggio di materiali anche radioattivi. E nel 2002 scoprì di essersi ammalato di linfoma non-Hodgkin, di un cancro al sangue conseguenza dei veleni respirati negli anni. Nel 2010, il “Comitato di verifica” del Ministero delle Finanze accertò che il tumore che lo aveva colpito era dovuto sicuramente a “cause di servizio“, e gli propose come risarcimento il ridicolo indennizzo di appena 5.000 euro. La Camera dei Deputati escluse “una qualsiasi responsabilità risarcitoria” poiché l’attività svolta non si configurava come un rapporto di lavoro continuativo visto che Mancini era inquadrato nell’Ispettorato di Polizia ancorché presso la Camera, al quale spettavano le informazioni sui rischi del suo lavoro, rischi anche mortali.

Mancini non si arrese e dovette lottare, con la sua famiglia e i suoi amici, anche contro le burocrazie più ottuse. Nel novembre del 2013, il suo amico Fiore Santimone lanciò una petizione su change.org che raccolse tantissime adesioni, e fu consegnata alla Camera che la girò a sua volta al Ministero dell’Interno con la documentazione di tutte le sue indagini a rischio della vita. Nel settembre 2014 gli fu riconosciuto lo status di “Vittima del dovere“, che almeno certificava la connessione tra il servizio prestato e il cancro che lo ha ucciso. Era la vittoria, amara, anche di sua figlia Alessia e di sua moglie Monika Dobrowolska che scrisse: “Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell’indifferenza delle istituzioni e dell’opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite”.

IN NOME DEL POPOLO INQUINATO

terra fuochi 7

Un passo indietro e torniamo all’inizio degli anni ’90 a quando al poliziotto eroe affidarono l’inchiesta sui traffici di rifiuti tossici e nocivi in Campania. La parola “ecomafie” era stata appena coniata dall’arrembante Lega per l’Ambiente guidata allora da Ermete Realacci. Dal terzo congresso nazionale che si svolse a Siena dal 3 al 6 novembre del 1989,  non a caso concluso dal procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna che lanciò un monito a tutti: “La precondizione perché possa svilupparsi una vera economia è la legalità”, iniziarono gli annuali rapporti dell’Ecomafia dell’“Osservatorio Ambiente e Legalità” curati da Enrico Fontana, e iniziò la stretta collaborazione con i vertici della Direzione Nazionale Antimafia, con magistrati del calibro di Pier Luigi Vigna e Giancarlo Caselli, con il Comando Tutela Ambiente dei Carabinieri, con la Guardia di Finanza. E ovviamente con Wwf, Greenpeace, l’associazione Libera di don Luigi Ciotti e altri movimenti e gruppi ecologisti e civici locali e nazionali e i parlamentari sensibili al dramma.

terra fuochi 8Roberto Mancini aprì uno squarcio nelle sottovalutazioni e nelle omertà diffuse di una delle più sporche storie di criminalità.  Le tre parole “Terra dei Fuochi” comparvero per la prima volta nel 2003 nel “Rapporto Ecomafie” di Legambiente, per fare poi il giro del mondo con il successo di “Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra”, il libro-denuncia scritto dall’allora reporter Roberto Saviano che per il suo coraggio è da allora sotto scorta H24, con la massima protezione per aver ripreso le battaglie civili e antimafiose di don Peppe Diana, assassinato dai clan camorristi a Casal di Principe il 19 marzo del 1994 per aver denunciato traffici di rifiuti e collusioni tra camorra, industriali, politici.terra fuochi 9Nel 2015 nel nostro Codice Penale comparvero per la prima volta due parole: “delitti ambientali”, frutto soprattutto delle battaglie “In nome del popolo inquinato” e anche di tentativi fino ad allora fattiti in ogni legislatura. La sera del 19 maggio 2015 il Senato approvò a stragrande maggioranza il Ddl 1345 B, disegno di legge trasversale frutto del coordinamento di tre proposte di legge a firma dei deputati Ermete Realacci (Pd), Salvatore Micillo (M5s) e Serena Pellegrino (Sel), che introdusse nel nostro ordinamento 5 delitti ambientali, più una serie di aggravanti e un sistema di estinzione amministrativa delle contravvenzioni ma solo per reati ambientali che non hanno cagionato danno o pericolo concreto di danno. La tutela penale degli ecosistemi, almeno per i reati più gravi e impattanti, era finalmente nel nostro codice. E con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dal 6 aprile 2018 entrò in vigore il Decreto Legislativo 21/2018 che fece entrate le “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” nel Codice Penale all’art. 452-quaterdecies che recita: “Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.”

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

IL MONITORAGGIO DELLA TERRA DEI FUOCHI

terra fuochi 10

Le attività dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania- ARPAC iniziarono il 12 maggio 2014 con il campionamento delle matrici vegetali su campi, latte e alimenti zootecnici in allevamenti, uova di piccoli allevamenti rurali, con sequestri e sottrazioni alla commercializzazione, indagini ambientali di acque di falda e suolo, mappature di terreni agricoli contaminati da sversamenti o smaltimenti abusivi o per combustione.

terra fuochi 11La mappatura portò nel 2015 all’individuazione di quasi 1.900 siti agricoli con quasi 20.000 particelle catastali per un totale di circa 2.000 ettari. Le informazioni ambientali e i dati analitici di ARPAC e dell’Università di Napoli Federico II, le segnalazioni da foto, la sovrapposizione di layer cartografici, ulteriori indagini con una task force di 50 dipendenti hanno portato alla classificazione dell’idoneità dei terreni agricoli alla coltivazione. L’aggiornamento al 10 luglio del 2024 delle analisi di centinaia di campioni di suolo, acque e prodotti vegetali, delle indagini radiometriche di superficie, indagini geo-magnetometriche finalizzate alla ricerca di rifiuti metallici interrati, individuazione delle fonti di inquinamento, ricognizione su ulteriori aree, ha avuto come risultati:

  • indagini radiometriche del suolo: in nessuna particella catastale sono stati riscontrati valori anomali di radioattività dello strato superficiale del suolo;
  • indagini geo-magnetometriche del suolo effettuate dai Carabinieri Forestali con 28 terreni dove sono stati riscontrate positività;
  • Finanziamo agevolati

    Contributi per le imprese

     

  • indagini chimico-fisiche dei terreni: nei suoli gli inquinanti riscontrati con maggiore frequenza sono: diossine, IPA e metalli pesanti con valori molto bassi;
  • analisi chimico-fisiche delle acque, per uso irriguo
  • analisi chimico-fisiche e microbiologiche di prodotti agricoli e vegetazione spontanea: nessun prodotto agricolo per alimentazione umana è risultato non conforme ai limiti normativi, mentre in 5 campioni di vegetazione spontanea prelevati su 6 terreni agricoli non coltivati e in stato di abbandono sono state riscontrate 4 non conformità e 1 superamento del livello d’azione per le diossine.

terra fuochi 12                     Nelle Tabelle C e D dei siti valutati le classificazioni dei terreni ai agricolI e la loro ripartizione per Comune

terra fuochi 13

Complessivamente, dei quasi 34 ettari di superficie agricola classificata, rientra nella classe A e A1 (terreni idonei alle produzioni agroalimentari) il 62% del totale, nella Classe D (terreni con divieto di produzioni agroalimentari e silvo pastorali) il 21%, il 17% rimanente rientra nella classe B (terreni con limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni). Dalla tabella D, si rilevano i Comuni con terreni in classe D (con divieto di produzioni agroalimentari e silvo pastorali):  Villa Literno (CE),  Acerra (NA), Castel Volturno(CE), Giugliano in Campania (NA), Caserta (CE), Caivano (NA), San Marco Evangelista (CE), Saviano (NA) e San Gennaro Vesuviano (NA).

Cliccando sul sito ARPAC https://www.arpacampania.it/terra-dei-fuochi si accede alle rappresentazioni sviluppate anche su mappa interattiva. Le elaborazioni grafiche rendono immediatamente identificabili tutti i terreni agricoli classificati con l’indicazione  del Comune, foglio e particella catastale; cliccando su ogni poligono rappresentato (particella) è possibile visualizzare le principali informazioni disponibili sul terreno: localizzazione, superficie, riferimenti catastali, classe di rischio presunto e classe ai fini dell’uso agricolo assegnata dopo l’investigazione, matrici indagate, indicazione degli eventuali inquinanti e/o difformità rilevate  e varie.

terra fuochi 14La “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari”, il 17 dicembre 2024 nella Relazione annuale sulla “Terra dei fuochi” ha rilevato “miglioramenti pur nella persistenza del fenomeno dovuto a diverse cause”. Tra le cause evidenzia: gestione dei rifiuti – urbani e speciali – troppo complessa e lunga, carenza di impianti di smaltimento e trattamento adeguati, ricorso frequente al conferimento in discarica, presenza di imprese che lavorano “al nero” o che comunque trovano preferibile conferire i propri rifiuti di lavorazione attraverso i più economici circuiti illegali, pressione della criminalità organizzata, ostacoli al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti da parte di enti locali con relativa alta evasione della tassa rifiuti.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Nonostante la durissima lezione della “Terra dei Fuochi”, parte del nostro Sud è ancora in clamoroso ritardo nell’impiantistica per lo smaltimento nella massima sicurezza dei nostri rifiuti, e c’è chi ancora si affida ancora ai traffici malavitosi. A 30 anni dalla sua prima pubblicazione, l’ultimo Rapporto 2024 sulle ecomafie curato da Legambiente vede i reati ambientali in aumento del 15,6% con 35.487 illeciti penali ad una media oggi salita a 97 reati al giorno per un business ecomafioso pari a 8,8 miliardi di euro. Colpisce soprattutto i terreni del nostro Sud e in particolare della Campania, della Sicilia, della Puglia e della Calabria che presentano più crimini ambientali. A livello provinciale, Napoli è al primo posto, seguita da Avellino, Bari e sale anche Roma.

Nella classifica degli illeciti ambientali domina il ciclo illegale del cemento con 13.008 reati, seguito da 9.309 reati nel ciclo dei rifiuti. Crescono l’aggressione al patrimonio culturale, gli illeciti nelle filiere agroalimentari. E solo all’inizio di febbraio, pochi giorni fa, 4.000 tonnellate di rifiuti quasi tutte provenienti dalla Campania tra scarti industriali e rifiuti urbani e avanzi tessili, sono stati scoperti dopo essere stati bruciati o abbandonati in capannoni e su terreni agricoli e di pregio naturalistico in provincia di Taranto, e in fabbricati abbandonati nelle province di Cosenza, Avellino e Matera. Nel blitz effettuato da 80 carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico sono stati arrestati autisti, trasportatori, intermediari e gestori di varie società, e sono state sequestrate 3 società di trattamento e recupero a Giugliano, San Martino Valle Caudina e Onano, 3 capannoni industriali a Pulsano e Cassano allo Jonio, 2 terreni agricoli a Villapiana, 25 automezzi che trasportavano balle con false classificazioni e documentazioni e per destinazioni inesistenti e alle quale davano semplicemente fuoco.

Evidentemente non sono bastati 22 anni di smaltimenti selvaggi tra Napoli e Caserta con 10 milioni di tonnellate di rifiuti dall’amianto all’alluminio, ai reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, trasportati in oltre 400mila camion, da tante regioni d’Italia in Campania. La cronica carenza di impianti di trattamento al Sud fa accumulare criticità e ritardi. Sono assenti o deboli o conflittuali le governance locali, e le soluzioni industriali restano sempre da individuare. Le fotografie annuali scattate da Ispra, Enea, Ancitel Energia e Ambiente e le analisi di Assoambiente evidenziano i ritardi con rifiuti urbani che aumentano e la capacità di smaltimento che diminuisce per mancanza di raccolte e economie di scala, carenza di gestori industriali e presenza di deficit impiantistici che non consente la chiusura del ciclo e fa aumentare anche il costo dell’export fuori regione. Oggi sono autosufficienti solo il Nord e la Sardegna.

La sentenza completa della Corte europea contro l’Italia è disponibile QUI

terra fuochi 15



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link