La democrazia è in pericolo

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di Raffaele Crocco

Siamo in pericolo. È tempo di dirlo, senza allarmismi, ma con sano realismo. Si, siamo in pericolo. La democrazia italiana e le democrazie in genere lo sono. Lo sappiamo da tempo, ma ora i segni sono evidenti, palpabili e, purtroppo, sempre più concreti. Mettiamone in fila alcuni, in ordine di memoria, non di importanza.

  • In Senato, in Italia, c’è in discussione il disegno di legge sulla sicurezza. È terrificante. Lo è per moltissimi aspetti, ma sostanzialmente quella legge è pericolosa e orribile, perché non è concepita per combattere la grande criminalità organizzata o per contrastare la microcriminalità delle città. L’anima di quella norma è nella semplice e diretta volontà di reprimere di ogni forma di dissenso o protesta. Negherà ai cittadini la possibilità di manifestazione e espressione democratica della propria opinione. Esempio pratico: se un gruppo di lavoratori organizzerà una manifestazione davanti alla propria azienda, per rivendicare un qualsiasi diritto negato o il licenziamento improvviso, verranno dispersi con la forza e imprigionati. E’ solo un esempio, perché dovremmo parlare anche dei nuovi poteri dati alla polizia – ad esempio, portare l’arma anche fuori servizio – , delle misure antisommossa in carcere e di altri particolari non da poco. E’ palese la restrittiva interpretazione degli articoli 17 (I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica) e 21 (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione) della nostra Costituzione. È evidente il tentativo di restringere lo spazio democratico.
  • In Parlamento giace anche un altro progetto di legge, firmato Fratelli d’Italia. In Commissione Difesa della Camera, infatti, si sta discutendo l’ipotesi di dare ai militari impegnati nell’operazione “Strade Sicure” poteri permanenti di perquisizione dei cittadini. Diventerebbero, di fatto, un organo di polizia. Succede da sempre nei Paesi con una dittatura. La cosa – lo sostiene Pietro Colapietro, segretario generale della Silp Cgil, un sindacato di polizia – è semplicemente agghiacciante. La Costituzione Italiana spiega con chiarezza come la sicurezza dei cittadini sia affidata all’ordinamento civile, non militare. L’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale al personale delle Forze armate, impiegato in operazioni di controllo del territorio, permetterebbe di fornire loro “il potere di perquisizione di persone e mezzi”. Potere che oggi non hanno, coerentemente al quadro democratico stabilito dalla Costituzione. Le Forze Armate italiane, tutte, in forza del comma 3 dell’articolo 52 della Costituzione devono solo uniformarsi “allo spirito democratico della Repubblica” e – comma 1 dello stesso articolo – dedicarsi alla difesa della Patria.
  • Il governo italiano, questo governo italiano, sta lavorando con solerzia allo smantellamento dell’Unione Europea, cioè dell’unica realtà concreta che può contrastare – sul piano del diritto e dell’autorevolezza – la deriva autoritaria nazionale. Ora, è vero: non è che l’Unione Europea attuale sia un luogo di meraviglioso rispetto dei diritti umani. Ma è il miglior strumento di garanzia democratica che abbiamo. E’ la speranza concreta di superamento dei nazionalismi ottusi e sempre razzisti. L’attuale governo italiano, composto per due terzi da partiti da sempre sovranisti o ultranazionalisti ed antieuropei e per un terzo da personaggi che si dicono moderati, ma sono prevalentemente opportunisti, sta contribuendo alla morte del progetto europeo appiattendosi – come violenta tradizione opportunistico-fascista vuole – sulle posizioni del ritornante presidente statunitense Trump. Di qui, l’azione di Salvini per far uscire l’Italia dall’Organizzazione Mondiale della salute (Oms), le dichiarazioni del ministro degli Esteri Tajani sulle ragioni del mancato riconoscimento dello Stato di Palestina e sulla volontà italiana di non finanziare più l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Una scopiazzatura delle scelte di Trump, per mostrarsi condiscendenti al di là dei trattati internazionali e delle Dichiarazione dei Diritti firmati dalla nostra Repubblica nei decenni passati. A questo si aggiungono – in puro spirito trumpiano – gli attacchi alla Corte Penale Internazionale, che ricordiamolo poggia la propria esistenza sullo “Statuto di Roma” e il silenzio agghiacciante sulle ipotesi del capo della Casa Bianca di prendersi, con la forza, la Groenlandia, cioè una parte dell’Unione Europea e, ricordiamolo, territorio della Nato. Un servilismo viscido e untuosetto che male si addice a chi strepita di continuo di “valori della Nazione” e di “difesa della Patria”, ma è utile invece a chi vuole restare in sella, creando un grande fronte internazionale antidemocratico.

Sono solo tre delle tante “bandiere rosse” d’allarme che si vedono. Potremmo aggiungere la riforma della giustizia, l’abbaiare televisivo di una sottosegretaria per impedire un dibattito, le continue querele ai giornalisti per metterli a tacere. Niente di buono, con un’opposizione che non presenta un progetto politico e sociale alternativo. Nulla di sensato se pensiamo che questo governo ci sta portando verso un “autoritarismo consensuale” (attenzione, lo è stato anche il fascismo per almeno due decenni), pur avendo un quarto dei voti dei potenziali elettori italiani, cioè 12milioni di voti su 48milioni di votanti. Andremo a sbattere contro un muro grazie ad una minoranza. In fondo, è vero: basta poca gente determinata ad uccidere una democrazia fondata sull’indifferenza.

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