“Senza indugio”: le donne e la parola

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Il titolo del libro, Senza indugio, e il sottotitolo Con voce di donna. Omelie per l’anno C sembrano il segno di un cambiamento dei tempi riguardo alla presenza e al ruolo delle donne nella Chiesa.

Anche la data scelta per la presentazione del libro, il 17 gennaio, giorno natale della beata Osanna Andreasi, laica domenicana, e la cornice suggestiva della sua casa, a Mantova, evidenziano un cambio di paradigma. Tutta al femminile è stata l’organizzazione dell’evento, curata dal gruppo diocesano «Donne e Chiesa», che dal 2021 si impegna nella valorizzazione di donne − come la beata Osanna − che hanno segnato il cammino della Chiesa nei secoli e oggi.

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Frutto della collaborazione del Coordinamento Teologhe Italiane – associazione che promuove studi di genere in ambito teologico, biblico, patristico, storico – è il libro in questione. Lo presentano la teologa Cristina Simonelli, storica esponente del Coordinamento, e il biblista don Lorenzo Rossi.

Prezioso il contributo delle donne “nell’ascolto e nella narrazione della Parola” – dice il vescovo Marco Busca nella sua introduzione. “La Parola ci supera”; per questo c’è bisogno di una molteplice narrazione e “ognuno, [in quanto] parte di questa comunicazione, la restituisce secondo i propri carismi”.

“Gesù è nato da donna” dice Paolo in Galati, 4,4. Ed è nella casa di Nazareth che Gesù apprende il suo vocabolario, frutto sì della potenza della parola del Padre ma anche di quella di un uomo e di una donna. Di Maria che, “tessitura di carne e di Parola”, è l’uditrice per antonomasia.

Nel mezzo di una festa di nozze (Gv 2, 1.11), una figura di donna “si distacca” all’improvviso; è la madre di Gesù, che si accorge che non c’è più vino. Anche noi – scrive ancora mons. Busca – abbiamo bisogno, nella interpretazione delle Sacre Scritture, di una parola “forte”, come il vino buono delle giare. La “sapienza” delle dieci donne autrici delle Tracce per le Omelie, conferisce, con il suo “sapore”, nuova forza alla Parola.

La liturgia e la Parola

Per un credente è fondamentale essere coscienti della centralità della Liturgia e della Parola e a tale scopo fruire di tutte le voci e sensibilità che all’interno di una comunità possono contribuire a estendere all’ Assemblea la portata dell’impianto liturgico e la potenza della Scrittura.

Il termine Tracce, riportato nel sottotitolo, evidenzia il ruolo corale della comunità nello scavo dei passi tratti dal Vangelo di Luca, mentre il titolo descrive l’andare “senza indugio” di Maria da Elisabetta, dei pastori all’annuncio, dei discepoli di Emmaus di nuovo a Gerusalemme.

Condividere degli “orizzonti” di significato è stato il presupposto da cui le studiose del Coordinamento hanno preso le mosse per la stesura delle loro Tracce.

La sensibilità femminile attraversa tutto il libro; tuttavia, da tempo, appartiene all’ordinarietà della procedura, dice Cristina Simonelli – e la sua esperienza di vita in parrocchia lo conferma – costruire le omelie comunitariamente. Anche per don Lorenzo Rossi le riflessioni domenicali sono il frutto di una condivisione; cosa che permette di ridimensionare il protagonismo del presbitero all’ambone e di far emergere il ruolo che la comunità (donne e uomini) svolge nella meditazione della Parola. Omelia è “risposta ecclesiale alla Parola” non “spiegazione”. Ciò che il presbitero offre è più della sua parola, in quanto espressione della comunità.

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“Spezzare la Parola” comporta non solo condivisione di orizzonti – dice la teologa Simonelli – ma formazione.

Per rimanere aderenti ai testi ed evitare improvvisazioni e forzature funzionali al momento, è necessaria una solida preparazione. E, se è importante la voce femminile nell’interpretazione della Parola, la Chiesa deve investire sulla formazione di figure a cui affidare docenze a livello universitario e seminari, come avviene per i maschi.

Don Lorenzo Rossi, rettore del Seminario diocesano, vicedirettore dell’ISSR “San Francesco” di Mantova e docente presso la Facoltà teologica di Milano, dice che la maggior parte degli utenti dell’ISSR mantovano è donna.

“Senza indugio”: la voce delle donne

Le Tracce, pur essendo un contributo individuale, non riportano il nome dell’autrice, facendo del libro il frutto di una coralità, segno distintivo della femminilità.

Il Vangelo di Luca, proclamato nell’anno C, ha spesso come protagoniste le donne, “non perché Luca sia da considerare un femminista ante litteram” – afferma don Lorenzo Rossi- ma per il suo universalismo[1]

La salvezza è per tutti[2],  anche per le donne, in quanto “concordi e perseveranti nella preghiera”[3].

Alcune riflessioni presenti nelle Tracce danno conto del diverso rapporto delle donne con Gesù e della particolare sensibilità delle autrici nel rilevarlo.

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Maria è prima di tutto madre e la maternità nel passo della nascita[4]  si esplica in tutta la sua pienezza. Gli angeli annunciano ai pastori “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, ma il loro sguardo coglie solo la seconda parte dell’annuncio, cancellando il gesto della fasciatura e rendendo “invisibile” chi quel gesto l’ha compiuto e chi quel “corpo l’ha lavato e rivestito” prima di adagiarlo nella mangiatoia.

Maria – “teologa silenziosa” – coglie nel silenzio questa parzialità “custodendo e meditando” in profondità “il senso delle cose”.[5]

Maria è anche colei che, rifiutando la logica di una mortifera “ferialità” – così la teologa definisce una quotidianità sbiadita – e sentendo il “desiderio profondo della felicità”, in modo “impertinente”, davanti ad un consesso di uomini, sollecita il figlio con “Non hanno più vino”.

Non possiamo solo “autoconservarci … esaurendo … la nostra vitalità” – è il commento – ma vivere con generosità, e fare in modo che anche gli sforzi apparentemente inutili – acqua al posto del vino – siano compiuti alla “presenza vivificante di Dio”[6].

“Rallegrati, o piena di grazia” è questo il saluto dell’angelo a Maria narrato nel Vangelo di Luca e proclamato nel giorno dell’Immacolata. Maria è la “graziosa”, la “gratificata” da Dio; il suo sì alla chiamata non la asservisce ma, serva rinnovata, la fa pronta a corrispondere al disegno divino e, a “collaborare al mistero dell’incarnazione”. In questa capacità di “ricevere e trafficare il dono ricevuto” è insita una santità “costitutiva e originaria”, modello di quella santità a cui Dio ci chiama[7].

“Discepole” vengono definite, a vario titolo, altre figure femminili. È a Maria di Magdala che Gesù risorto si rivela e, affidandole l’incarico di divulgare il Kerygma, da discepola la trasforma in “apostola” di una nuova sequela, quella della “vite e i tralci”[8]. In questa veste, da lei inizia una comunità fondata sulla fede nella Resurrezione, capace di ricevere lo Spirito Santo come suo dono.

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Anche la peccatrice, entrata nella casa di Simone il fariseo durante il banchetto fra i cui ospiti c’è Gesù, ha la postura della discepola: “dietro” e “ai suoi piedi”, che ella bagna con le lacrime del pentimento delle sue colpe e che asciuga con i suoi capelli. Ma, mentre Simone, pensandosi “un debitore- base”,” non peggio degli altri”, sta nel banchetto al fianco di Gesù, ritenendo “legittimo” il perdono ricevuto, la postura della donna è “esagerata”, “eclatante”, come è stata la sua vita di peccatrice, che ora, riconoscente, sente che le è stata “condonata”[9].

Nella stessa posizione – “ai piedi di Gesù” – è Maria di Betania.

Il suo atteggiamento non rispetta il “protocollo dell’accoglienza” previsto per le donne e, a differenza della sorella Marta, tutta indaffarata, fa “la sola cosa buona di cui c’è bisogno”. La “scelta, l’ascolto, la messa in discussione della propria identità, la consapevolezza” è tutto questo la parte buona che non le potrà essere tolta, dice Gesù.[10]

A questo particolare sguardo sulle donne e al modo fiero con cui le teologhe ce l’hanno consegnato va la nostra gratitudine.


[1] At. Ap.

[2] Gal 3, 28, “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo”

[3] At. 1, 12-14

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[4] Lc, 2,16-21

[5] Coordinamento Teologhe Italiane (a cura di), Senza indugio − Con voce di donne. Omelie per l’anno C; EDB ed.; Bologna, 2024, 37-39

[6] Ivi, 125-127

[7] Ivi, 279-281

[8] Ivi, 82-83

[9] Ivi, 161-163

[10] Ivi, 182-183

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