Qual è la situazione del complesso e numeroso comparto della moda, in Valdarno, come le imprese stanno affrontando la crisi e quali sono le strategie per gestire questa fase in vista di una ripartenza che tutti auspicano: di questo si è discusso sabato pomeriggio al Podestà di Montevarchi, dove è in corso la mostra “Scarpe” promossa da Elephas, che prevede anche una serie di confronti dedicati appunto proprio alla storia e a tutto il mondo delle calzature e, più in generale, della moda appunto.
Tra i presenti l’onorevole Tiziana Nisini, che sta seguendo da vicino la vertenza portandola dal Valdarno ai tavoli del Governo. Nisini ha ricordato gli obiettivi raggiunti e quelli a cui si sta lavorando in questa fase: “Per quanto riguarda la Cassa Integrazione in deroga, è stata concessa per il settore moda fino a inizio 2025 con uno stanziamento di 100 milioni di euro, per le aziende con meno di 15 dipendenti, allargando i codici Ateco rispetto alle disposizioni iniziale. Ad oggi sono stati utilizzati solo 2,9 milioni: questo ci ha spinto a rivedere alcune criteri, e stiamo pensando ad esempio ad ampliare la soglia dei 15 dipendenti, dobbiamo capire fino a che limite possiamo alzare questo tetto. L’obiettivo è utilizzare al meglio le risorse residue per ampliare la platea dei lavoratori tutelati. Il Governo c’è e sta lavorando per soluzioni concrete per un comparto che è fondamentale non solo in Valdarno, ma anche in tutta Italia”.
Il sindaco Silvia Chiassai Martini ha ricordato come proprio dal Valdarno, a fine 2024, siano partite richieste concrete al Governo che hanno portato a prime soluzioni importanti: “Il nostro territorio è da sempre vocato alla moda, e questo comparto dà lavoro a migliaia di famiglie. È chiaro che non possiamo sottovalutare questa crisi e dobbiamo lavorare in maniera unita per ottenere risposte concrete. Le prime sono già arrivate, ma continueremo ancora”. Il sindaco di Bucine, Paolo Nannini, ha aggiunto: “È innegabile il peso che ha l’intera filiera della moda in Valdarno, che non comprende solo le aziende che producono scarpe o abbigliamento: ne fanno parte elettricisti, tipografie, scatolifici, impiantisti e altre categorie apparentemente non collegate alla moda, ma che in realtà ormai lavorano esclusivamente proprio per questo comparto. La crisi della moda rischia di avere un impatto sociale altissimo, considerato il numero di famiglie coinvolte sul nostro territorio: per questo dobbiamo lavorare insieme per fornire supporto e risposte sia alle aziende che ai dipendenti”.
Il punto di vista delle imprese è arrivato dai rappresentanti delle categorie economiche. Maurizio Baldi, Confartigianato: “I numeri parlano chiaro, abbiamo avuto nel 2024 un -23% nelle calzature e un -17% nella pelletteria. E questo si ripercuote a cascata, fino a prevedere un rallentamento anche nelle nuove assunzioni. Bene dunque gli interventi tampone in questa fase: la Cassa integrazione, ad esempio, con gli aggiustamenti necessari perché possano accedervi tutte le imprese che si trovano in difficoltà per la crisi del comparto moda; occorre lavorare sulla parte del credito; ma poi bisogna ragionare più a lungo termine, pensando ad esempio a sburocratizzare, a rafforzare la formazione e a dialogare con i grandi marchi della moda”.
Anche Paolo Pernici, presidente di CNA Valdarno, ha focalizzato l’attenzione su punti importanti: “Questa crisi aveva dato già i primi segnali nel 2023, ed è emersa nella sua portata nel 2024. Avevamo lanciato già da un anno alcuni allarmi, probabilmente all’inizio inascoltati. È una crisi che viene dall’Oriente, dove è stato dato un freno all’acquisto del lusso; lo scoppio dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente ha reso ancora più complessa la congiuntura. La moda ha visto così una modifica profonda: è praticamente sparito il lusso accessibile, e i grandi marchi si sono concentrati soltanto sull’alta moda. Questo ha conseguenze a cascata, se si pensa alla profonda differenza fra il costo pagato alle ditte che producono e il costo del prodotto finito nelle boutique: a noi sta bene che la grande firma guadagni molto, ma deve anche riconoscere il giusto pagamento a chi lavora. E questo comprende tutto: burocrazia, certificazioni, aggiornamenti, persino gli investimenti che molte piccole aziende fanno ancora fatica a fare. In questo discorso si inserisce anche la questione del Made in Italy, che dobbiamo tutelare diversamente: non possiamo più accettare che bastino gli ultimi passaggi produttivi fatti in Italia, perché si possa applicare questo ‘bollino’”.
Il confronto al Podestà ha permesso anche di evidenziare un’altra criticità: il mancato riconoscimento della definizione di ‘Distretto della moda’ per il Valdarno, che questo territorio ha avuto solo per pochi anni; è proprio l’estrema differenziazione di codici Ateco a non permettere al Valdarno di ottenere questa denominazione, che comporterebbe non solo di esprimere una voce più forte, ma anche di avere accesso ad esempio ad agevolazioni o altri provvedimenti.
Infine, anche il mondo del credito ha un ruolo in questa fase. Il Direttore di Banca del Valdarno, Stefano Pianigiani, ha commentato: “Noi siamo una banca che vive il territorio, e abbiamo potuto seguire da vicino quello che stava accadendo nel 2024. Grazie ad alcuni studi specifici, abbiamo messo in campo misure puntuali per rispondere alle esigenze delle aziende locali: nel 2024 abbiamo fatto quindi 120 interventi per un totale di 11 milioni di euro, di cui oltre 1 milione di euro di moratorie. A mio avviso, in questa crisi che ritengo abbia oltre ad una natura congiunturale anche alcuni aspetti strutturali, è necessario iniziare a fare rete, perché le piccole aziende fanno sempre più fatica: pensare ad esempio a consorzi o gruppi d’acquisto, che permettano di avere maggiore potere contrattuale. Per il 2025, Banca Valdarno rimetterà a disposizione misure di sostegno e inoltre ha deciso di introdurre anche una figura di consulenza specifica proprio per le aziende del comparto che fanno fatica a far quadrare i conti”.
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