In Ecuador Daniel Noboa ci riprova

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Nell’ottobre del 2023 Daniel Noboa diventò il più giovane presidente della storia dell’Ecuador, a 35 anni. Meno di un anno e mezzo dopo sta provando a essere rieletto: domenica 9 febbraio in Ecuador si vota per le presidenziali e per il rinnovo del parlamento. Il primo mandato di Noboa è durato così poco perché vinse in un’elezione straordinaria, organizzata dopo le caotiche dimissioni del suo predecessore Guillermo Lasso. Durante il suo breve mandato Noboa è stato molto attivo e molto contestato: ha litigato con la sua vicepresidente, ha lanciato una «guerra totale» contro i gruppi criminali di narcotrafficanti e per mesi non è riuscito a trovare una soluzione a una carenza energetica che ha causato blackout frequenti e lunghissimi, anche di 14 ore al giorno.

Nel primo turno delle presidenziali Noboa, del partito Azione Democratica Nazionale (di centrodestra), è il favorito. Ci sono sedici candidati, ma secondo sondaggi solo due hanno una qualche possibilità di vittoria: l’altra è Luisa González, di Revolución Ciudadana (di sinistra), che nel 2023 fu sconfitta al ballottaggio. Anche in questa occasione con ogni probabilità si andrà al ballottaggio tra Noboa e González, che dovrebbe svolgersi il 13 aprile. Tutti gli altri candidati non dovrebbero superare il 5 per cento dei voti. I candidati sono così tanti anche perché secondo le leggi ecuadoriane è il governo in carica a doversi far carico di tutte le spese elettorali, anche quelle per la pubblicità. Senza la necessità di avere o raccogliere finanziamenti molti provano a candidarsi, anche senza reali possibilità di vittoria.

Noboa nel 2023 vinse in modo inaspettato, sfruttando la volontà di cambiamento degli elettori dopo anni di scandali e divisioni all’interno dei partiti tradizionali. Le elezioni erano state organizzate in un momento particolarmente caotico per la politica ecuadoriana: l’allora presidente Lasso era accusato di essere coinvolto in un caso di appropriazione indebita ed evitò l’impeachment utilizzando lo strumento costituzionale della “muerte cruzada” (morte incrociata), che gli permetteva di dissolvere il parlamento a patto di abbandonare la carica.

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Cartonati di Noboa fra i suoi sostenitori (AP Photo/Dolores Ochoa)

Noboa, erede di una famiglia di imprenditori arricchitasi con la coltivazione e l’esportazione delle banane, vinse basando la gran parte della sua proposta elettorale sulla “mano dura” contro il crimine (è l’espressione usata in spagnolo), una serie di politiche repressive piuttosto radicali. Negli ultimi cinque anni in Ecuador il tasso di omicidi è salito del 430 per cento e la violenza giovanile del 640 per cento. Vari gruppi criminali controllano aree sempre più grandi del paese: impongono il pagamento del pizzo (che lì chiamano vacuna, vaccino) a ogni attività commerciale, praticano estrazioni minerarie illegali e soprattutto controllano il transito e la vendita della droga verso il Nordamerica e verso l’Europa.

Un paio di mesi dopo l’insediamento Noboa dovette affrontare gravi crisi legate alla criminalità, prima con rivolte nelle carceri, poi con l’irruzione di una banda negli studi della televisione nazionale, in diretta. Noboa dichiarò l’emergenza nazionale e avviò il “Plan Fenix”, con cui l’esercito e le forze di sicurezza cercarono di colpire le bande, sul modello di quanto fatto da Nayib Bukele a El Salvador. Come a El Salvador, anche in Ecuador ci sono state denunce di violazioni di diritti umani, uccisioni extragiudiziali, detenzioni di massa in condizioni inumane. Sono stati catturati alcuni capi dei gruppi criminali e il tasso di omicidi è sceso parzialmente, di circa il 16 per cento rispetto al 2023. Le misure però non hanno risolto il problema, che è complesso e radicato: il gennaio appena concluso è stato quello col numero di morti violente più alto di sempre.

Un pattugliamento nella zona meridionale di Quito, a fine 2024 (AP Photo/Dolores Ochoa)

Durante la campagna elettorale Noboa ha detto di voler continuare sulla stessa linea, ma anche González e la maggior parte degli altri candidati hanno avanzato proposte simili: militarizzazione di prigioni, porti e frontiere; inasprimento delle pene; costruzione di nuove carceri di massima sicurezza; pene equiparate a quelle dei maggiorenni per i minori colpevoli di crimini violenti.

La risolutezza contro i gruppi criminali resta la caratteristica più apprezzata di Noboa da parte degli elettori. Durante la sua breve presidenza ha infatti faticato in altri campi, a partire da quelli economici: la disoccupazione resta alta e l’approccio liberista e aperto agli investimenti stranieri non ha rilanciato l’economia.

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Per mesi poi l’Ecuador ha avuto un enorme problema di rifornimento energetico, che ha lasciato interi quartieri e città al buio per ore, e che ha limitato anche la produzione industriale. I blackout sono stati frequenti da settembre fino alla fine del 2024 (ma ce ne erano stati altri anche prima, da giugno), causati da una prolungata siccità che ha ridotto al minimo la portata dei fiumi e dei bacini idroelettrici. Negli ultimi vent’anni l’Ecuador aveva compiuto enormi investimenti in impianti di energia idroelettrica, da cui ricava normalmente il 70 per cento del suo fabbisogno energetico: l’assenza di piogge e la scarsa manutenzione ed efficienza degli impianti hanno creato l’emergenza. Il governo ha risposto con blackout programmati, ha cercato senza successo di comprare energia dall’estero e in generale si è mostrato incapace di trovare soluzioni efficaci. La crisi si è risolta a gennaio grazie a forti e prolungate piogge, ma potrebbe ripresentarsi in futuro.

I blackout nella capitale Quito a dicembre (AP Photo/Dolores Ochoa)

Come stabilito dalla Costituzione ecuadoriana, per sostenere gli impegni della campagna elettorale Noboa ha dovuto abbandonare temporaneamente i suoi incarichi da presidente. Avrebbe dovuto cedere il potere alla vicepresidente Verónica Abad, ma ha invece nominato un paio di “vicepresidenti temporanee”. Queste nomine sono però state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale. Il problema è che i rapporti tra Noboa e la sua vice Abad sono sempre stati poco pacifici: lei aveva criticato alcune delle proposte di Noboa dopo l’elezione, ma i veri motivi delle discordie non sono mai emersi.

Pochi mesi dopo essere diventato presidente Noboa mandò Abad in Israele come “inviata speciale di pace”, tenendola lontana dall’Ecuador per oltre un anno, periodo in cui le forze che lo sostengono in parlamento hanno cercato di rimuoverla tramite impeachment con vaghe accuse di corruzione. A novembre del 2024 le ha comunicato che doveva trasferirsi in Turchia entro 15 giorni: lei non lo ha fatto in tempo e lui l’ha sospesa per 150 giorni, un tempo che le ha impedito di sostituirlo durante la campagna elettorale. Alcuni giorni fa la sospensione è stata cancellata dalla Corte costituzionale. Abad lo ha accusato di usare metodi dittatoriali.

Luisa González, candidata di Revolución Ciudadana (AP Photo/Ariel Ochoa)

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Per risolvere le contese, anche internazionali, Noboa ha avuto spesso un approccio assimilabile per certi versi a quello del presidente statunitense Donald Trump. Lo scorso lunedì ha annunciato dazi sui prodotti dal Messico, con un impatto decisamente limitato per l’economia messicana (meno dello 0.5 per cento delle sue esportazioni sono verso l’Ecuador). Nelle ultime settimane sembra volersi accreditare come possibile alleato della nuova amministrazione statunitense in Sudamerica, mentre la rivale González ha rapporti più solidi e costanti con i leader di sinistra, dal brasiliano Lula al colombiano Gustavo Petro (ma in passato anche con il dittatore venezuelano Nicolás Maduro).

González si è molto focalizzata su misure economiche per le classi più povere e investimenti in sanità e scuola. Tutta la campagna elettorale si è concentrata sui candidati alla presidenza, mentre i partiti hanno avuto un ruolo molto limitato. Voteranno 13 milioni di ecuadoriani, il voto è obbligatorio per i cittadini fra i 18 e i 64 anni, facoltativo dai 16 ai 18 e oltre i 65: normalmente l’affluenza supera l’80 per cento.



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