Da un lato l’ormai famoso “inverno demografico” che svuota le culle, ma anche le imprese. Dall’altro, il “grande spreco” – come lo definisce Confartigianato Imprese – rappresentato dagli inattivi, che interessa circa un quarto dei giovani tra i 25 e i 34 anni. Due fenomeni correlati fra loro per un mercato del lavoro che, se non particolarmente brillante, si dimostra comunque attivo con – a dicembre 2024 – 274mila occupati in più (1,2%). Dato che risulta dalla combinazione dell’aumento dei dipendenti permanenti (+687mila) e del calo dei dipendenti a termine (-402mila) e degli autonomi (-11mila).
Però, siamo nel 2025 e le previsioni non sono le stesse dello scorso anno: l’indebolimento interessa sia la domanda di lavoro che le assunzioni (-0,2%). Tonica, invece, la domanda delle micro e piccole imprese con un aumento previsto di assunzioni dell’1,7%.
NON SI TROVANO LAVORATORI: FENOMENO IN AUMENTO
Le imprese dimostrano voglia di reazione e di agganciare le transizioni green e digitale, che resteranno incompiute se all’interno di capannoni, officine e laboratori non entreranno quelle figure professionali che potranno fare la differenza. Il problema, sotto osservazione da anni, è sempre quello: la crescita dell’occupazione si associa ad un rilevante e crescente mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto se qualificato.
A mettere l’accento sul fenomeno sono i dati Excelsior pubblicati nei giorni scorsi da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2024:
- Le imprese italiane hanno indicato una difficoltà di reperimento del personale nel 47,8% delle entrate previste, in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 45,1% del 2023
- Nelle micro e piccole imprese, la difficoltà sale al 51,3% (3,2 punti in più del 48,1% nel 2023)
- Nelle realtà artigiane arriviamo al 59,2%: quota superiore di 11,4 punti percentuali alla media delle imprese del 47,8% e in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 55,2% del 2023
I FATTORI CHE INFLUISCONO SUL NUOVO MERCATO DEL LAVORO
Ad incidere sull’entrata dei giovani nelle aziende non sono solo l’”inverno demografico” e il “grande spreco”. Ecco altri fattori determinanti:
- Il profilo del candidato conseguente al percorso scolastico e formativo svolto e il set di competenze acquisite nel percorso professionale
- Il livello e le prospettive di evoluzione della retribuzione e della carriera in azienda
- La tipologia contrattuale offerta, oltre all’accesso a strumenti di welfare aziendale
- Gli investimenti nella contrattazione collettiva di qualità, come nell’artigianato, con l’obiettivo di fidelizzare i lavoratori alle imprese anche con le importanti tutele di welfare fornite dagli enti bilaterali
- Le aspettative dei giovani rispetto al lavoro, con un crescente orientamento ad un lavoro autonomo che dia maggiore indipendenza e tempo libero
- La quantità e qualità dei flussi migratori in ingresso e uscita, di cui la fuga di giovani cervelli è una delle caratterizzazioni
IL RAPPORTO CON LE SCUOLE
Per reagire alla criticità relativa al personale, il 24,9% delle imprese ha attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, in particolare quelle ad indirizzo tecnico e professionale. Per oltre due terzi (68,1%) delle entrate nelle micro e piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale: per il 42% delle entrate è richiesta la qualifica o diploma professionale e per il 26,1% un titolo secondario tecnico. Se ai titoli di scuola secondaria tecnica e di qualifica, o diploma professionale, sommiamo gli ITS e le lauree materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (STEM), per quasi tre quarti (72,2%) delle entrate è richiesta un’istruzione in ambito tecnico.
COSA FANNO LE IMPRESE PER ATTRARRE O TENERSI I LAVORATORI
L’analisi dei risultati dell’indagine effettuata dall’Istat (2023) per il Censimento permanente delle imprese consente di delineare le pratiche adottate per attrarre e/o trattenere il personale qualificato nelle piccole imprese tra 10 e 49 addetti. Due piccole imprese su tre (64,8%) hanno adottato almeno una pratica. Nel dettaglio:
- Il 32,6% delle Pmi adotta incrementi salariali, come i superminimi
- Il 28,5% si concentra sulla flessibilità negli orari di lavoro
- Il 19,4% concede gradi crescenti di autonomia sul lavoro in relazione a specifiche competenze o mansioni
- Il 13,4% coinvolge i collaboratori nelle decisioni aziendali
- Il 12,9% adotta benefit come auto aziendale, agevolazioni nella fruizione di servizi, assicurazioni personali
- L’11,4% dà incentivi per attività di auto-formazione e crescita professionale, anche esterne all’impresa
- Il 4,9% definisce percorsi di carriera accelerati
- Il 4,8% riconosce ai collaboratori il lavoro svolto e i risultati ottenuti
- Lo 0,6% permette la cessione delle quote societarie
SI ALLUNGANO I TEMPI PER LA RICERCA DEL PERSONALE
In relazione ai tempi di ricerca del personale, nel 2023:
- Le imprese hanno utilizzato, in media, 3,3 mesi prima di riuscire a ricoprire la posizione vacante
- Per la ricerca di un operaio specializzato servono 4,8 mesi
- Più di un anno per trovare più di 116mila operai specializzati, il 13,9% delle relative entrate a fronte di una quota media del 6,4%
- Se prendiamo a riferimento le ricerche durate oltre i sei mesi, il costo del mismatch per le Pmi ammonta a 13,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto causato dall’eccessivo ritardo nell’inserimento in azienda del nuovo personale
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