Giustizia, svolta Meloni. Pronta a trattare con l’ANM sulla riforma. Pressing di Mattarella

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Dietro le quinte ci sarebbe il Presidente Mattarella che avrebbe informalmente fatto pressione su Palazzo Chigi per evitare “dolorose” contrapposizioni e il muro contro muro con le toghe


Le parole pronunciate ieri ad Affaritaliani.it dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, solitamente non un moderato ma, anzi, un incendiario, sono fondamentali e segnano la svolta già annunciata da Giorgia Meloni con l’elezione alla presidenza dell’Associazione Nazionale Magistrati di Cesare Parodi. A colpire non è stata soltanto la frase “possiamo aprire una nuova fase di dialogo con l’ANM” quanto soprattutto questa, pronunciata da Delmastro: “Così come non è blasfemia modificare la Costituzione, non è sacrilego modificare le riforme della Costituzione”.

Il cambiamento di rotta è chiaro, dopo settimane di scontro durissimo tra il governo e le toghe con una fetta importante e maggioritaria della Magistratura sul caso Santanché, sulla vicenda del libico Almasri e sui centri per i migranti in Albania. La verità – spiegano fonti accreditate di Fratelli d’Italia – è che la presidente del Consiglio non vuole “assolutamente” proseguire lo scontro totale e il muro contro muro con le toghe. E non vuole nemmeno seguire Forza Italia in una battaglia ‘berlusconiana’ contro la Magistratura: la destra, storicamente, era quella dei girotondi attorno al Palazzo di Giustizia di Milano all’epoca di Tangentopoli e la premier sa che i voti li prende sulle questioni sociali e non sullo scontro con giudici e pm. L’ANM farà il suo sciopero, come confermato da Parodi, ma poi si aprirà una lunga trattativa con l’esecutivo, il ministro Carlo Nordio e la stessa Meloni.

In molti a questo punto scommettono su una frenata al cammino della riforma costituzionale della Giustizia, come non escluso dallo stesso Delmastro, che potrebbe subire delle modifiche al Senato rispetto al testo già approvato dalla Camera. Fonti qualificate spiegano che al sindacato delle toghe interessa poco della separazione delle carriere e del doppio CSM ma che il punto chiave sia la valutazione dei magistrati e quindi l’istituzione dell’Alta Corte.

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Stando al testo che ha ottenuto l’ok di Montecitorio viene prevista l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, cui è attribuita la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, sia giudicanti che requirenti. L’organo è composto da 15 giudici così selezionati: tre componenti nominati dal presidente della Repubblica; tre componenti estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune; sei componenti estratti a sorte tra i magistrati giudicanti in possesso di specifici requisiti; tre componenti estratti a sorte tra i magistrati requirenti in possesso di specifici requisiti. Il presidente dell’Alta Corte deve essere individuato tra i componenti nominati dal presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. Si prevede la possibilità di impugnare le sentenze dell’Alta Corte dinnanzi all’Alta Corte medesima, che giudica in composizione differente rispetto al giudizio di prima istanza. I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato. L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale e del governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.

Ecco il punto chiave che non piace ai magistrati, altro che separazione delle carriere. E, nonostante la linea dura di Forza Italia, ribadita ieri proprio su Affaritaliani.it dal fedelissimo di Antonio Tajani Enrico Costa (“Il governo non si faccia risucchiare in una finta trattativa”), la premier Meloni, spiegano da FdI, ha intenzione di aprire un canale di confronto con l’ANM anche se ciò dovesse comportare un cambiamento della riforma costituzionale a Palazzo Madama e quindi un allungamento dei tempi dell’ok finale.

Dietro le quinte, spiegano sempre fonti di governo, ci sarebbe il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – che è anche capo del CSM e quindi della Magistratura  – che avrebbe informalmente fatto pressione su Palazzo Chigi per evitare “dolorose” contrapposizioni e il muro contro muro con le toghe. Per Meloni l’importante è andare avanti fino al termine della legislatura, visti anche i grandi cambiamenti internazionali imposti dalla presidenza Usa di Donald Trump (e il ruolo di ‘ponte’ tra le due sponde dell’Atlantico che la leader di FdI può giocare soprattutto a Bruxelles e al quale non vuole assolutamente rinunciare), e se questo vuol dire cedere qualcosa sulla Giustizia non sarà un dramma. L’importante è gettare acqua, e non benzina, sul fuoco. Visto che ci pensano già le opposizioni, in particolare sula caso Santanché ma non solo, buttare carburante sulle fiamme e ad alimentare l’incendio. 

Leggi anche/ Giustizia, Delmastro: “Bene il dialogo dell’ANM, possiamo aprire una nuova stagione con la Magistratura” – Affaritaliani.it



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