Fatture per operazioni inestenti: l’elemento soggettivo del reato

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Non c’è pace per il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti. 

L’art. 8 del d.lgs. 74/00 ne disegna la struttura della componente oggettiva e soggettiva con un fraseggio che apparentemente non lascia adito a dubbi.

Tuttavia, nella prassi applicativa quotidiana permangono rilevanti incertezze che impediscono l’individuazione di principi ermeneutici sicuri (e soprattutto duraturi). 

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Né c’è da sperare in un cambio di passo in coincidenza con la futura entrata in vigore del d.lgs. 173/24. 

È previsto – fatte salve le solite dilazioni che ormai fanno parte integrante del sistema normativo nostrano – che il nuovo sistema entri in vigore il primo gennaio 2026: ma il suo testo è quasi per intero identico a quello attualmente in vigore, quindi c’è da aspettarsi che, oltre alla lettera, ne erediti anche le problematiche interpretative. 

Una delle più ricorrenti è quella che attiene alla individuazione dei contorni dell’elemento soggettivo che sorregge il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

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1) Il dolo è specifico, ma in cosa consiste?

Se leggiamo la norma incriminatrice abbiamo la sensazione di trovarci di fronte ad un esempio di scuola di fattispecie di reato animata dal dolo specifico. 

Non basta, quindi, che il soggetto attivo si rappresenti (e voglia), quale conseguenza certa o altamente probabile della propria condotta, l’emissione di una fattura per una operazione oggettivamente o soggettivamente inesistente.

Occorre che esso sia animato dall’intento specifico di evadere il fisco.

È il dolo di evasione, insomma, a consentire la rimproverabile penale della condotta descritta nell’art. 8 d.lgs. 74/00.

Le granitiche certezze dell’interprete che si sia fermato alla lettura del dato normativo lasciano il posto a una cocente disillusione non appena si guarda ad alcuni arresti giurisprudenziali anche recenti.

Già sul piano dell’essenza del dolo specifico si è precisato che l’evasione delle imposte non fa parte né della componente oggettiva, né di quella soggettiva del reato in esame, con la conseguenza che essa non ha alcun effetto in ordine al giudizio di sussistenza del dolo (in questo senso, v. Cass., Sez. III, 24 settembre 2008, n. 39359).

La finalità di evasione, che normativamente parrebbe esclusiva, è stata considerata tutto sommato accessoria nella più recente prassi giudiziaria: tanto da affermarsi il principio secondo cui il dolo dell’art. 8 sussiste anche quando l’emittente della fattura persegue un fine diverso da quello dell’evasione fiscale, e si sia nel contempo rappresentato con certezza che il destinatario del documento fiscale potrà, a propria volta, evadere l’IVA.

Quindi, in buona sostanza, nel fuoco del dolo rientrerebbero – secondo questo indirizzo (v. Cass., Sez. III,01/10/2024 n. 42819) – anche lo scopo illecito perseguito a chi dovrebbe piuttosto rispondere del reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/00.

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2) Quali scenari si profilano se la nozione di dolo specifico verrà progressivamente allargata

Più che allargata, dovremmo dire edulcorata. Ed in effetti, secondo gli ultimi arresti, dei quali vi abbiamo dato un piccolo spaccato illustrativo nelle righe precedenti, sembrerebbe che l’onda lunga del formante giurisprudenziale miri a erodere sempre di più la terraferma del dettato normativo.

Quest’ultimo dice una cosa, la Cassazione ne afferma un’altra. C’è poco da fare: se il dolo specifico perderà i suoi connotati, il destino della norma sarà quello di una comune fattispecie sorretta dal dolo generico. Certezza o – aggiungiamo noi – alta probabilità di verificazione dell’evento (anche per mano o a vantaggio altrui) saranno più che sufficienti per ritenere integrato il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Non facciamo che il divieto di interpretazione estensiva delle fattispecie incriminatrici si sta avviando senza dirlo a nessuno verso il pensionamento anticipato?

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