Dazi Trump, nuovi guai per l’auto Ue: tempi duri (soprattutto) per Stellantis

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La settimana è partita ancora una volta nel segno dei dazi di Trump (sono partiti i dazi per la Cina su import da Usa). Il presidente Usa si è però spinto ancora più in là nella sua politica commerciale: intende imporre tariffe del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti. Queste tariffe colpiranno i principali fornitori come il Messico e il Canada, e avranno impatti più marcati su settori che usano intensivamente l’acciaio, come aerospazio, automotive ed energia.

Oltre i consumatori (americani e non), la guerra delle tariffe di Donald Trump influenzerà svariati settori industriali europei. Fra questi, anche l’automotive, ma “in misura variabile”. A dirlo è un report realizzato dall’Agenzia di rating europea Scope Ratings, secondo cui i dazi statunitensi sulle importazioni di veicoli da Messico, Canada e Cina colpiranno maggiormente Stellantis NV e Volkswagen AG , mentre BMW AG e Mercedes-Benz AG potrebbero essere meno colpite grazie al maggiore potere di determinazione dei prezzi e alla loro maggiore elasticità.

I problemi per Stellantis…

Le aggressive politiche commerciali ventilate da Trump sia in campagna elettorale che da neopresidente, stanno cominciando ad abbattersi sui i tre principali partner commerciali degli Stati Uniti. Alla mezzanotte di martedì 4 febbraio (ora statunitense) sono entrati in vigore i nuovi dazi del 10 per cento sulle importazioni dalla Cina. Quelli del 25 per cento sulle importazioni da Messico e Canada, invece, sono stati posticipati di un mese, a seguito delle negoziazioni avute con le sue controparti canadesi e messicane.

Il problema, sottolinea il report, aumenterebbe di molto la sua intensità qualora i dazi raggiungessero direttamente l’Europa. Cosa già accaduta nel 2019, quando Trump – durante la sua prima amministrazione – impose nuovi dazi ai paesi europei per circa 7,5 miliardi di dollari (poi congelati da Biden). Oggi il tema si ripropone, e il guaio per l’automotive europeo risulterebbe piuttosto importante, specialmente se contiamo che le importazioni totali di veicoli dell’Ue negli Stati Uniti ammontano a circa 54 miliardi di dollari (dati del 2023).

In questo scenario, si accennava prima, Stellantis appare il più esposto a rischi. Il gruppo guidato (ad interim) dal suo presidente John Elkann (al cui interno figurano marchi come come Chrysler, Jeep e Ram) vede in quello Usa un fondamentale mercato di sbocco (con circa il 46% delle vendite registrate nel 2023).  Gran parte della sua produzione, poi, arriva proprio in Messico. Negli impianti Stellantis della città di Saltillo più di 4.000 dipendenti assemblano i modelli Ram 1500 Classic e Heavy Duty. Mentre diversi modelli di Jeep (e in passato anche la 500) provengono dalla fabbrica di Toluca, su cui recentemente sono stati investiti 1,6 miliardi di dollari per avviare la produzione di veicoli elettrici.

…e per i marchi tedeschi

Ma  sotto pressione finiranno anche altri brand europei.  Il 21% dei veicoli Volkswagen sono assorbiti dal mercato statunitense. “Tuttavia – sottolineano gli analisti – crediamo che Volkswagen, in quanto produttore di automobili e fornitore di camion di massa, sarà probabilmente più colpita dalle tariffe su Canada e Messico e dal potenziale aumento delle tariffe sulle importazioni europee”.

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Non a caso, una parte significativa delle auto che vende negli Usa proviene proprio dal Messico (ad esempio VW Tiguan e il marchio Truck International) e i suoi marchi di lusso, Audi (escluso il SUV premium Audi Q5 e le sue versioni sportive e ibride plug-in prodotte in Messico) e Porsche, in particolare, “vengono importati nel mercato statunitense”.

I volumi di vendita del marchio di Wolfsburg negli Stati Uniti sono paragonabili a quelli di BMW e Mercedes, pari rispettivamente al 20% e il 26% dei loro ricavi nel 2023. Tuttavia, a differenza di Volkswagen e Stellantis, in questo caso la dipendenza dal Messico è piuttosto limitata nelle loro catene di fornitura rispetto alle importazioni europee. Un ruolo minoritario che permette ai dazi sulle importazioni da Canada e Messico di fare meno paura alle due case tedesche.

La protezione del segmento camion e del mercato premium

A concedere un po’ di fiato ai brand di gamma più alta c’è anche la loro migliore capacità di assorbire i costi aggiuntivi e improvvisi: i loro clienti di riferimento infatti si mostrano particolarmente disposti ad accettare aumenti di prezzo pur di acquistare la loro vettura di lusso. A irrigidire la domanda è anche il fatto che- a differenza degli altri mercati, dove c’è concorrenza di brand- il settore premium concede ai clienti una scelta ancora limitata a pochi marchi.

Non solo le auto di lusso potrebbero salvarsi. “Nel segmento dei camion, il Nord America è il secondo mercato più grande di Volvo AB” sottolinea il report, “contribuendo a circa il 30% del fatturato totale”. Il marchio svedese risulta ampiamente protetto dai dazi americani grazie alla sua forte presenza manifatturiera locale, dato che il 100 per cento dei camion venduti negli Stati Uniti provengono dai suoi stabilimenti americani in Virginia e Pennsylvania, con possibili espansioni in altre zone del paese.

Sempre in Pennsylvania, risiede anche la produzione delle attrezzature da costruzione, il secondo segmento più grande del gruppo (pari al 18% delle vendite industriali nel 2024).

Strategie possibili e l’impegno europeo

La situazione, dunque, si presenta complessa per la maggior parte dei produttori. Ma la speranza non manca. I produttori europei, notano gli analisti di Scope Ratings, “entreranno nel 2025 con solide posizioni di cassa nette nelle loro operazioni industriali grazie ai forti flussi di cassa degli anni precedenti”. Ma per affrontare sfide così complesse e preservare la propria flessibilità, queste società potrebbero anche scegliere di pagare in misura ridotta i loro azionisti.

Di fronte a sfide così importanti, anche l’Europa si sente chiamata a fare la sua parte. A fine gennaio, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato l’arrivo, previsto per il 5 marzo, di un piano ad hoc che possa sostenere l’industria dell’automotive, stretta fra incudine (i dazi di Trump) e martello (la concorrenza cinese) e portarla a “prosperare in Europa e competere con successo sulla scena mondiale”. Un cambio di passo caratterizzato da “flessibilità e pragmatismo”, in un terreno da gioco cruciale per l’economia europea.

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