Tentata evasione dal carcere di Cosenza, gli inquirenti analizzano tutti i filmati

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Saranno i filmati della videosorveglianza interna a ricostruire le fasi della tentata evasione che, la scorsa settimana, si è verificata nel recinto murario del carcere “Sergio Cosmai”. La Procura nei giorni scorsi ha aperto un fascicolo d’indagine con l’acquisizione dei contenuti video registrati dai supporti informatici all’interno della casa circondariale.
La ricostruzione del tentativo di fuga è affidata dunque al meticoloso e paziente lavoro degli investigatori. I quali incrociando i filmati ripresi dalle varie angolazioni dovranno dare una regia al progetto messo in atto dal detenuto. Progetto che è stato sventato dagli agenti della penitenziaria dopo la segnalazione di altri detenuti. I quali avevano notato non solo la strana forma del sacco dei rifiuti adagiato su un carrello, ma anche la punta di una scarpa da ginnastica che fuoriusciva da quell’involucro nero. Dopo la scoperta, l’uomo ha comunque giocato la sua ultima “carta”. Si è liberato dalla presa degli agenti e ha tentato di scavalcare il muro di cinta. Tentando, con ciò, di emulare l’impresa compiuta il 19 maggio del 2019 da un ventenne originario del Mali. Impresa che il giovane africano riuscì a portare a termine. Il ventenne, infatti, lasciò il carcere e si dileguò. Venne individuato e arrestato, dopo una massiccia opera di ricerca da parte delle forze di polizia, dopo un giorno di latitanza. A distanza di poco meno di sei anni, il problema, quindi s’è ripresentato all’interno della casa circondariale di via Popilia. E ha aperto un ulteriore trama sul tema della sicurezza. Anche perché la tentata evasione avvenuta nel carcere “Cosmai” segue di poche settimana quella che s’è verificata o scorso 3 gennaio nella casa circondariale in contrada Petrosa a Castrovillari. Dove un altro detenuto è riuscito a raggiungere la porta carraia dopo aver superato ed eluso tutti i sistemi di sorveglianza. Un tema quello della sicurezza, dunque – poco frequentato, visti i presupposti e – più volte e con una certa insistenza affrontato dai sindacati di categoria. L’argomento getta una luce sinistra sulla parte aritmetica, su ciò che riguarda i numeri che fanno da cornice al carcere. Numeri che riguardano sia gli agenti in servizio ma anche su quello delle presenze dei detenuti all’interno delle celle. Numeri che sono inversamente proporzionali sono in una direzione. I detenuti aumentano e il personale di custodia resta uguale o addirittura (si pensi ai pensionamenti che non vengono reintegrati) in alcune occasioni diminuisce pure. Diminuiscono al punto che, spiega il segretario generale aggiunto del Sappe Giovanni Battista Durante, «spesso è complicato redigere i turni di servizio». Per non parlare delle continue aggressioni a cui gli agenti vanno incontro con cadenza quotidiana. «Oggi – sottolinea Durante – subiamo i problemi generati da riforme assolutamente sbagliate fatte negli anni passati». Il segretario generale aggiunto del Sappe cita a proposito «la chiusura di alcune scuole di formazione, il taglio degli organici, la vigilanza dinamica, a distanza, e le celle aperte per tutti». Circostanze a cui aggiunge, il fatto grave «della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari». Tutto ciò, secondo le rilevazioni del Sappe «ha portato a un deficit di personale di circa 6000 unità a livello nazionale: tanti detenuti con disagio psichiatrico più o meno grave che restano in carcere. Per non parlare della destrutturazione della sicurezza all’interno delle carceri che in molti casi finita nelle mani dei detenuti, come nelle rivolte di marzo 2020, quando a si sono appropriati di almeno 20 strutture». Un quadro con molti chiaroscuri, insomma, nel quale, però, il segretario generale aggiunto del Sappe vede uno spiraglio di speranza. «Grazie all’azione del governo – rimarca Durante – è iniziata una positiva inversione di tendenza, con tanti concorsi per ripianare gli organici, cosa resa purtroppo difficile dalla mancanza di sufficienti strutture formative. È quindi necessario reperirne delle altre al più presto. È stato appena bandito un concorso di oltre 3000 unità che entro quest’anno dovrebbero partire per il corso di formazione e essere immessi in servizio nel 2026. Bisogna ripristinare le regole nelle carceri, dove ci sono troppi detenuti violenti che si rendono responsabili di aggressioni al personale. Chiediamo che queste persone vengano portate in strutture dedicate, dove dovrebbero scontare la pena in regime detentivo chiuso»



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