Dopo averti presentato l’agevolazione del rientro dei cervelli, meglio conosciuta come regime dei lavoratori impatriati, affrontiamo il secondo beneficio fiscale che lo Stato Italiano mette a disposizione per chi trasferisce la residenza: il regime per il rientro di docenti e ricercatori.
I docenti e i ricercatori sono il cuore pulsante dell’evoluzione tecnologica e della crescita di un paese, non solo sotto il profilo accademico. Proprio per questo l’Italia ha deciso di premiare ed incentivare i “cervelli” che decidono di trasferirsi nel paese con un regime estremamente agevolato.
Questo vero e proprio rientro dei cervelli è in atto dal 2020 ed è anche il risultato di una forte agevolazione per docenti e ricercatori che prevede una detassazione del 90% dei redditi connessi all’attività di ricerca e docenza.
Ho approfondito in questo articolo le novità di questo regime e la possibile coesistenza con il regime dei lavoratori impatriati di cui ho già discusso in questo precedente articolo: rientro dei cervelli – lavoratori impatriati.
Quali ricercatori e docenti possono usufruire del beneficio?
Chi ha diritto alla defiscalizzazione? I ricercatori e i docenti possono usufruire dell’agevolazione per il rientro dei cervelli al rispetto delle seguenti condizioni:
- trasferire la residenza fiscale in Italia per esercitare l’attività di docenza o ricerca
- avere svolto all’estero una documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni consecutivi presso università o centri di ricerca pubblici o privati
- essere stato residente all’estero in maniera non occasionale
- avere un titolo di studio universitario (o equiparato)
- acquisire la residenza fiscale in Italia e la mantieni per il periodo di fruizione dell’agevolazione
Il titolo di studio, se estero, necessita di essere riconosciuto in Italia.
Il docente o ricercatore in possesso di un titolo di studio emesso da un’università estera dovrà ottenere una dichiarazione di valore dall’autorità consolare (ambasciata o consolato itaiano all’estero) redatta in lingua italiana.
Per “centri di ricerca pubblici o privati o università” (qualificanti per il requisito dell’attività di ricerca o docenza svolta all’estero) si intende un’università, un istituto di ricerca, un’agenzia incaricata al trasferimento di tecnologia, un intermediario all’innovazione, un’entità collaborativa reale o virtuale orientata alla ricerca.
La qualifica di centro di ricerca o università prescinde dallo status giuridico e dalla fonte di finanziamento. Rilevano anche le entità che svolgono attività economiche ma è necessario che queste siano contabilmente distinte da quelle di ricerca.
E’ consigliabile ottenere un’attestazione da parte dell’università o dal centro di ricerca che evidenzi la natura dell’ente, l’attività svolta e la durata dell’attività (svolta ininterrottamente per almeno 2 anni).
Come previsto dalla Circolare n. 17/E/2017 la lingua può essere anche non italiana ma in questo caso è necessaria una traduzione. La traduzione deve essere giurata (quindi vidimata da parte dell’autorità consolare) se la lingua è diversa dal francese, tedesco, spagnolo o inglese.
A differenza del regime dei lavoratori impatriati non c’è alcuna penalizzazione se trasferisci la residenza all’estero prima di un certo termine. In caso di trasferimento all’estero di docenti o ricercatori, il beneficio viene meno dal periodo di imposta in cui si perde la residenza fiscale in Italia.
Faccio un esempio: ti trasferisci all’estero nel maggio 2027, non essendo più residente fiscalmente per il 2027 non potrai applicare l’agevolazione da quell’anno.
Come funziona l’agevolazione per il rientro di docenti e ricercatori?
La norma agevolativa (l’art. 44 del D.l. 78/2010) esclude nella determinazione del reddito imponibile (su cui poi andrò a calcolare le imposte sui redditi) i redditi di lavoro dipendente o autonomo percepiti dai docenti e dai ricercatori nella misura del 90%.
Chi torna dall’estero paga quindi meno tasse. Rendiamo però questo più concreto con un esempio.
Ipotizziamo un reddito pari a 100.000 euro percepito in connessione all’attività di docenza. Sui primi 90.000 euro non andrò a pagare alcuna imposta. Sui restanti 10.000 applicherò gli scaglioni IRPEF e verserò quanto dovuto.
Il prelievo è quindi estremamente limitato e il vantaggio fiscale estremamente più importante rispetto a quello del regime dei lavoratori impatriati.
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A distinguerci dai tradizionali commercialisti è la nostra esperienza diretta: abbiamo vissuto in prima persona l’espatrio e il rientro in Italia, oltre ad aver seguito numerose pratiche per altri italiani che hanno deciso di tornare.
Da quando decorre l’agevolazione per i docenti e i ricercatori impatriati?
L’agevolazione per i docenti e i ricercatori impatriati decorre dall’esercizio fiscale in cui ci si è trasferiti. Se acquisisco la residenza fiscale in Italia nel 2025, potrò applicare da quell’anno l’agevolazione fiscale.
Ma come si acquisisce la residenza fiscale in Italia e di converso quali sono i requisiti che non devo rispettare per essere considerato residente fiscalmente in Italia?
A norma dell’art. 2 del TUIR (aggiornato nel 2024), è residente fiscalmente in Italia chi per la maggior parte del periodo di imposta (più di 183 giorni, considerando anche le frazioni di giorno):
- è residente in Italia secondo il codice civile (concetto di dimora abituale)
- è domiciliato in Italia (sede principale dei suoi affari e interessi e, in particolare, luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari)
E’ previsto un inversione dell’onere della prova per chi non è iscritto all’AIRE e per chi risiede in stati a fiscalità privilegiata (fino al 2023 la Svizzera, ad oggi Emirati Arabi Uniti, Principato di Monaco, …) anche con iscrizione AIRE. Questo comporta che Agenzia delle Entrate ritiene tu non ti sia trasferito, salvo prova contraria.
Attenzione: prima dell’aggiornamento della normativa (art. 2 del TUIR), il requisito AIRE era qualificante al fine di determinare se un soggetto è o non è residente fiscalmente in Italia.
Quanto dura il rientro dei cervelli per ricercatori e docenti?
Il beneficio è usufruibile per l’anno in cui viene trasferita la residenza e per i successivi 5, salvo estensione. In assenza di estensione quindi l’agevolazione per ricercatori e docenti si applica al massimo per 6 anni.
E’ possibile estendere l’agevolazione. Ma come estendere il regime agevolato per docenti e ricercatori impatriati?
A partire dal 2020 la detassazione per docenti e ricercatori è estesa:
- a 8 periodi di imposta: in caso di un figlio minorenne o a carico o di acquisto di una casa in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti;
- a 11 periodi di imposta: in caso di almeno 2 figli minorenni o a carico;
- a 13 periodi di imposta: in caso di almeno 3 figli minorenni o a carico.
La circolare n. 33/E/2020, nonostante la norma non ne faccia menzione, ritiene che sia necessario che l’acquisto della proprietà dell’immobile sia a titolo oneroso. Non è qualificante l’acquisto della sola nuda proprietà o dell’usufrutto.
La norma non specifica le seguenti fattispecie:
- deve essere l’unico immobile di cui è proprietario?
- è necessaria la residenza o è possibile locarlo a terli?
- è possibile vendere l’immobile prima del termine dell’agevolazione.
Consiglio di fare estrema attenzione considerando che l’acquisto a titolo oneroso di cui facevo precedente menzione era stato motivato dal “comportamento attivo da parte del contribuente intenzionato a radicare la propria residenza nel territorio dello Stato“.
L’iscrizione AIRE è necessaria per docenti e ricercatori?
Come abbiamo visto in un mio precedente articolo riguardante il regime dei lavoratori impatriati, l’iscrizione AIRE non è necessaria ma sicuramente è di aiuto. Per i lavoratori impatriati è infatti possibile utilizzare le convenzioni contro le doppie imposizioni al fine di qualificarsi come residente all’estero prima del 2024 anche in assenza di iscrizione AIRE.
Cosa accade invece per i docenti e i ricercatori? L’iscrizione AIRE è necessaria?
Il comma 3-quater dell’art. 44 del Dl 78/2010 consente a chi è rientrato in Italia dal 2020 compreso di applicare le convenzioni contro le doppie imposizioni per determinare gli anni di permanenza all’estero in luogo dei criteri di cui all’art. 2 del TUIR.
Come per i lavoratori impatriati, è possibile anche per i docenti e i ricercatori utilizzare le convenzioni contro le doppie imposizioni per godere del regime premiale. L’iscrizione all’AIRE non è strettamente necessaria.
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Cosa fare quando si rientra in Italia dall’estero?
Ecco cosa deve fare un italiano che rientra in Italia:
- dichiarazione di residenza al comune: è necessario dichiarare il rientro all’anagrafe in modo da essere cancellati dall’AIRE
- iscrizione al servizio sanitario nazionale e scelta del medico di base
- predisposizione del fascicolo documentale (se non già predisposto) per provare gli anni di residenza all’estero e l’attività ivi svolta
- trasferimento dei beni personali (come l’importazione di veicoli)
- comunicazione al datore di lavoro di voler fruire delle agevolazioni
Cumulabilità con il regime dei lavoratori impatriati
Il regime agevolativo del rientro di docenti e ricercatori è cumulabile con quello dei lavoratori impatriati.
Nello stesso periodo di imposta è possibile fruire contemporaneamente dei diversi regimi agevolati purché si rispettino le diverse condizioni (ad esempio gli anni di permanenza all’estero).
Perché dovrei voler applicare entrambi i regimi?
Pensiamo ad esempio ad un ricercatore che vuole svolgere attività di lavoro autonomo in aggiunta a quella di ricerca. I redditi di lavoro derivanti dalla ricerca potranno beneficiare dell’esclusione del 90% (art. 44 del Dl 78/2010) mentre i redditi di lavoro autonomo beneficeranno dell’esclusione del 50% (art. 5 del D.lgs. 209/2023).
Caso pratico: calcolo dell’agevolazione per docenti e ricercatori
Immaginiamo lo scenario in cui un docente decida di trasferirsi in Italia. Questo docente esercita anche attività di lavoro autonomo estranee alla docenza e alla ricerca. E’ stato residente all’estero per 5 anni e integra tutti i requisiti di entrambe le agevolazioni.
Il reddito per l’attività di docenza è pari a 100.000 euro, quello per l’attività di lavoro autonomo è pari a 200.000 euro.
L’aliquota fiscale marginale è pari al 43%.
Sul reddito per l’attività di docenza potrà applicare l’esclusione del 90%. Sul reddito dell’attività di lavoro autonomo, non avendo figli, applicherà l’esclusione del 50%.
Sarà quindi esclusa dalla base imponibile una somma pari a 100.000 * 90% + 200.000 * 50% = 190.000.
Considerando un’aliquota marginale del 43% il risparmio di imposta è pari a 81.700 euro per ogni anno di fruizione del beneficio.
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A distinguerci dai tradizionali commercialisti è la nostra esperienza diretta: abbiamo vissuto in prima persona l’espatrio e il rientro in Italia, oltre ad aver seguito numerose pratiche per altri italiani che hanno deciso di tornare.
Conclusioni
Il regime agevolato legato al rientro di docenti e ricercatori è estremamente interessante ed è volto ad incentivare con una detassazione pressoché integrale (90%) i redditi di lavoro derivanti dall’attività di docenza e ricerca.
Nel caso in cui il ricercatore o il docente volesse esercitare altre attività, sarà possibile farlo ed eventualmente applicare gli ulteriori regimi agevolativi come quello dei lavoratori impatriati.
Considerando l’entità del beneficio consigliamo sempre di farsi assistere da professionisti specializzati in questa materia.
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