Il futuro oltre il confine ferito

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Nova Gorica e Gorizia assieme per festeggiare la prima Capitale europea transfrontaliera della Cultura. Ieri, 8 febbraio, la grande cerimonia inaugurale e non è una data a caso perché in Slovenia è festa nazionale, la Giornata della Cultura slovena, in ricordo del poeta France Prešeren morto l’8 febbraio del 1849. Ed è la rima di una poesia di Prešeren il testo dell’inno nazionale della Repubblica di Slovenia: la poesia che si chiama “Brindisi” è un inno che non parla di gloria, di guerra, di orgoglio nazionale, ma alza i bicchieri per invitare alla fratellanza tra i popoli.

UN CONFINE CHE HA suggellato la distruzione di una storia di convivenza che durava da secoli, quel mondo misto di italiani sloveni e tedeschi già buttato all’aria alla fine della prima guerra mondiale e violentato dall’italianizzazione forzata, dagli slavi perseguitati perché «inferiori di barbari», dai paesi bruciati, dai campi di concentramento.

Un confine riproposto nel 1947 che qui passava dentro le case e tra le tombe del cimitero ma, quel che conta, è che divideva l’Est dall’Ovest, le democrazie occidentali dal socialismo e i militari imbracciavano i mitra. Poi ancora la rottura tra Tito e Stalin con quello che qui ha significato anche tra quanti avevano combattuto assieme in una Resistenza per molti tratti unitaria. Tante cicatrici da rimarginare, c’è voluto del tempo e sono davvero tanti a sperare che ieri sia stato un giorno decisivo per guardare al futuro. E c’è speranza anche nelle parole del presidente Mattarella perché «l’Europa continui a essere fedele a sé stessa, alle ragioni di pace che l’hanno voluta, ai grandi ideali di umanità, di democrazia, di eguaglianza di diritti, di solidarietà che costituiscono le fondamenta della sua civiltà. L’umanesimo che dell’Europa è la lingua con la quale può dialogare nel mondo anche in questo cambiamento d’epoca».

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GORIZIA E NOVA GORICA: a guardare dall’alto è un’unica città che si allunga nella pianura tra il monte Sabotino e il San Michele e si vede l’Isonzo color turchese. Gorizia oggi è una cittadina defilata e tranquilla con un bel centro storico ed il vecchio castello medievale, a Nova Gorica si sono alzati casermoni nuovi e la città è cresciuta veloce. Entrambe si affacciano sulla stessa piazza con la stazione ferroviaria austriaca dove passavano i treni che collegavano Trieste a Vienna: è Piazza Transalpina per Gorizia, Trg Evrope per Nova Gorica e non c’è più il muro, né il filo spinato, solo un mosaico a segnalare che, comunque, un confine c’è ancora: sulla pelle dei migranti.

Ed è stato un fiume di gente orgogliosa e contenta che ieri ha riempito le piazze e attraversato il confine mentre suonavano le bande arrivate da tutti i paesini del circondario. Non c’è da tempo un confine nella testa di chi vive qui, da quando piano piano ci si è ritrovati magari perché gli sloveni andavano a Gorizia perché i negozi offrivano più merci e gli italiani invece andavano in Slovenia perché la carne e il burro costavano meno. Non c’è il confine, come quando nel lockdown per il covid c’era una rete di nuovo a dividere la piazza, si giocava a pallavolo e il pallone andava dall’Italia alla Slovenia tra le risa e gli incitamenti dei ragazzi, quelli di qua e quelli di là.

NUVOLE? PURTROPPO sì perché non tutti hanno preso atto di cosa sia stato il fascismo di confine anzi, qualcuno ci ha costruito su una carriera politica. Succede alla maggioranza di destra del Comune di Gorizia, ad esempio, che ha ricevuto nella casa comunale la X Mas o si è rifiutata di togliere la cittadinanza onoraria data a Mussolini nel 1924. Così l’antifascismo goriziano è dovuto tornare in piazza, e sono stati due presìdi davvero affollati, per gridare all’ipocrisia di chi parla di fraternità ma cavalca sempre momenti di separazione.

Dalla Slovenia sono stati in tanti a commentare con delusione e fastidio questo negazionismo provocatorio e lo ha fatto anche la ministra degli Esteri Tanja Fajon che ha chiesto, a pochi giorni dall’8 febbraio di festa, di non rafforzare le divisioni, di rispettare lo spirito su cui si basa GO!2025 e ha ribadito l’impegno della Slovenia a «superare le divisioni storiche, a promuovere la cooperazione e la convivenza tra popoli e culture, specialmente nelle aree che hanno sperimentato per prime la brutalità del regime fascista!».

Mentre dalle pagine del Delo, quotidiano di Lubiana, è il giovane architetto Miloš Kosec che ricorda: «L’antifascismo non è una questione di estetica, nazionalità o apparenza, ma un modo di comunicazione, solidarietà e resistenza».



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