«E tu come stai?»: l’università solidale dei precari in lotta

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«E tu come stai?». La domanda rivolta dal comitato di fabbrica dell’ex Gkn in in una memorabile assemblea tenuta nella fabbrica occupata a Campi Bisenzio è stata posta di nuovo ieri a Bologna nella prima giornata della riunione nazionale convocate dalle assemblee precarie dei ricercatori contro i tagli all’università e il progetto di riforma Bernini. Oggi è fermo in parlamento ma rischia di trasformare gli atenei in un bazar di contratti a termine e senza diritti.

«TU COME STAI?» è la domanda che si rivolge chi vive in una società a pezzi dove gli individui hanno interiorizzato le loro peggiori dinamiche a livello psicologico e sopravvivono in una lotta quotidiana destinata allo scacco. «Tu come stai?» se lo chiede chi si cura dell’altro, vuole ricostruire una relazione e coltiva una solidarietà politica oltre le divisioni.

«NOI COME STIAMO?» si sono domandati gli studenti e dai ricercatori precari degli atenei toscani, tra i più colpiti dai tagli del governo Meloni nel 2024 (gli altri arriveranno nei prossimi tre anni: 702 milioni): Pisa, Firenze e Siena. Anche nei due atenei della città senese si è formato un Coordinamento del Precariato Universitario. Ha incontrato gli operai della Beko che rischiano il licenziamento. «Coltiviamo una solidarietà di classe”, così l’hanno definita i ricercatori precari, anche tra i precari della ricerca e il personale delle università, a cominciare da quello esternalizzato. Saranno loro i più colpiti dai tagli.

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Bologna, via Zamboni, assemblea nazionale dei ricercatori precari, Foto Roberto Ciccarelli

C’È UN GRANDE SPESSORE etico e politico in un movimento che sta maturando. Invece di tenerle separate le dimensioni psicologiche sono intrecciate con quella sociali, del lavoro, del sapere e dei desideri. Questo lavoro è svolto attraverso le assemblee precarie che dall’ottobre scorso sono fiorite da Nord a Sud . Insieme sostengono la richiesta di un immediato ritiro del «Ddl Bernini», l’aumento significativo del fondo ordinario per gli atenei, nel contratto di ricerca postdoc come unica figura per arrivare al ruolo di docente e nell’idea di disgiungere il «fondo premiale» che incentiva ricerche e didattica dal finanziamento ordinario.

LA PIATTAFORMA sarà definita oggi, nella seconda giornata dell’assemblea, dalla quale giungerà anche un forte appello agli studenti che ricominceranno le lezioni a marzo, un mese che sarà probabilmente accompagnato da iniziative a livello locale e nazionale. In fondo, è stato detto, «non c’è mobilitazione reale e di massa dei precari e dei lavoratori senza gli studenti».

QUATTRO MESI di percorso hanno fatto toccare con mano i problemi. «Ci sono molte difficoltà di raggiungere i docenti strutturali al di là della solidarietà informale» ha raccontato Alice da Trento. «La rettrice della Bicocca e presidente della Cui Giovanna Iannantuoni non ci ha incontrato in un’occasione pubblica, i dipartimenti di sociologia economica sostengono che non hanno problemi di soldi e che il futuro è roseo» ha osservato Giacomo dell’assemblea precaria di Milano.

LA COSCIENZA dei limiti non è staccata da un metodo di azione che assomiglia a quello che il filosofo e psicoanalista francese Félix Guattari, che aveva frequentato Bologna, ha chiamato «trasversalità». Nell’assemblea questo concetto è stato usato per dire che bisogna allargare il processo collettivo, creando uno spazio comune tra le categorie contrattuali, le identità costituite e le barriere disciplinari. «Così ogni lotta aiuta un’altra lotta» ha detto Greta, studentessa bolognese. «Serve a cambiare la logica del discorso sul non futuro dell’università neoliberale di cui non salviamo niente, e non solo a concentrarsi sulle condizioni di vita di chi è precario» ha aggiunto Clara, assegnista di ricerca.

Per le strade di Bologna, affiche di Cheap, foto Roberto Ciccarelli
Per le strade di Bologna, affiche di Cheap, foto Roberto Ciccarelli

«NON SIAMO il sindacato dei precari – hanno affermato Daniela e Rosa, ricercatrici a Torino – I sindacati ci sono e fanno il loro lavoro». A Bologna sono intervenuti Flc Cgil, Clap, Andu e Usb, Adi. Tra gli altri c’erano i ricercatori della Rete 29 aprile che sono un po’ la memoria storica delle mobilitazioni contro l’università neoliberale dal 2009. Hanno presentato un’utile mappa delle mobilitazioni in corso consultabile su rete29aprile.net.

SULLA STORIA RECENTE hanno influito i cortei dell’anno scorso di solidarietà con Gaza e contro il Ddl sicurezza che minaccia di fare entrare i servizi segreti negli atenei. «La Palestina è stata decisiva per mobilitare le università che erano ferme – ha detto Leila dei Giovani Palestinesi e dottoranda – Bisogna anche interrogarsi sul sapere che produciamo, è rimasto su posizioni eurocentriche, occidentalocentriche, e bianca, e mettere in discussione la qualità e il metodo della ricerca».



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