Taglio ai fondi per le università, Anna Maria Bernini: «No, risorse per 9 miliardi»

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Sassari La ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini non ci sta. Dopo aver portato un miliardo sul vagone diretto alla miniera di Sos Enattos, nelle sue ultime trasferte sarde, ora non ci sta a passare per la ministra che toglie milioni di euro alle università sarde.

Taglio netto

Lunedì ci sarà un incontro alla sede della Fondazione Sardegna a Sassari, tre docenti universitari di economia e storia a confronto sul futuro degli atenei italiani. E il punto di partenza è l’Ffo. Il fondo di finanziamento ordinario che il Mur versa ogni anno nelle casse delle università. A margine, il professore di economia politica di Uniss, Luca Deidda, ha pubblicato uno studio che evidenzia una scia di tagli che è continuata nel 2024 e con previsioni analoghe per il 2025, su tutto il panorama nazionale e con maggiore incidenza sulle isole. L’ufficio stampa del ministero però sbotta: «Cifre destituite di alcun fondamento». Deidda, che è ricercatore Crenos, il centro ricerche economiche di nord e sud Sardegna, scrive su Data refero: «Nel 2024, lo stanziamento (su scala nazionale, ndr) è poco più di 6,6 miliardi di euro, con una riduzione di 397 milioni di euro rispetto al 2023».

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Versioni contrastanti

Dal dicastero della ministra Bernini arriva la replica: «Nel 2024 lo stanziamento di fondi pubblici per le università italiane è stato di oltre 9 miliardi di euro (9.031.544.606 euro), con una variazione negativa rispetto all’anno precedente dell’1,88%, pari a circa 173 milioni di euro». E sì, nell’atto del decreto ministeriale viene riportata quest’ultima cifra, poco più di 9 miliardi. Tuttavia, il riferimento di Deidda non è certo campato in aria, si riferisce al totale del fondo non vincolato. Quello cioè formato da quota base più quota premiale, che va in relazione ai risultati di didattica e ricerca. Cioè il budget sicuro su cui ogni ateneo di fatto sa di poter contare. La cifra sale se si contano anche interventi perequativi per sanare criticità e piani straordinari. Ma ancora, per il docente Crenos il triennio post-Covid «mostra con chiarezza che ad eccezione della straordinaria circostanza del Covid (2020-21) la contrazione delle risorse per il funzionamento ordinario è una caratteristica strutturale della politica governativa sull’università pubblica».

Il confronto

Dal ministero cerchiano in rosso numeri differenti: «Nell’ultimo quinquennio i finanziamenti statali alle università hanno registrato un trend in forte aumento. L’Ffo 2024 risulta essere superiore del 21,22% rispetto al periodo pre-Covid una tendenza all’aumento che riguarda anche gli anni 2020, 2021, 2022 e 2023 e sarà confermata anche per il 2025». Altro pomo della discordia: le casse di Unica e Uniss, gli atenei di Cagliari e Sassari, avrebbero -17,3% e -17,4% di fondi pubblici dell’ultimo anno. Il ministero dell’Università e della Ricerca toglie il segno meno nel raffronto ancora col 2019: Nell’anno appena concluso Cagliari avrebbe ricevuto, solo da finanziamento ordinario Ffo, «un importo superiore a 123 milioni di euro, in aumento del 13,2% rispetto a quanto ottenuto nel periodo pre-Covid». Quanto a Sassari, «ha raggiunto, nel 2024, un importo superiore ai 74,5 milioni di euro, un aumento del 12,8% rispetto a quanto ottenuto nel periodo pre-Covid». Già a luglio erano volati stracci tra ministero e rettori di tutta Italia, che lamentavano un taglio di mezzo miliardo al fondo mentre dall’altra parte si parlava di «cifre infondate».

A questo giro, comunque, il professor Deidda, non si sofferma su uno «shock, se di shock si può parlare» che però «non legittima atenei e rettori a cascare dal pero», ma punta sull’autonomia degli stessi. Sulla gara a cui sono chiamate le università per accaparrarsi quote di premio maggiori. E questo grazie al livello della ricerca e del corpo docenti. La risposta di Bernini si aggiunge al dibattito previsto lunedì 10 febbraio dove insieme a Deidda ci saranno il presidente della Fondazione Sardegna, Giacomo Spissu, Daniele Checchi e Andrea Graziosi. Il primo è professore di Economia del lavoro all’Università statale di Milano, il secondo di Storia contemporanea all’Università Federico II di Napoli.



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