Strage di Via D’Amelio, tra Caltanissetta e Roma inquietanti sintonie

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Il confronto tra i motivi che avevano spinto la GIP, Graziella Luparello, di Caltanissetta nel 2022 a chiedere un supplemento di indagini alla Procura di Caltanissetta su alcuni aspetti in ipotesi legati ai motivi della “accelerazione” della strage di Via D’Amelio e le conclusioni della Procura che portano alla richiesta di archiviazione “tecnica”, sui cui il GIP deciderà il 3 Marzo, forse illumina ancor meglio la strada imboccata dalla Commissione parlamentare anti mafia, guidata dalla Colosimo e non soltanto. Ed in particolare forse spiega l’enfasi con la quale Carmelo Canale, ex tenente dei Carabinieri molto legato a Paolo Borsellino, ha sottolineato alcuni passaggi durante la sua recente audizione in Commissione anti mafia, svoltasi il 29 Gennaio. Ci arriverò.
La Procura di Caltanissetta guidata dal dott. De Luca, che per puro spirito di leale collaborazione istituzionale aveva inviato la trascrizione delle conversazioni intercettate tra l’ex procuratore Natoli ed il senatore Scarpinato alla Presidente Colosimo, nell’Ottobre dello scorso anno, non avrebbe trovato elementi per tenere in piedi due specifiche ipotesi che spiegherebbero l’accelerazione della strage: la “pista nera” e i “suggeritori esterni”. Con il che uscirebbero dalla scena del crimine definitivamente personaggi alla Paolo Bellini o alla Marcello Dell’Utri, con buona pace delle evidenze giudiziarie raggiunte a Bologna nell’ambito dei più recenti processi sulla strage del 2 Agosto 1980 alla stazione ferroviaria, così come di quelle che hanno portato alla condanna per concorso esterno di Dell’Utri. Questo orientamento della Procura nissena troverebbe una certa fortunata sintonia con altri fatti giudiziari come l’annullamento senza rinvio delle condanne nel processo “Trattativa” inflitte agli uomini dello Stato, l’annullamento (con rinvio) delle condanne nel processo “ndrangheta stragista”, l’annullamento (in parte con rinvio in parte senza) delle condanne nel processo per il duplice assassinio di Nino Agostino e Ida Castelluccio, la nuova indagine della Procura di Palermo sui presunti killer mafiosi (e non “neri”) di Piersanti Mattarella o la bocciatura da parte del Tribunale di Palermo Sezione misure di prevenzione della richiesta di sequestro proposta dalla Procura di Palermo di ingenti patrimoni nella disponibilità di Marcello Dell’Utri. Circostanze sintoniche che pur senza essere in alcun modo riconducibili a raffinate ed indicibili regie, concorrono ad alimentare un certo sentire sempre più diffuso, che suona così: la mafia stragista ha fatto tutto sa sola, nessuna trama occulta che abbia coinvolto politica, massoneria, apparati di sicurezza; se qualche convergenza di interessi illeciti c’è stata questa va cercata nella corruzione delle “vipere” che stavano attorno a Falcone e Borsellino e di certa imprenditoria più legata alle cave che alle antenne; se qualche “infedele servitore” c’è stato, non va cercato tra i militari dell’Arma, ma tra i poliziotti e comunque, in fine, come dimostra la brillante operazione messa a segno dal ROS il 16 gennaio del 2023 con l’arresto di Matteo Messina Denaro, la mafia è stata sconfitta. Punto.
Proprio a conforto di questo diffuso sentire resterebbero invece aperte, rispetto alla “accelerazione” della strage di via D’Amelio, secondo la Procura nissena la pista “mafia-appalti”, tanto cara a Mori-Colosimo-Trizzino e quella della “agenda rossa” che bisognava a tutti i costi far sparire. Della pista “mafia-appalti” si è abbondantemente scritto, bisogna qui piuttosto sottolineare come diventi funzionale alla medesima lettura anche la “causale” agenda rossa. L’agenda rossa di Paolo Borsellino che era senz’altro contenuta nella borsa del giudice, prima data per distrutta nell’incendio della macchina seguito all’esplosione, poi ricomparsa nell’ufficio di Arnaldo La Barbera praticamente intatta ma svuotata di quasi tutto e soprattutto senza agenda rossa. E per questo arrivo all’enfasi che Carmelo Canale ha messo in alcuni passaggi della sua recente audizione in Commissione antimafia: il primo (guarda il caso!) sulla centralità del rapporto “mafia-appalti” per Borsellino, il quale, lascia intendere Canale, avrebbe incontrato segretamente presso la caserma Carini De Donno, principale redattore del rapporto, insieme a Mori, perché preoccupato che le maldicenze sul Corvo2 avessero l’obiettivo di screditare proprio De Donno a causa del rapporto e non perché Borsellino sospettasse che fosse lo stesso De Donno l’autore del Corvo2. Il secondo sulla mattina del 12 Luglio quando Canale aveva accompagnato Borsellino a Salerno per il battesimo del figlio del procuratore Cavaliero, ed entrato nella sua camera d’albergo lo aveva trovato insolitamente serio, intento a scrivere sulla sua agenda rossa. Insomma ecco la saldatura tra le piste lasciate aperte dalla Procura nissena (“mafia-appalti” e agenda rossa) e le dichiarazioni di Carmelo Canale: “mafia-appalti” ovvero la tangentopoli siciliana, Borsellino determinato a darne massima priorità convinto che in essa si trovi la chiave per comprendere la strage di Capaci, Borsellino preoccupato per De Donno che in quanto autore del rapporto rischia il mascariamento, Borsellino che una settimana prima di morire scrive sulla agenda rossa quello che pensa di avere ormai capito della strage di Capaci (e quindi verosimilmente sulla tangentopoli siciliana), Borsellino che per questo deve essere ucciso senza indugio e la sua agenda che deve essere fatta sparire, i poliziotti infedeli che prima si occupano dell’agenda e che poi costruiranno il falso pentito Scarantino.
Le contraddizioni, le omissioni, le mistificazioni in questa ricostruzione sono tante e molto preoccupanti, ma è sempre più difficile introdurre elementi critici in questa rilettura, anche a causa della potenza mediatica di cui oggi dispone la destra degli “eredi al quadrato”. Certo ci saranno i “processi bis”, forse arriverà qualche novità dalla Procura di Firenze, nulla invece si potrà aggiungere sullo strano suicidio di Nino Gioè in carcere e nulla, con ogni probabilità, sull’omicidio di Luigi Ilardo. Ad ogni buon conto, è giusto continuare a fare tutto il possibile perché la verità ufficiale sia quanto più vicina alla realtà delle cose e per questo forse non sarebbe inutile, dopo Canale, sentire un altro ex carabiniere, che la storia la racconta in modo diverso, Michele Riccio.

 

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