Sandrin (L&G Asset Management): “Il valore delle aziende leader con brand forti”

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Dopo la decisione di rinviare l’applicazione dei dazi a Canada e Messico, non si placa l’incertezza legata alle prossime mosse di Donald Trump. Al netto dei possibili effetti inflazionistici generati dalle tariffe sui prezzi dei beni importati, una politica commerciale aggressiva potrebbe avere un impatto negativo sulle catene di approvvigionamento e sulla fiducia delle imprese. Sul piano della politica energetica e del clima, il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo per ritirare il Paese dall’Accordo di Parigi, e ha promosso un aumento dell’estrazione di petrolio e gas sul territorio parlando di “emergenza energetica nazionale”. Giancarlo Sandrin, Head of Wholesale Distribution Southern Europe di L&G Asset Management, ci ha aiutato a comprendere meglio il potenziale impatto delle politiche prospettate dal nuovo inquilino della Casa Bianca e le prospettive sui mercati finanziari. E ci ha spiegato anche le possibili implicazioni per il mercato dell’oro.

“L’introduzione di dazi elevati, come un 60% sulla Cina e un 10% sul resto del mondo, potrebbe aumentare i prezzi dei beni importati, causando un’impennata dell’inflazione che andrebbe a impattare la spesa dei consumatori. Su questo punto diventa quindi importante guardare a quelle società che meglio possono proteggersi da questi rialzi, come le aziende leader con brand forti“, ha sottolineato Sandrin, che ha evidenziato l’importanza del valore del marchio nella ricerca di grandi azioni internazionali promettenti. Al di là del fatturato e della capitalizzazione, è infatti un altro elemento da considerare: “Un tema che guardiamo è quello dei ‘Global Brand‘, ovvero delle aziende proprietarie dei marchi più preziosi al mondo, da Apple a LVMH, da Microsoft a McDonald e CocaCola, da Samsung a Visa. Queste società storicamente hanno dimostrato una maggiore resilienza degli utili grazie alla forza del brand, oltre a sopportare meglio l’aumento dei prezzi per i consumatori finali in casi di elevata inflazione”.

Tornando ai possibili effetti dell’aumento dei dazi, questa misura potrebbe portare “a una disgregazione delle catene di approvvigionamento, un calo della fiducia delle imprese e degli investimenti e potenziali ritorsioni da parte di altri paesi. Questi fattori potrebbero interagire e innescare infine una recessione – ha fatto notare Sandrin – L’incertezza riguardo le politiche commerciali di Trump potrebbe quindi aumentare la volatilità del mercato azionario, con gli investitori che potrebbero reagire in modo eccessivo alle notizie e agli annunci politici”.

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Oltre all’aumento delle tariffe, il presidente Usa ha annunciato diverse misure con l’obiettivo di favorire la crescita nazionale, tra deregolamentazione e tagli fiscali. “Dalle politiche di Trump potrebbe trarre beneficio in particolare il settore delle piccole società US, che hanno il mercato interno come principale sbocco. Se guardiamo anche al divario di performance degli ultimi anni tra large e small cap, siamo su valori storicamente elevati, il che dà spazio di crescita al secondo segmento. In particolare, guardiamo all’indice Russel 2000 Quality, per poter focalizzarci sulle società più piccole ma con bilanci più solidi”.

L’incertezza legata alle politiche commerciali aggressive di Trump e le potenziali tensioni geopolitiche hanno anche dei riflessi sul metallo giallo, fa notare l’esperto, sottolineando che “potrebbero aumentare la domanda di oro come bene rifugio. Inoltre, in casi di inflazione in crescita, questa materia prima tende ad apprezzarsi offrendo in parte una copertura all’aumento dei prezzi. Non da ultimo la domanda di oro da parte di investitori e anche di Banche Centrali, in particolare dei mercati emergenti per la creazione di riserve, potrebbe sostenere i prezzi nel corso del 2025″.

Relativamente a questo comparto, puntare sulle aziende minerarie può essere un modo diverso per investire sull’oro, che comporta vantaggi ma anche rischi. “Queste offrono una leva maggiore rispetto al prezzo dell’oro. Quando il prezzo dell’oro aumenta, i profitti delle aziende minerarie possono crescere in modo esponenziale, portando a rendimenti potenzialmente più elevati per gli investitori. I rischi sono ovviamente legati a un eventuale deprezzamento dell’oro, oltre al fatto che bisogna sempre ricordare che trattandosi di azioni subiscono anche gli effetti del mercato azionario, in particolare nel breve termine”.

Infine, per il 2025 la società di gestione individua tra le maggiori opportunità di investimento nel mercato azionario quelle legate alla rivoluzione energetica e alla digitalizzazione. Più nel dettaglio, vede una crescita significativa nei settori dell’energia rinnovabile nonostante i vari proclami di Trump. “Il solare e l’eolico rappresentano comunque delle fonti energetiche economiche e relativamente veloci da implementare per far fronte alla crescente domanda di energia elettrica da parte di tutti i paesi. I fondamentali a lungo termine supportano questi investimenti, rendendoli molto attraenti”, ha chiarito Sandrin. Alla transizione energetica si accompagna quella gemella, della trasformazione digitale, con il focus sulle infrastrutture. “Il settore, in cui sono compresi anche i data center, nonostante le recenti turbolenze create da DeepSeek, rimarrà fondamentale per via della continua domanda di digitalizzazione e per lo sviluppo di sistemi di IA”.

Per quanto riguarda le aree geografiche, infine, l’attenzione di L&G Asset Management è rivolta a entrambe le sponde dell’Atlantico: “Gli Stati Uniti rimangono un mercato molto forte, sostenuto anche dalle potenziali politiche fiscali della nuova amministrazione Trump. L’Europa comunque potrebbe tornare a essere un mercato interessante, più per un tema di valutazioni inferiori rispetto agli Usa che di crescita”.



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