Proroga covid: per la Cassazione si applica la sospensione “a cascata” – Studio Legale Viti

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L’annosa questione sulla proroga Covid di 85 giorni per i termini di accertamento  interpretata da numerosi giudici di merito nel senso ragionevole di circoscrivere tale beneficio degli Uffici finanziari solo agli atti in scadenza nel 2020 (precisamente tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020), trova un’apodittica inversione di rotta della Cassazione, prima Presidente Dott.ssa Margherita Cassano, la quale ritiene, al contrario e sposando la tesi dell’Erario, applicabile tale proroga a tutti gli accertamenti i cui termini di decadenza sono pendenti all’ 8 marzo 2020, spostando in avanti di 85 giorni il termine decadenziale per l’accertamento degli anni d’imposta in corso al 2020.

Il dato normativo di partenza è l’art. 43 del D.P.R. 600/73, secondo cui l’avviso di accertamento deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Ciò premesso, facciamo chiarezza nell’ambito della successione di norme emergenziali che hanno dilatato tale termine.

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Nell’ambito della c.d. “decretazione d’urgenza” che trova il suo fondamento normativo nell’art. 77 della Carta Costituzionale, attesa l’emergenza pandemica da Covid-19 iniziata nel 2020, il Governo ha adottato una successione di decreti legge prevedendo misure urgenti in tema di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica.

Con l’art. 67, comma 1 del D.L. 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia), il Legislatore ha previsto una sospensione dei termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso dall’ 8 marzo al 31 maggio 2020 da parte degli Uffici degli enti impositori. Tale norma emergenziale si rendeva necessaria per la paralisi che ha interessato l’attività amministrativa di controllo degli Uffici finanziari durante il periodo pandemico.

Con successivo D.L. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio), art. 157 comma 1, il Legislatore emergenziale, poi, ha inteso fare salvi dalla decadenza tutti gli atti di accertamento in scadenza tra l’8 marzo ed il 31 dicembre 2020, prevedendo che gli stessi dovessero essere emessi entro il 31 dicembre 2020 e notificati tra il 1° marzo 2021 ed il 28 febbraio 2022.

Disposizione chiare ed inequivocabili, ma secondo la tesi delle Entrate, il disposto di cui all’art. 157, comma 1, andrebbe applicato solo all’annualità 2015 con scadenza ordinaria al 31 dicembre 2020 (dunque con sottoscrizione dell’atto entro il 31 dicembre 2020 e notifica dal 1° marzo 2021 al 28 febbraio 2022).

Per le annualità “in corso” ed ancora accertabili al 2020 si produrrebbe un effetto a cascata della sospensione di cui all’art. 67, con la irragionevole conclusione che gli Uffici beneficerebbero della proroga per annualità non interessate da nessuna emergenza.

Con il Decreto 1630/2025, il Primo Presidente della S.C. accoglie la tesi dell’Erario che, nell’ambito di due rinvii pregiudiziali di due Corti di merito ( Gorizia e Lecce) li dichiara inammissibili, richiamando espressamente la norma di carattere generale prevista dall’art. 12, comma 1 del D. Lgs. 159/2015 secondo cui “le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori” derogando a quanto statuito dall’art. 3, comma 3 dello Statuto del Contribuente.

E’ giusto il caso di osservare, tuttavia, che mentre la S.C. richiama una norma generale per l’interpretazione del dettato normativo di cui all’art. 67 del D.L. 18/2020 (norma del legislatore speciale), tale richiamo mal si concilia con la previsione normativa di cui all’art. 157 del D.L. 34/2020 (norma del legislatore speciale) che nell’ambito della successione di norme nel tempo nella medesima materia è da intendersi quale abrogazione c.d. “implicita” dell’art. 67 cit. o, quanto meno, quale modificazione ed integrazione del dettato normativo precedente.

Avallando la decisione della S.C., l’art. 157 non avrebbe ragion d’essere.

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Al pari, è anche il caso di osservare come l’Ordinanza n. 960 del 15 gennaio 2025 (Sez. I Corte di Cassazione) che la Prima Presidente richiama a proprio sostegno, abbia ad oggetto un’insinuazione al passivo fallimentare da parte dell’Agente della Riscossione rispetto a un credito che veniva ritenuto prescritto a causa della paventata inapplicabilità della normativa emergenziale, non anche la decadenza di atti accertativi emessi da Enti impositori oggetto dei rinvii.

Tale pronuncia, oltre ad essere errata dal punto di vista tecnico-giuridico, è oltremodo priva di ragionevolezza, poiché si realizza di fatto una disparità di trattamento tra Amministrazione finanziaria e Contribuenti, poiché è illogico ritenere che per gli atti in scadenza al 2020, l’anno più colpito dalla crisi pandemica, il Legislatore avesse voluto ripristinare l’ordinario termine decadenziale (spostando solo il termine della notifica tra il 1° marzo 2021 ed il 28 febbraio 2022), mentre per quelli da notificare nei periodi successivi, quando ormai l’emergenza si poteva considerare superata, avesse voluto concedere un termine maggiore.

Un pasticcio della S.C. teso ad influenzare un filone ormai consolidato nelle corti di merito che ha reso, sino ad ora, giustizia al contribuente.



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