Meloni «l’equilibrista» rompe l’asse europeo e poi torna a tacere

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Il silenzio stavolta è di piombo. Se non è una scelta di parte, e della parte oggi schierata contro l’Europa, le somiglia come una goccia d’acqua. Inutilmente per tutto il giorno l’opposizione martella chiedendo al governo e alla maggioranza spiegazioni sulla scelta italiana di non firmare, unico tra i grandi Stati europei, Uk incluso, la dichiarazione congiunta dei 79 Paesi Onu che criticano le sanzioni contro la Corte penale dell’Aja decise da Trump. Applaudite a scena aperta da Netanyahu, appoggiate appena più discretamente da Orbán. Il Pd, con i capigruppi Boccia e Braga, ripete «dov’è Meloni?». Scomparsa.

Avs, con Fratojanni e De Cristofaro, alza i toni, definisce il governo «scendiletto di Trump», lo accusa di «fare la guerra alla Cpi». La replica è un silenzio perfetto. I 5S vanno anche oltre: «Meloni sta dalla parte dei criminali internazionali, come Trump». Lei non si scompone e tace. Conte aspetta la sera per lanciare il suo affondo: «Ci stanno trasformando nel Paese dell’impunità e dell’immunità. L’Italia deve firmare subito la dichiarazione contro le sanzioni». Figurarsi…

Tra i parlamentari della destra circola una lettura secondo cui la dichiarazione partiva da due Paesi di secondo piano, Sierra Leone e Liechtenstein, e impelagarsi nella tenzone sarebbe stato poco saggio, tanto più che hanno negato la firma anche Paesi importanti come il Giappone. Chiacchiere. Pesa senza dubbio lo scontro diretto tra il governo italiano e la Cpi sulla liberazione di Elmasry, durissimo di per sé. La Corte dell’Aja sta esaminando la denuncia presentata a nome di un rifugiato sudanese dall’avvocato Shatz, direttore di Front-Lex, contro Meloni, Piantedosi e Nordio per aver mancato agli obblighi «internazionali e nazionali» e abusato del loro potere per liberare Elmasry. Ieri Shatz ha confermato che si sta valutando la possibilità di presentare nuove denunce. Per ora sia il governo italiano che la Corte confermano che non ci sono fascicoli aperti ma la denuncia, anzi forse le denunce, è una minacciosa spada di Damocle. Se facesse finta di niente, la Corte ammetterebbe di fatto la propria superfluità.

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Nordio, dal canto suo, sta preparando la lettera con «richiesta di chiarimenti» rivolta alla Corte, mossa molto più bellicosa di quanto non sembrerebbe. È conseguenza diretta dell’informativa del ministro in aula: un atto d’accusa contro gli strafalcioni contenuti, a suo dire, nell’ordinanza di arresto di Elmasry. A definire il senso dell’attacco ci pensa comunque Salvini, per una volta riprendendo alla lettera le posizioni del “moderato” Tajani. Il ministro degli Esteri non l’aveva mandata a dire: «Forse bisognerebbe aprire un’inchiesta sulla Corte». Quello dei Trasporti gongola e concorda: «Invece di indagare, la Cpi dovrebbe essere indagata».

I ministri alludono solo al contenzioso tra Italia e Cpi ma nel giorno dello scontro frontale tra Ue e Usa, dopo il rifiuto dell’Italia di firmare la dichiarazione contro le sanzioni, quelle parole assumono inevitabilmente un significato più complessivo. Del resto è significativo che la premier abbia preferito tacere e far tacere nonostante l’esposizione per una volta molto netta della sua amica e alleata Ursula von der Leyen, sparata contro la mossa di Trump. Fosse per lei, la premier preferirebbe non scegliere apertamente, tenersi in equilibrio tra Usa e Ue. Ma stavolta il gioco di prestigio rischia di non essere praticabile.

Lo scontro è troppo diretto. La destra europea all’arrembaggio si è già schierata con la guerra di Trump contro la Corte. E martedì prossimo il Parlamento Ue discuterà proprio della Cpi, della decisione italiana di non ottemperare al suo mandato liberando Elmasry (su questo batte molto Avs), dell’attacco di Trump. Schierarsi, magari cercando di non farlo troppo apertamente, sarà forse inevitabile. Per l’Europa stessa, l’unica voce di gran peso in difesa della Corte, la defezione dell’Italia, terzo Paese per importanza, sarebbe disastroso. Ma non per questo Bruxelles può inchinarsi ai voleri di Trump. Giorgia l’equilibrista dovrà rompere il silenzio. Schierarsi. Tutto lascia pensare che lo abbia già fatto.



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