La scure della Corte dei Conti sul Cogesa: trasparenza, controllo e finanze, bocciate

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E’ una scure pesantissima quella che la Corte dei Conti ha calato l’altro giorno sul Cogesa: una delibera che censura la gestione, il controllo analogo, la trasparenza, il piano di risanamento e che, soprattutto, espone la partecipata al rischio fallimento, se non altro perché i pesantissimi rilievi fatti sono stati indirizzati anche al commissario giudiziale Andrea Mantini e al giudice del tribunale di Sulmona Marta Sarnelli che sta curando la procedura concorsuale.

Non solo: i giudici contabili ipotizzano profili di possibili responsabilità erariali e in modo abbastanza chiaro evidenziano i motivi, tra gli altri, perché il Cogesa non può più ottenere affidamenti in house. Inutile, insomma, che Sulmona, così come altri 18 Comuni soci la cui convenzione è scaduta, pensino di poter affidare il servizio senza gara.

Su tutti c’è il problema del controllo analogo che non funziona, né i soci si sono preoccupati di far funzionare. La Corte dei Conti riconosce al Comune di Sulmona di aver tentato di riprendere le redini della società, ma prende atto allo stesso tempo che, dopo un anno, solo 25 Comuni su 67 hanno approvato la modifica del funzionamento del controllo analogo, indispensabile per interrompere il perverso meccanismo di duplicazione dell’assemblea che ha portato lo scorso anno a rendere nulle 6 sedute su 10 e, nel 2023, 4 su 8. “Il protrarsi di un’assenza di un effettivo controllo analogo nei confronti della propria società in house – scrivono i giudici contabili – preclude la possibilità di affidamenti diretti, nonché concorre in via omissiva a determinare il protrarsi dell’attuale grave crisi finanziaria della società”.

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E infatti la situazione finanziaria appare fuori controllo, anche in relazione al piano di risanamento che la Corte dei Conti, facendo proprie e superando le criticità esposte dall’amministratore unico, ritiene in diversi punti inapplicabile.

Lo stato patrimoniale netto della società, innanzitutto, è stato eroso (con i bilanci 2021 e 2022 chiusi con oltre 3 milioni di buco), oltre il limite del 30%, mentre altri due indicatori di crisi, quello di struttura finanziaria e l’indice di disponibilità finanziaria, “presentano valori vicini al limite di superamento del rischio”. Oltre le partite ancora aperte (come quella del credito con Inps e il fondo per il Sud), poi i giudici evidenziano le discrasie e i dubbi di recupero dei crediti nei confronti dei Comuni: per Sulmona, ad esempio, tra la posta del bilancio di Cogesa e quella del Comune c’è una differenza di mezzo milione di euro. Non solo: la ricapitalizzazione per 480mila euro prevista dal piano degli advisor non rispetterebbe il divieto di soccorso finanziario e dunque non sarebbe praticabile: “La norma in esame sancisce il divieto di soccorso finanziario da parte di un ente pubblico rispetto ai suoi organismi partecipati – scrive la Corte dei Conti – e impone l’abbandono della logica del salvataggio a tutti i costi”.

Nella gestione del Cogesa, d’altronde, nonostante gli avvertimenti, poco è cambiato: la Corte dei Conti, ad esempio, fa severe censure sulla trasparenza: “Risultano delle discordanze fra i dati comunicati nei riscontri istruttori resi dalla società e i medesimi valori pubblicati nella sezione ‘Società trasparente’ – scrivono i giudici – l’omessa pubblicazione dei predetti dati determina la responsabilità disciplinare di colui che ha disposto il pagamento del corrispettivo, accertata all’esito del relativo procedimento, il pagamento di una sanzione pari alla somma liquidata, salvo risarcimento ingiusto”. Si tratta di quasi 1 milione di euro di incarichi dati tra il 2022 e il 2024, “la stragrande maggioranza (dei quali) è stata nuovamente conferita con affidamento diretto senza alcuna procedura comparativa. Non risultano – aggiunge la Corte – rappresentati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche a fondamento del conferimento diretto”. Non ultimo quello fatto a novembre scorso, e poi bloccato per le proteste dell’allora sindaco Di Piero, di 280mila euro a due avvocati (di fuori) per il recupero crediti nei confronti dei soci morosi.

Infine la gestione del personale, tra vertenze (ben 54 in corso), aumento della malattia (dalle quasi 4mila ore del periodo luglio-settembre 2023 alle quasi 7mila dello stesso periodo del 2024), alle assunzioni che “dal 2021 al 2023 (nonostante il disastro finanziario in cui versava la società, ndr) continuano a mostrare un incremento della spesa del personale rispetto ai precedenti esercizi”.

Erano e sono ancora tempi di elezioni.





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