Il sindacato delle toghe rinnova i suoi vertici. I tormenti interni di Magistratura indipendente, che teme di essere schiacciata dalle posizioni più radicali delle correnti di sinistra Area e Magistratura democratica
Tra oggi e domani saranno eletti i nuovi vertici dell’Associazione nazionale magistrati, a partire dal presidente (che sostituirà l’uscente Giuseppe Santalucia) e il segretario. Un appuntamento molto importante sul piano istituzionale, considerate le tensioni che stanno caratterizzando la politica e la magistratura, non solo attorno alla riforma costituzionale della giustizia ma anche in seguito al caso Almasri (è proprio per la concomitanza con il rinnovo dei suoi vertici che l’Anm si è astenuta dal replicare agli attacchi lanciati contro le toghe dal ministro Nordio nella sua informativa in Parlamento). Dietro la semplice domanda su chi sarà il prossimo presidente dell’Anm si cela in realtà una dinamica molto più complessa, una sorta di partita a scacchi giocata tra le varie correnti, in cui pesano anche i rapporti tra queste e le loro componenti interne (le correnti delle correnti).
Sul piano strategico, la corrente che sta vivendo maggiori incertezze in queste ore è paradossalmente quella di Magistratura indipendente, il gruppo moderato dei magistrati, risultato il più votato alle elezioni del Comitato direttivo dell’associazione, il cosiddetto “parlamentino” delle toghe. Mi ha ottenuto 11 seggi su 36, le correnti di sinistra Area e Magistratura democratica rispettivamente 9 e 6, il gruppo centrista Unicost ben 8. Infine due seggi sono andati al gruppo Articolo 101.
L’esito delle elezioni non ha pienamente soddisfatto i vertici di Magistratura indipendente, che si aspettavano un risultato migliore vista la spaccatura a sinistra e la scomparsa del gruppo di Autonomia e Indipendenza, nato da una scissione da Mi. Le “toghe rosse”, invece, seppur divise, hanno conquistato insieme più voti di Mi (15 a 11).
Essendo risultato il gruppo più votato, comunque, spetta a Mi giocare la prima carta della partita. Tutte le correnti condividono l’opposizione alla riforma costituzionale, ritenuta pericolosa per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Differenti visioni, però, emergono sulle modalità e i toni che l’Anm dovrebbe usare per esprimere questa opposizione: i gruppi di sinistra (e anche Unicost) sono a favore di forme di protesta radicali, Magistratura indipendente meno.
La nascita di una giunta unitaria dell’Anm, con dentro rappresentanti di tutti i gruppi, appare molto probabile. Ma un dilemma attanaglia i vertici della corrente moderata: chiedere o no la presidenza dell’associazione? In caso affermativo, sarebbe una giunta a guida Mi a dover gestire lo sciopero contro la riforma Nordio già proclamato per il 27 febbraio, così come tutta la campagna contro la riforma in vista del referendum confermativo. Allo stesso tempo, sarebbe una giunta a guida Mi a dover fare i conti con i risultati di queste forme di protesta, che si preannunciano tutt’altro che trionfali. Basti pensare che all’ultimo sciopero svolto dall’Anm nel 2022, contro la riforma Cartabia, aderì meno di una toga su due (il 48 per cento dei magistrati). Un fallimento epico.
In altre parole, Mi rischia di ritrovarsi con la patata bollente in mano e anche di ritrovarsi fra quattro anni al rinnovo dell’Anm priva della propria identità di corrente moderata.
Sulla base di queste valutazioni, i vertici di Magistratura indipendente potrebbero anche decidere di sedersi in seconda fila, cioè di lasciare la presidenza a un rappresentante di Area (dalla quale proveniva anche Santalucia), ottenendo la segreteria. In questo modo la corrente potrebbe esporsi di meno in occasione delle grandi proteste, differenziandosi dai gruppi più “battaglieri”.
La corrente di Area sarebbe ben lieta di confermare un proprio rappresentante alla guida dell’Anm, e di dare piena attuazione – col supporto di Md e Unicost – alla linea di opposizione frontale al governo e alle sue riforme, anche a costo di dover digerire bocconi amari (in fin dei conti, nessuno potrebbe tacciare il gruppo di incoerenza).
Spetta dunque a Mi decidere il da farsi. Con un occhio alle sue divisioni interne. Nella corrente moderata circolano tre visioni: una maggioritaria che farebbe volentieri a meno della presidenza dell’Anm, in favore di un profilo di secondo piano e apparentemente più moderato; una componente che vuole la presidenza e andare allo scontro col governo; una terza posizione che vorrebbe persino che Mi non facesse parte della giunta unitaria, nella convinzione che l’opposizione alla riforma non porterà nulla di buono. Si vedrà quale prevarrà.
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