Il nuovo piano dell’Emilia-Romagna contro le alluvioni

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Giovedì il presidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale e una delegazione dell’ANBI, l’associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, ovvero l’ente che coordina tutti i consorzi di bonifica italiani, hanno presentato un nuovo piano di gestione dell’acqua e per la prevenzione contro gli allagamenti causati dalle alluvioni. Non comprende solo un elenco di opere, ma anche nuove regole e una maggiore collaborazione tra la Regione, i consorzi di bonifica e gli agricoltori per gestire meglio le emergenze.

La prevenzione è un tema molto sentito in Emilia-Romagna, dove le alluvioni della primavera del 2023 e dello scorso settembre hanno causato miliardi di euro di danni tra case, strade, ponti, campi coltivati e aziende.

Nel maggio del 2023 in Romagna ci furono tre eventi meteorologici intensi con piogge abbondanti concentrate in poche ore: il 2, il 10 e il 16 maggio si formarono tre diversi cicloni sul mar Tirreno che, spostandosi verso est, provocarono esondazioni di centinaia di corsi d’acqua tra fiumi, torrenti e canali, così come l’allagamento di numerosi centri abitati e campi coltivati, oltre a centinaia di frane e a tutti i gravi danni che ne sono conseguiti.

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A causa degli allagamenti morirono 17 persone e migliaia rimasero senza casa, sfollate per diversi mesi. Tra il 18 e il 20 settembre del 2024, poi, c’erano state altre due alluvioni: oltre 175 millimetri di pioggia caduti in poche ore avevano causato ingenti danni soprattutto a Bologna e in provincia di Ravenna. Anche in questo caso erano esondati molti fiumi e si erano allagate strade, case e negozi.

Volontari della Protezione civile a Bagnacavallo (Fabrizio Zani/LaPresse)

Soprattutto nelle settimane successive alle prime alluvioni furono aperti migliaia di cantieri per riaprire le strade chiuse, costruire ponti e passaggi provvisori, mettere in sicurezza le frane e ripristinare le reti idriche collassate. A questi interventi più urgenti si sono aggiunti altri progetti di prevenzione, come la costruzione di muri di contenimento e di nuovi argini, l’allargamento delle vasche di laminazione o dei canali, l’installazione di paratie per intercettare il materiale trasportato dai fiumi.

– Leggi anche: Cosa fare per rendere le città a prova di alluvioni

Questi progetti sono stati commissionati in parte dalla stessa Regione e dall’ANBI, e in parte dalla struttura commissariale, gestita fino a dicembre da Francesco Figliuolo e ora affidata a Fabrizio Curcio. Il piano presentato giovedì prevede 111 opere per la costruzione di nuove infrastrutture e l’adeguamento di quelle esistenti. In totale sono stati previsti progetti per 1,2 miliardi di euro da concludere entro il 2026. Per fare i lavori sono state ingaggiate 1.100 imprese, molte delle quali emiliane e romagnole.

In questa mappa, realizzata con i dati della Regione liberati dall’associazione onData, si possono consultare tutti i cantieri urgenti commissionati in Emilia-Romagna negli ultimi due anni.

Oltre alle opere, de Pascale ha proposto un nuovo approccio all’emergenza che coinvolge anche gli agricoltori: consiste nella possibilità di allagare i campi coltivati dove costruire casse di espansione non è fattibile. È una soluzione che fu messa in pratica durante le prime alluvioni a Ravenna, la provincia allora amministrata da de Pascale. Nel maggio del 2023 nelle campagne attorno alla città furono inondati oltre mille chilometri quadrati di terreni coltivati: andò persa la produzione di circa 40mila tonnellate di grano, assieme a tonnellate di barbabietole, cicoria, carote e cavoli, ma in questo modo Ravenna fu protetta dall’alluvione.

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La Regione inoltre vuole affidarsi di più a quelle che giuridicamente vengono definite “servitù di allagamento”, cioè terreni da utilizzare durante le emergenze. Questa misura prevede che il “sacrificio” dei campi venga ricompensato con indennizzi economici definiti grazie ad accordi tra la Regione e le associazioni che rappresentano gli agricoltori. De Pascale ha detto che l’obiettivo è trovare campi a disposizione per ogni fiume nei punti non protetti da casse di espansione.

In provincia di Ravenna «creammo una cassa di espansione sul campo, in tempo reale», ha ricordato il presidente. Adesso «quell’intervento lo trasformiamo in una cassa di espansione strutturale, che non sarà sempre allagata, ovviamente. Sono terreni che rimangono coltivati, sapendo il proprietario che in caso di emergenza può essere allagato».

– Leggi anche: Come è stata protetta Ravenna dall’alluvione

Sempre in merito alle alluvioni, la Regione ha invitato la struttura commissariale a snellire le procedure per chiedere i rimborsi. Nell’ultimo anno e mezzo sull’arrivo dei soldi promessi a persone e imprenditori per sostenere i lavori di ricostruzione di case e aziende, infatti, ci sono state molte polemiche per via della lentezza con cui i soldi vengono distribuiti.

Secondo un’indagine di Legacoop Romagna, finora sono state presentate solo 2.500 domande di rimborso a fronte di 86mila soggetti – 70mila persone e 16mila imprese – che ne avrebbero diritto. Fin da subito le procedure sono state molto più lente del previsto: le persone che avevano subito danni si lamentano del sistema allestito per chiedere i rimborsi, considerato troppo complicato e lento.

Dopo la pubblicazione dei dati relativi ai rimborsi, de Pascale ha chiesto a Curcio di semplificare le regole e ha proposto quella che ha definito un’operazione di fiducia, una sorta di campagna informativa: «Noi con i nostri sportelli sul territorio, le associazioni di categoria, i sindacati, gli ordini professionali, le istituzioni locali: dobbiamo collaborare per recuperare la fiducia di cittadini e imprese nella possibilità di ricevere gli indennizzi».



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