Il CARRELLO DELLA SPESA – Pasta in bianco: il prezzo cala ma non crolla come quello del grano

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di Giovanni Vasso




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La pasta è il grande simbolo dell’Italia nel mondo e, da qualche anno, è diventata grazie alla parabola del suo prezzo, anche il paradigma dell’andamento dei costi al supermercato. Quando ci sono, i rincari sono tosti. Quando, invece, si registrano dei cali, sono (molto) più lievi. A fine gennaio, un’inchiesta di Altroconsumo ha rivelato che, dal 2021 a oggi, il prezzo della pasta è salito complessivamente del 23%. Ma il livello dei costi dell’alimento principe della cucina italiana sarebbe ancora più alto se si prendessero in considerazione i prezzi medi registratisi negli anni precedenti.

I numeri diffusi da Altroconsumo rivelano che a fine 2024, il costo medio di un chilo di pasta era pari a 1,62 euro. Un prezzo in discesa rispetto a quelli registrati a settembre ‘23, quando costava 1,66 euro. Un ribasso che si aggira intorno ai 4-5 centesimi al chilo e che, rispetto al picco registratosi nell’estate 2023 (quando il costo schizzò a 1,76 euro), si attesta a circa quindici centesimi. Meglio di niente, per carità. Ma i dati degli anni precedenti rivelano che i rincari, in proporzione, sono stati molto più pesanti. Nel 2021, secondo le rilevazioni che risalgono al mese di settembre di tre anni fa, la pasta costava 1,32 euro al chilo. Ben trenta centesimi in meno. Aggravio che si fa ancora più ampio se si considera che, l’anno prima, la pasta si vendeva a 1,25 euro al kg e che, nel 2019, il prezzo era pari a 1,19 euro al chilogrammo. Stando all’analisi di Altroconsumo, gli aumenti del prezzo della pasta non sarebbero pienamente commisurati a quelli subiti dal grano: difatti, l’associazione ha fatto notare che nel 2022, a fronte di una diminuzione del costo della materia prima agricola stimata nel 6% per il grano italiano e addirittura nel 16 per cento per quello di provenienza estera, la pasta ha continuato a subire aumenti fino al 18%. Se possibile, pure peggio è andata nel 2023 quando, a fronte di ulteriori ribassi nei prezzi del grano italiano e estero (giunti rispettivamente al 20% e al 30%), il prezzo del prodotto finito è sceso solo di uno striminzito 1%. Stessa musica l’anno scorso: le materie prime italiane e straniere hanno perduto, rispettivamente, il 15% e il 19% del loro valore ma il prezzo di un pacco di spaghetti, penne o trenette è sceso solo del 3 per cento. Per Altroconsumo, che si aspetta ulteriori discese nel costo del prodotto finito offerto in vendita ai consumatori, il ribasso non è proporzionato pur nella consapevolezza del fatto che ci sono altre voci che contribuiscono all’aggravio (o in questo caso alla mancata discesa proporzionale) dei costi finali. Tuttavia, adesso, sull’agricoltura italiana e internazionale incombono scenari che potrebbero frenare l’attesa discesa dei prezzi. Oltre agli choc legati all’aumento dei costi dell’energia, infatti, incombe la vicenda relativa ai fertilizzanti. Di cui, insieme all’Egitto, la Russia rimane tra i maggiori fornitori. E su cui, l’Ue ha disposto un nuovo pacchetto di sanzioni che hanno fatto infuriare, tra gli altri, gli agricoltori di Coldiretti secondo cui i nuovi dazi sull’urea potrebbero lanciare in orbita i costi finali spingendo fuori dal mercato, ancora una volta, i prodotti agricoli italiani ed europei.

C’è comunque da sottolineare che, per quanto attiene alla pasta, la spesa per gli italiani è calmierata solo dalle promozioni che, comunque, consentono di risparmiare fino al 20 per cento e di acquistare pasta a prezzi inferiori. Si trova inoltre più convenienza a comprare pasta a marchio del supermercato che, rispetto ai brand tradizionali (almeno secondo Altroconsumo), consente un risparmio del 35%. Di poco inferiore a quello che si può trovare nei discount dove i prezzi scendono, in media, del 37%.


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