Elezioni comunali, confermato il voto a maggio. Il Tar: «La Regione ha margini di discrezionalità»

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di
Dafne Roat

Bocciato il ricorso dei 7 amministratori. La soddisfazione di Kompatscher: «La decisione dei giudici attesta la correttezza del nostro operato». Oss Emer: «Valuteremo l’appello»​

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«Disconoscere l’esistenza di margini di discrezionalità del legislatore regionale significherebbe affermare che la potestà legislativa primaria ed esclusiva della Regione in materia di elezioni dei comuni deve ridursi a un simulacro privo di ogni autonomia». È facoltà della Regione «prevedere delle finestre elettorali diverse da quelle fissate dalla legge statale» pertanto le disposizioni adottate con il voto anticipato rientrano nel «legittimo esercizio della potestà legislativa regionale», chiarisce il Tar di Trento. Niente da fare, quindi, per i sette amministratori che si sono rivolti al Tribunale amministrativo contestando la riduzione della durata del mandato e le elezioni anticipate decise dal presidente della giunta Arno Kompatscher. Il Tar ha respinto il ricorso cautelare della cordata di sindaci e conferma il voto il 4 maggio. Contro il decreto firmato il 19 dicembre si erano schierati il sindaco di Pergine Roberto Oss Emer, Giovanna Chiarani (Drena), Andrea Brugnara (Lavis) e Clelia Sandri (San Michele all’Adige). Ma la «battaglia legale» è stata condivisa anche da tre amministratori: uno di Riva, uno di Pergine e uno di Lavis.

La sentenza del Tar

Il collegio, presieduto da Alessandra Farina, nella sentenza spiega che la Regione «nell’ambito della sua competenza primaria può legittimamente differenziarsi dalle scelte compiute dal legislatore statale in ragione delle esigenze e degli interessi peculiari del territorio» e ricorda che le disposizioni sulle quali si fonda il decreto presidenziale c’erano già prima del 2020, pertanto «l’assunto secondo cui nel caso in esame la durata del mandato sarebbe il frutto di un’estemporanea legge provvedimento è infondato». I sindaci avevano infatti puntato il dito contro la durata del mandato, iniziato in ritardo a causa della pandemia — le elezioni erano state posticipate da maggio all’autunno del 2020 — e ora agli sgoccioli. Con una riduzione del lavoro delle amministrazioni a quattro anni e mezzo anziché cinque. Secondo gli amministratori, rappresentati dall’avvocato Damiano Florenzano, la Regione avrebbe disposto «un’illegittima, quanto ingiustificata decurtazione della necessaria durata quinquennale del mandato elettivo conseguito in occasione delle elezioni svoltesi nel 2020». 




















































Le contestazioni degli amministratori

A definire la tempistica era stata la stessa Regione: «Nel 2020 la legge regionale, dopo aver stabilito che, a causa della pandemia da Covid-19, il turno elettorale originariamente previsto per maggio 2020 sarebbe stato differito all’autunno del medesimo anno, aveva nel contempo disposto in deroga all’ordinaria durata quinquennale del mandato dei sindaci e dei consiglieri, che i consiglieri comunali e i sindaci eletti, appunto, nell’autunno 2020 sarebbero rimasti in carica fino al turno elettorale generale previsto per primavera del 2025». Gli amministratori contestano proprio questa deroga e hanno sollevato una questione di illegittimità costituzionale, in quanto — sostengono — esisterebbe «un principio dell’ordinamento giuridico o una norma fondamentale di riforma economico-sociale che costituirebbe un limite alla potestà legislativa primaria in materia di elezioni comunali, secondo il quale la durata in carica degli organi elettivi sarebbe inderogabilmente di cinque anni». Ma il Tar ricorda che le norme «non concepiscono la durata di cinque anni in termini inderogabili», sono «ammessi margini di flessibilità» e la legge statale «non è incompatibile con la possibilità di deroghe». Non sarebbe stato violato, come sostenuto dai sindaci, neppure l’articolo 117 della Costituzione in quanto le norme previste dall’articolo 1 della legge regionale del 2020 (alla quale fa riferimento il decreto presidenziale) e l’articolo 217 della legge regionale 2 del 2018 non ledono il diritto dei cittadini di partecipare alla gestione degli affari pubblici attraverso assemblee elettive, ma « si limitano a dettare i criteri di individuazione delle finestre elettorali».

Oss Emer: «Intanto vado avanti con la campagna elettorale»

La decisione della Regione è stata pertanto legittima. Non si scompone Oss Emer, capofila della cordata di sindaci: «È una questione di principio, la prossima settimana incontreremo il nostro avvocato e valuteremo se ricorrere in appello. Intanto vado avanti con la campagna elettorale». Poi si lascia andare a una battuta: «Non sono un giurista, ma solitamente è il Consiglio di Stato e la Corte Costituzionale a scrivere sentenze così lunghe, scrivere venti pagine in poche ore mi fa pensare che avevano già deciso». Sollevato il presidente del Consiglio delle autonomie Paride Gianmoena, che non aveva sostenuto l’azione dei ricorrenti: «Il pronunciamento del Tar, nel rispetto delle legittime posizioni di ognuno — sottolinea — dà certezze a chi da mesi sta lavorando per formare le liste e permette di affrontare gli impegni con la dovuta serenità».

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