L’elezione di Stephen Miran, Kim Ruhl e Pierre Yared nel Consiglio Economico di Trump segna un’importante svolta nella dinamica delle politiche fiscali e commerciali statunitensi. Con uno sfondo accademico di prestigio e esperienze significative, questi esperti portano con sé una gamma di opinioni divergenti, destando l’attenzione per la loro capacità di influenzare le decisioni economiche del Presidente. In un contesto in cui il dissenso è generalmente poco tollerato, l’inserimento di voci critiche potrebbe portare a un riequilibrio delle scelte politiche.
I membri del consiglio economico: chi sono e quali esperienze portano
Il nuovo Consiglio Economico degli Stati Uniti , sotto la guida di Stephen Miran, è composto da economisti di spicco conosciuti per le loro posizioni accademiche e le loro esperienze professionali. Miran, con un dottorato conseguito ad Harvard e un trascorso come consigliere presso il Tesoro, porta una visione robusta sulle politiche fiscali e commerciali. Kim Ruhl, professore di economia presso l’Università del Wisconsin-Madison, si distingue per i suoi approfondimenti sul commercio internazionale, mentre Pierre Yared, professore alla Columbia Business School, è un esperto di macroeconomia con un focus sulla responsabilità fiscale e l’importanza dell’indipendenza delle banche centrali.
Ciò che colpisce in questo trio è la loro integrazione nel mainstream economico, con una chiara inclinazione conservatrice ma senza approcci radicali. La loro preparazione accademica e le esperienze nel settore pubblico li rendono figure di riferimento in un momento in cui le politiche economiche degli Stati Uniti sono sotto scrutinio. La composizione di questo Consiglio sembra invitare a un dialogo costruttivo e a uno scambio di idee che potrebbero influenzare profondamente le direzioni future delle strategie economiche di Trump.
Le visioni contrastanti su politiche tariffarie e commerciali
Un elemento centrale del dibattito interno al CEA riguarda le politiche tariffarie e l’equilibrio del commercio internazionale. Stephen Miran, in particolare, sostiene che gli Stati Uniti siano colpiti da squilibri significativi nel commercio, avvalorando la sua tesi con insegnamenti tratti da studi di politica tariffaria. Miran avanza la proposta di innalzare il livello medio dei dazi al 20%, evidenziandone i benefici per l’economia americana. Tuttavia, è consapevole delle critiche sollevate da altri economisti, che avvertono dei rischi connessi a tali strategie, in particolare riguardo alle ritorsioni commerciali.
Al contrario, Kim Ruhl avanza posizioni opposte, mettendo in evidenza come un aumento dei dazi potrebbe tradursi in costi maggiori per le industrie americane, minacciando la loro competitività. Ruhl sottolinea anche che, secondo i dati, l’impatto delle tariffe si riflette in un incremento dei prezzi per i consumatori americani, una realtà che contrasta con le aspettative ottimistiche di alcuni economisti. Le sue ricerche mostrano che l’idea che i dazi possano creare posti di lavoro è infondato e che le aziende statunitensi potrebbero soffrire di un’accresciuta pressione sui costi di produzione.
La posizione equilibrata di Pierre Yared
Pierre Yared riveste un ruolo intermedio rispetto ai membri del Consiglio, presentando una visione che coglie elementi di entrambi i lati del dibattito. Con una carriera di ricerca incentrata sulla interazione tra politica economica e responsabilità fiscale, Yared ha potuto sviluppare valutazioni che spesso mettono in luce tensioni tra spesa pubblica e sostenibilità economica. I suoi studi evidenziano l’importanza di mantenere vincoli rigorosi sull’indebitamento, sostenendo che l’indipendenza delle banche centrali sia cruciale nel mitigare le pressioni fiscali dovute a esigenze di spesa crescente.
Yared, pur riconoscendo i potenziali benefici del potere militare per l’economia, mette in guardia contro eccessi di spesa che potrebbero risultare dannosi nel lungo periodo. La sua posizione rappresenta una possibile via di fuga per gli economisti preoccupati dalla crescente tendenza populista nella politica fiscale, sostenendo che un approccio più cauto e misurato potrebbe favorire una stabilità economica duratura.
Il futuro del Consiglio Economico sotto la presidenza di Trump si presenta incerto, con la variabilità delle opinioni all’interno del team che potrebbe giocare un ruolo cruciale nelle decisioni future. Sarà interessante osservare se il Presidente Trump deciderà di valorizzare queste diverse prospettive oppure se si atterrà a scelte più uniformi e coerenti con la sua visione.
Ultimo aggiornamento il 8 Febbraio 2025 da Sofia Greco
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