Dopo il sabotaggio avviato negli ultimi giorni la chiusura d’ufficio è arrivata con metodi caratteristicamente sbrigativi.
«CLOSE IT DOWN!» (Chiudetela!) ha scritto Donald Trump con le solite maiuscole sul social personale Truth a proposito dell’agenzia americana per la cooperazione internazionale (Usaid), dopo aver ripetutamente denunciato il dicastero come coacervo di «frodi e spreco» amministrato da «folli radicali». I talking point sono rimbalzati nella sala stampa della Casa bianca dove la portavoce Karoline Leavitt ha elencato esempi di «abusi» quali un fantomatico programma federale per fornire «50 milioni di dollari di preservativi ad Hamas» (la cifra è successivamente cresciuta a 100 milioni). In regime post-fact checking anche questo dato è diventato virale amplificato su stampa e social senza verifica.
SUL SITO oscurato dell’agenzia è rimasta solo una pagina con la direttiva unica per gli impiegati (oltre 10.000, di cui Trump intende mantenere meno di 300) di cessare ogni attività e, qualora di stanza all’estero, iniziare i preparativi per il rimpatrio entro 30 giorni
Tutto in linea con l’ennesimo ordine esecutivo che decreta che «nessuna ulteriore assistenza internazionale verrà elargita dagli Stati uniti con modalità che non siano pienamente allineate con la politica estera del Presidente».
La dicitura secondo cui la politica estera è prerogativa unica e diretta del presidente è tratta dalle direttive del Project 2025, il programma per la «decostruzione dello stato amministrativo» e la costituzione di un poter esecutivo con facoltà di soprassedere alle direttive e gli stanziamenti approvati, come in questo caso, dal Congresso.
LA PRATICA del cosiddetto impoundment è stata dichiarata specificamente inammissibile da una legge del 1974, ma fa parte del piano di trasgressioni costituzionali dettagliato fra gli altri da Russell Vought, architetto di Project 2025 che ieri ha assunto la direzione dell’ufficio per la gestione del bilancio. Da quella posizione, e con gli hacker di Elon Musk in controllo dei server del ministero del Tesoro, il prossimo dichiarato obbiettivo è di commissariare anche il sistema di pagamenti del governo.
Nel quadro della ristrutturazione radicale dell’apparato statale e costituzionale, la Usaid è un bersaglio scelto accuratamente per inserirsi in una linea xenofoba utilizzata in chiave nazionalpopulista con ricadute interne relativamente lievi (in realtà ce ne saranno, ad esempio sugli agricoltori che forniscono derrate per l’assistenza). Un “caso di studio” ad ogni modo, che dovrebbe costituire il modello per prossime decurtazioni, compreso il ministero per l’educazione, prossimo sulla lista.
Tutti gli impiegati pubblici sono infatti già stati notificati dell’interruzione di impiego con l’offerta di una buonauscita (sette mesi di stipendio). Il termine ultimo per l’accettazione (pena licenziamento senza benefit) era stato fissato per giovedì sera, ma è in seguito stato rimandato anche a causa dell’ingiunzione di un giudice federale a seguito del ricorso presentato al sindacato degli statali.
L’OBBIETTIVO dichiarato rimane tuttavia l’eliminazione di tutti i 2 milioni di impiegati federali e la loro sostituzione con una forza lavoro di 20.000 persone di certificata «affinità» col presidente. Oltre a costituire un autogolpe autoritario, come ha scritto ieri Paul Krugman, la decurtazione è indice anche di una radicale inversione di policy nazionale. Nello specifico la Usaid, istituita da Kennedy nel 1961, è stata strumento strategico di proiezione geopolitica impiegando l’assistenza come soft power americano nel mondo. La decisione di ieri ha ottenuto il plauso paradossale di Putin e costituisce di fatto un’apertura alla Cina di Xi per occupare spazi di influenza globale. Come hanno sottolineato molti operatori promette anche di costare molte vite di soggetti a rischio che nel mondo dipendono dagli aiuti.
PIÙ CHE SEMPLICE isolazionismo la decisione sottolinea insomma la fine definitiva delle politiche di dopoguerra e Guerra fredda, e di un «secolo americano», a favore di una proiezione egemonica più transazionale ed opportunista. Una visione che sembra accomunare Trump e il “consigliere” Musk, titolare, nell’ultimo decennio, di appalti governativi per un valore di oltre 15 miliardi di dollari.
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