Clamorosa decisione dei vertici del Dis, che denunciano il magistrato ai pm di Perugia. Sul caso dello spyware contro giornalisti e ong, ecco le prove che portano ad Aise e Aisi
Per capire cosa c’è dietro la storia dello spyware israeliano Graphite, in mancanza di spiegazioni esaurienti non resta che andare per esclusione e leggere in filigrana le scarne dichiarazioni rilasciate finora dagli attori in campo. Ciò che emerge è il sospetto che Giorgia Meloni abbia mentito: due giorni fa Palazzo Chigi ha infatti assicurato che né il governo né l’intelligence hanno nulla a che fare con lo spionaggio nei confronti del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e del cofondatore della ong Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini. Quello che ha ricostruito Domani, però, fa pensare che ad usare lo spyware siano stati proprio i servizi segreti italiani.
«La Presidenza del Consiglio esclude che siano stati sottoposti a controllo da parte dell’intelligence, e quindi del Governo, i soggetti tutelati dalla legge 3 agosto 2007, n. 124, compresi i giornalisti», ha scritto mercoledì Palazzo Chigi, dopo le prime notizie sul caso.
Il giorno dopo sia The Guardian che Haaretz, citando fonti anonime, hanno rivelato che Paragon Solutions, la società israeliana che vende Graphite, ha interrotto i rapporti contrattuali con l’Italia per via di possibili abusi. Haaretz ha aggiunto che Paragon «lavora esclusivamente con entità statali» e fino alla recentissima rescissione aveva due contratti attivi in Italia, uno con «una forza di polizia» e l’altro con «un’agenzia di intelligence». Paragon non ha smentito. Di norma, è il Dis che in Italia compra i servizi che poi vengono usate dalle agenzie operative, Aise e Aisi.
I soliti sospetti
Un giornalista o un attivista, così come qualsiasi altro cittadino, possono essere intercettati dalle forze di polizia solo se un giudice ha dato loro il permesso di farlo. Per i giornalisti il tema è particolarmente delicato: in gioco ci sono le fonti, i cui rapporti sono protetti dalla legge. Non sarebbe tuttavia la prima volta che un cronista viene intercettato seppur non indagato.
Nel 2021 proprio Domani rivelò che la procura di Trapani, in un’inchiesta sulle ong che soccorrevano migranti nel Mediterraneo, aveva intercettato le telefonate della reporter Nancy Porsia e di altri colleghi nonostante non fossero indagati. Ma questa volta il caso sembra diverso.
Ieri Repubblica ha scritto che Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza non hanno in dotazione Graphite, aggiungendo però che di recente la Polizia ha utilizzato un captatore informatico israeliano per alcune indagini. Alle domande di Domani, il Dipartimento della pubblica sicurezza (che coordina tutte le forze di polizia) si è limitato a rispondere di non avere mai utilizzato lo spyware di Paragon Solutions. Se è vero quanto scritto da Haaretz, ad usarlo sarebbero stati dunque i servizi. Aisi o Aise?
In teoria c’è un’altra ipotesi, e cioè che i cittadini italiani coinvolti – a Cancellato e Casarini ieri si è aggiunto Beppe Caccia, armatore della nave Saving Humans, usata da Mediterranea – siano stati intercettati da un altro Paese. Visti i nomi delle vittime emerse, si potrebbe pensare alla Libia o alla Tunisia, entrambe nazioni che hanno firmato con l’Italia accordi segreti sulla gestione dei flussi migratori.
L’ipotesi però non convince: oltre a non essersi mai occupato in modo approfondito di questioni migratorie, Cancellato ci ha detto che prima di questa disavventura non aveva praticamente mai avuto rapporti con Casarini: «Non avevo neanche il suo numero di telefono».
Può essere allora che Cancellato interessasse ai servizi italiani per altre questioni, slegate dall’immigrazione? E se l’Italia avesse acquistato lo spyware girandolo poi a un altro Paese? «In linea teorica non è da escludere: in passato ci sono stati casi del genere avvenuti in altre nazioni», dice una fonte che ha lavorato per anni nel settore degli spyware. Sono solo ipotesi, ma spiegherebbero l’accaduto senza smentire le dichiarazioni fatte da Palazzo Chigi.
Il caso Caputi
Sul caso Paragon ieri intanto ha detto la sua Matteo Salvini, collegando i servizi italiani alla vicenda dello spyware: «Non so se ci fosse questo software, non so da chi fosse usato, per quali motivi, sicuramente è fondamentale un momento di chiarezza in quelli che paiono regolamenti di conti all’interno dei servizi di intelligence», ha dichiarato il vicepremier. Che ha aggiunto: «Che ci siano paginate quotidiane dove agenti segreti attaccano altri agenti segreti, invece di difendere l’interesse nazionale, questo sì è preoccupante».
Il riferimento va al caso di Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Meloni, e agli accertamenti svolti dall’Aisi nei suoi confronti. Caputi aveva denunciato alla Procura di Roma, per rivelazione di segreto, il direttore di Domani e alcuni dei suoi giornalisti. Cercando le loro fonti, i pm hanno però scoperto che a fare ricerche su Caputi in alcune banche dati riservate in realtà erano stati tre account intestati al Dis, e che le informazioni raccolte nulla avevano a che fare con quanto poi pubblicato da Domani.
Su richiesta della Procura, il Dis aveva poi fornito i dettagli spiegando che a condurre le ricerche era stato l’Aisi. Tutte queste informazioni sono state allegate al fascicolo d’indagine e poi trasmesse dalla Procura agli indagati, cioè i cronisti di Domani che le hanno poi pubblicate svelando l’intrigo. La vicenda ha scatenato veleni all’interno del governo e dei servizi, oltre ad attacchi nei confronti del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi.
Proprio ieri il Dis ha fatto sapere di aver presentato un esposto contro Lo Voi, accusandolo di aver violato la legge sui servizi segreti, cioè in pratica di aver diffuso le informazioni ricevute. La denuncia s’inserisce in un quadro che vede la premier contrapposta proprio a Lo Voi dopo che quest’ultimo l’ha messa sotto indagine.
«Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona», ha annunciato Meloni lo scorso 28 gennaio definendo l’indagine «un danno alla nazione». Parole «inaccettabili», con le quali la premier ha «irriso» il procuratore, ha detto ieri il consigliere indipendente del Csm, Andrea Mirenda, che per questo ha chiesto al comitato di presidenza del Csm l’apertura di una pratica a tutela di Lo Voi.
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