“Twiga”, annullate le condanne. Ma i giudici confermano: “Illegittimità macroscopiche”

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 


OTRANTO – Suona come un verdetto di colpevolezza la sentenza d’appello con la quale sono state annullate le condanne inflitte nel processo sulla realizzazione del resort di lusso “Twiga Beach Club”, in località Cerra, a Otranto.

“Con il pretesto di far realizzare degli accessi al mare e sulla base di false attestazioni, di fatto, il progetto autorizzato consentiva, illegittimamente, l’esecuzione di opere non realizzabili in un tratto costiero a destinazione agricola e tutelato, di particolare valore paesaggistico e ambientale, oltre che assai fragile dal punto di vista geomorfologico e nel quale la balneazione risultava inibita perché pericolosa”: è uno dei passaggi più “eloquenti” contenuto nelle motivazioni depositate in queste ore  dalla corte d’appello di Lecce.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Nel motivare il verdetto emesso il 9 dicembre del 2024, il collegio, composto dal presidente Domenico Toni e dalle giudici Antonia Martalò e Silvia Minerva, ha spiegato che non sono emersi elementi tali da poter escludere la responsabilità degli imputati in merito all’abusivismo edilizio e al falso. Si chiarisce così, senza mezzi termini, che il proscioglimento non potesse essere disposto nel merito, ma unicamente quale presa d’atto dell’intervenuta prescrizione dei due reati (per il primo era già stata riscontrata dal tribunale) contestati all’ex sindaco di Otranto Pierpaolo Cariddi, 57 anni, nel ruolo di progettista e direttore dei lavori  (condannato in primo grado a tre anni e nove mesi di reclusione);  a Raffaele De Santis, 77, di Otranto, legale rappresentante della società “Cerra” committente dei lavori (per il quale la pena era stata di tre anni e tre mesi); a Emanuele Maggiulli, 58, di Muro Leccese, all’epoca dirigente comunale dell’area tecnica (per il quale il verdetto era stato di quattro anni).

Tra le contestazioni riconosciute nel primo processo c’era anche l’abuso d’ufficio, per il quale è stato disposto il non doversi procedere non essendo più considerato reato.

L’assoluzione nel merito, dunque, con la formula “perché il fatto non sussiste”, ha riguardato solo l’accusa minore mossa dall’inchiesta, quella di occupazione abusiva del demanio marittimo legata alla realizzazione di un accesso al mare attraverso una scaletta realizzata con gradoni in pietra, che veniva attribuita all’ex sindaco e a De Santis. Per i giudici, mancano gli elementi costutivi di tale reato, poiché questi non si sarebbero procurati la possibilità di uso e godimento, in via esclusiva, del bene demaniale, sottraendolo alla collettività né avrebbero ostacolato il passaggio al mare agli aventi diritto per riservarlo a sé e ai propri clienti.

Quanto al resto, la Corte, in sintonia alle valutazioni del tribunale, ritiene che i permessi di costruire e le autorizzazioni paesaggistiche furono “macroscopicamente illegittime” svelando come, pur se adottati in conformità all’articolo 69 delle norme tecniche di attuazione nell’ottica di autorizzare un chiosco con servizi minimi essenziali a ridosso di un percorso di accesso al mare, in realtà consentissero la costruzione di un’articolata struttura, non provvisoria, benché idealmente rimovibile, composta da più vani con annessa piscina, destinata a complesso turistico ricettivo. L’obiettivo sarebbe stata dunque la creazione di un vero e proprio stabilimento balneare in cui offrire intrattenimento musicale e danzante e servizio di ristorazione, con caratteristiche e dimensioni assolutamente incompatibili con le ragioni che avrebbero giustificato il rilascio di quei permessi e che oltretutto risultava anche separata e non comunicante rispetto al percorso di accesso al mare.

Ricorda ancora la Corte nell’approfondire la vicenda che gli interventi sarebbero stati realizzati in un tratto di costa nel quale la balneazione era da tempo inibita, a causa dell’elevato rischio di smottamento e di crollo dei costoni rocciosi, con un formale divieto di balneazione mai revocato e in ragione del quale non sarebbe mai stato possibile autorizzare neppure un eventuale semplice chiosco.

Essendo stata confermata l’abusività di tutte le opere sotto il profilo sia urbanistico che ambientale, la Corte ha disposto la trasmissione delle sentenze di primo e secondo grado al Comune di Otranto per le determinazioni di competenza ai fini dell’adozione dei provvedimenti amministrativi di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi.

Le reazioni della sindaca e di Flavio Briatore

Dopo il verdetto di primo grado, gli imputati, assistiti dagli avvocati Gianluca D’Oria (Cariddi), Antonio Quinto (Maggiulli), Roberto Sisto e Adriano Tolomeo (De Santis), avevano impugnato la sentenza in appello, ottenendo così l’annullamento delle condanne, di cui solo oggi si conoscono le motivazioni. Non si fecero attendere però le reazioni della sindaca di Lecce Adriana Poli Bortone e di Flavio Briatore che, inizialmente coinvolto nel progetto, ritirò il proprio marchio Twiga, alla luce dell’inchiesta sfociata, nel maggio del 2017, nel sequestro.

I loro commenti suonarono come una tirata di orecchie alla magistratura, e in particolare nel caso dell’imprenditore in accuse esplicite finalizzate a screditare le toghe, tanto da sollecitare l’intervento del procuratore Guglielmo Cataldi e a seguire dell’Associazione nazionale magistrati.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

A fare chiarezza una volta per tutte ci hanno pensato dunque gli stessi giudici firmatari del dispositivo che tanto aveva scatenato reazioni a catena, inclusa la valutazione di un esposto al Csm annunciata da uno dei legali di un imputato (non tra quelli di questo procedimento, ma di uno connesso), l’avvocato Giuseppe Fornari, confermando un principio che dovrebbe essere noto a tutti, quanto meno a chi ambisca a commentare le sentenze e l’operato di pm e giudici: la prescrizione non è un verdetto di condanna, è vero, ma neppure di non colpevolezza.

LeccePrima è anche su Whatsapp. Seguici sul nostro canale.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura