Ricavi manifatturiero in crollo nel 2024. Pesano auto e moda. L’analisi di Prometeia e Intesa Sanpaolo

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L’industria italiana dovrebbe tornare a crescere nel corso del 2025, in un quadro internazionale comunque ancora improntato all’incertezza. Questo è quello che emerge dal  “Rapporto Analisi dei Settori Industriali Febbraio 2025” con realizzato da Prometeia in collaborazione con Intesa Sanpaolo. L’indice di fiducia è in risalita nella rilevazione di gennaio, indicando un miglioramento delle attese su ordini e produzione. La ripartenza della domanda europea potrà favorire il recupero delle esportazioni. Già a partire dai mesi estivi del 2024, infatti, l’export italiano di beni manufatti destinati ai paesi UE si è riportato su un sentiero di moderata crescita (+1,9 a prezzi costanti e +1,6% a valori correnti, nel quadrimestre luglio-ottobre), arginando le difficoltà del primo semestre

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L’industria manifatturiera si è confermata debole nel corso del 2024, con una generale flessione della produzione che ha colpito l’Italia (-2,2% nel complesso dei primi 11 mesi) e in misura ancor più marcata Francia (-3,2%) e Germania (-4,8%), attualmente l’anello più debole dell’industria europea. In controtendenza la Spagna (+0,7%), che comunque viaggia su livelli produttivi ancora inferiori al pre-Covid. Nel bimestre ottobre-novembre emergono segnali di attenuazione del ritmo di caduta della produzione industriale in Italia e Germania, e di riattivazione dell’export di beni intermedi Italia-UE, soprattutto di Metallurgia (+6,6% a prezzi costanti, nel bimestre settembre-ottobre 2024) e Intermedi chimici (+4,4%), che sembrano preludere alla ripartenza del ciclo europeo.

Il fatturato è ancora in calo, ma si conferma su livelli storicamente elevati

Il fatturato manifatturiero non mostra al momento segnali di inversione di tendenza, per un calo complessivo del 2,5% a prezzi costanti (primi 11 mesi) e del 3,6% a valori correnti, dove incide anche la dinamica cedente dei prezzi alla produzione (-1,1% nel medesimo periodo). Si tratta però di un ripiegamento che mantiene il giro d’affari su livelli storicamente elevati, sopra i 1.100 miliardi di euro, non distanti dal record del biennio 2022-23.

Produzione industriale delle principali manifatture UE (var. % su corrispondente, dati grezzi). Fonte: elaborazioni su dati Istat ed Eurostat

Migliore tenuta sui mercati esteri, in sofferenza il mercato interno

La contrazione del fatturato a valori correnti è più intensa per la componente interna del giro d’affari, superiore al 3% nei primi 11 mesi del 2024, a fronte di un calo meno marcato della componente estera (-1,7%), che trova riscontro anche in una performance di relativa tenuta delle nostre esportazioni. In termini cumulativi gennaio-ottobre 2024, infatti, le vendite estere di beni manufatti risultano sostanzialmente stabili sui livelli del corrispondente periodo dell’anno precedente, sia in valore (-0,1%) sia in quantità (+0,5%), grazie soprattutto al mercato statunitense. Si è osservata, al contrario, una generale sofferenza dell’export destinato all’Europa Occidentale, almeno fino al primo semestre. Solo a partire dai mesi estivi, infatti, le esportazioni destinate ai paesi UE si sono riportate su un sentiero di moderata crescita (+1,9% a prezzi costanti e +1,6% a valori correnti, nel quadrimestre luglio-ottobre).

Il ranking settoriale fa emergere un quadro manifatturiero a più velocità

I settori manifatturieri italiani stanno marciando a più velocità in termini di fatturato deflazionato, riflettendo la diversa capacità di competere sui mercati esteri ma anche l’impatto dell’incertezza su consumi e investimenti, soprattutto sul mercato interno. I settori più resilienti si confermano Farmaceutica, in assoluto il più dinamico della manifattura italiana (+6,3% il fatturato deflazionato nei primi 11 mesi 2024), Largo Consumo (+4,9%), Alimentare e bevande (+1,2%) ed Elettrotecnica (+1,2%). Si tratta di settori molto attivi sui mercati esteri e con condizioni di domanda interna meno penalizzanti. Per l’Alimentare e bevande si segnala, in particolare, un’accelerazione nelle ultime rilevazioni (+1,8% nel trimestre settembre-novembre), sulla scia di una graduale risalita del reddito disponibile delle famiglie, dopo la fase inflativa più acuta. L’Elettrotecnica beneficia invece del sostegno della doppia transizione digitale e ambientale.

Tra i settori produttori di beni intermedi, solo la Metallurgia evidenzia una crescita del fatturato deflazionato nei primi 11 mesi del 2024 (+3,3%), trainata dai metalli non ferrosi destinati alla transizione e dall’oro, bene rifugio in situazioni di grande incertezza. Complessivamente stabile sugli 11 mesi la performance degli Intermedi Chimici e dei Prodotti e materiali da costruzione, che nelle ultime rilevazioni hanno anzi registrato un recupero di fatturato, legato a comparti come cemento e calcestruzzo, più direttamente attivati dalle opere pubbliche. La performance cumulata è negativa per i Prodotti in metallo (-3,3%, 11 mesi 2024) e gli Altri intermedi (-1,7%), in ulteriore peggioramento in coda d’anno. Negli Altri intermedi, il rimbalzo della filiera cartaria non è riuscito a compensare il ripiegamento dei prodotti in legno, legati al ciclo dell’edilizia residenziale e dei prodotti in gomma, legati all’Automotive, il settore più in difficoltà nel quadro complessivo (-14,8% sugli 11 mesi) per via della difficile transizione all’elettrico e di una domanda europea depressa.

Tra i settori meno performanti della classifica troviamo anche il Sistema Moda (-8,5% su base cumulativa, 11 mesi), dove la fase di difficoltà si estende anche al segmento del lusso, l’Elettronica (-7,3%) e la Meccanica (-6,5%), che hanno risentito dello stallo del ciclo degli investimenti 2024. Poco brillanti anche i produttori di durevoli per la casa, Mobili e soprattutto Elettrodomestici, dove le dinamiche di rallentamento della domanda si intrecciano con situazioni di crisi ormai strutturali.

Clima di fiducia, totale manifatturiero (indice 2021=100). Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

Migliorano le aspettative delle imprese manifatturiere, soprattutto nel comparto dei beni strumentali

L’industria italiana è attesa tornare a crescere nel corso del 2025. Il clima di fiducia rilevato da Istat segnala un miglioramento del sentiment delle imprese nel mese di gennaio. Le attese su ordini e produzione stazionano ancora su livelli depressi ma emergono, al contempo, aspettative meno negative sull’andamento dell’economia. Il recupero di fiducia è trainato dal comparto dei beni strumentali e anticipa una ripartenza degli acquisti di macchinari e attrezzature, dopo lo stallo del 2024, con ricadute positive sulla filiera Metalmeccanica. Conferme in tal senso giungono dall’indagine Banca d’Italia condotta tra novembre e dicembre 2024. Le imprese, pur continuando a fare i conti con un contesto ancora incerto, prefigurano un’espansione degli investimenti già nella prima metà del 2025, di pari passo con la discesa dei tassi di interesse.

In ripresa, nella rilevazione di gennaio, anche l’indice di fiducia delle costruzioni. Gli investimenti nel settore, per quanto in fisiologico ripiegamento con la fine del Superbonus, continueranno a trovare spunti di crescita nei progetti di infrastrutturazione del paese, sostenuti dai fondi del PNRR, esercitando un effetto traino sui settori industriali attivi lungo la filiera.

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Il rientro dell’inflazione rafforzerà i consumi

La variabilità che ancora si osserva nelle quotazioni energetiche, legata ai conflitti in corso, non sembra al momento intaccare le scorte in modo rilevante e alimentare nuove impennate dei costi operativi delle imprese, con effetti sul percorso deflativo e di allentamento monetario. Il taglio dei tassi, legato al percorso di graduale rientro dell’inflazione, avrà effetti positivi anche sui consumi, unitamente a un miglioramento dell’occupazione e agli effetti positivi dei rinnovi contrattuali. A beneficiarne, sul mercato interno, saranno però soprattutto i prodotti alimentari e i consumi di servizi, a fronte di una debolezza ancora diffusa dei consumi di beni del Sistema moda e di beni durevoli, soprattutto di Autoveicoli.

Anche a livello europeo, le attese sono per una maggiore spinta dei consumi nel 2025. Da segnalare come, già a partire dai mesi estivi, si sia verificata un’accelerazione delle esportazioni italiane di beni di consumo verso i mercati UE (Alimentare e bevande +7,9%, Largo consumo +6,3% a prezzi costanti, nel bimestre settembre-ottobre), che segnala una graduale ripresa del potere d’acquisto delle famiglie.

Rapporto tra il valore delle esportazioni del settore verso gli Stati Uniti e il totale export settoriale verso il mondo. Ordinamento per peso delle esportazioni settoriali verso gli Stati Uniti. Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

Sullo scenario prospettico gravano rischi al ribasso sulla crescita, ad iniziare dai dazi

Le aziende italiane si troveranno comunque a operare in un contesto ancora denso di incognite e di potenziali rischi al ribasso sulla crescita. L’evoluzione delle politiche commerciali della nuova amministrazione americana è tra i fattori più destabilizzanti del quadro prospettico. Le minacce in merito all’introduzione di nuove barriere tariffarie, che si aggiungerebbero a quelle già in vigore, potrebbero penalizzare le vendite in uno dei mercati più rilevanti per il nostro export manifatturiero, soprattutto per importanti settori quali Meccanica, Alimentare e bevande, Automotive e Sistema moda, che destinano al mercato Usa oltre il 12% del loro export.

L’importanza strategica di alcune produzioni, sia per il potenziamento della base produttiva statunitense, nel caso specifico della Meccanica, sia per la fitta rete di investimenti Italia-Usa (ed Europa-Usa, più in generale), fa propendere verso l’adozione di soluzioni negoziali, al fine di garantire il mantenimento dello status quo, che non ha precluso la crescita delle nostre esportazioni nell’ultimo quinquennio.

Va poi considerato come l’eventuale inasprimento delle barriere tariffarie potrebbe essere parzialmente controbilanciato da un tasso di cambio Euro/Dollaro che si è rafforzato post-elezioni presidenziali, rendendo potenzialmente più conveniente l’acquisto di prodotti europei da parte del mercato americano.



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