No autovelox, perquisite la sede e la casa del leader del comitato: «Diamo fastidio»

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di
Roberta Merlin

Belluno, sequestrati computer e telefono dopo la denuncia del prefetto di Belluno per diffamazione. L’associazione: «Lo avevamo denunciato per omissione di atti d’ufficio»

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Altvelox, l’associazione degli utenti della strada che da mesi denuncia prefetti, comandanti della polizia locale e sindaci per presunte irregolarità degli autovelox installati in Veneto, è finita all’attenzione della procura. Ieri mattina gli agenti della Digos hanno bussato alla porta della sede di Belluno, in via del Boscon, e nella residenza del presidente Gianantonio Sottile, sequestrando il computer e il telefono utilizzati per le attività associative. La perquisizione è stata disposta dal pubblico ministero della procura di Belluno Roberta Gallego a seguito di una denuncia-querela per diffamazione sporta dal prefetto Antonello Roccoberton.

Denunce incrociate

L’associazione, nei giorni scorsi, aveva ipotizzato a carico del prefetto di Belluno il reato di omissione di atti di ufficio nei confronti dei Comuni che non avrebbero realizzato i piani urbani di sicurezza, necessari per l’installazione degli autovelox. «Lo scorso 15 gennaio è stato pubblicato sul nostro blog che il prefetto di Belluno era stato da noi denunciato per aver omesso di segnalare al ministero delle Infrastrutture e Trasporti i Comuni che si erano resi inadempienti – spiega l’associazione in una nota, poco dopo la perquisizione -. Pertanto, nei suoi confronti sono state depositate 25 denunce che, fino ad oggi, non hanno suscitato alcun interesse da parte del l’autorità giudiziaria. Il prefetto, dunque, sentitosi offeso ci ha denunciati per una presunta diffamazione, reato che a portato ad una perquisizione e al sequestro di un computer e del telefono contenenti tutte le attività e le comunicazioni riservate svolte dall’associazione. Siamo consapevoli che le nostre attività stanno dando fastidio alle istituzioni, ma crediamo che il “modus operandi” abbia oltrepassato ogni limite di buonsenso».




















































La sentenza all’origine del dibattito

Altvelox fa dunque sapere «di avere interpellato i parlamentari di riferimento affinché presentino una formale protesta al ministero della Giustizia al fine di comprendere se tali modalità repressive” siano da considerarsi legittime». La battaglia a suon di querele, portata avanti dall’associazione dei multati, «contro l’abuso o l’uso scorretto» dei dispositivi per il controllo della velocità, si è inasprita, in particolare, dopo la sentenza della Cassazione dello scorso maggio, con cui i giudici delle Sezioni unite hanno specificato che l’omologazione e l’approvazione degli autovelox sono due procedure distinte e, dunque, entrambe necessarie. Da lì, l’ondata di denunce, ben 94, inviate da Altvelox a prefetti, comandanti della polizia locale e sindaci del Veneto in merito alla presunta irregolarità dei dispositivi fissi utilizzati dai Comuni per sanzionare gli automobilisti indisciplinati.

Comuni in ordine sparso

Il 23 gennaio, una circolare del Ministero è intervenuta sulla spinosa questione: secondo il parere dell’avvocatura dello Stato l’omologazione dei dispositivi equivale all’approvazione, dunque le sanzioni non vanno annullate. Dopo la sentenza della Cassazione, alcuni Comuni, tra cui Feltre, Val di Zoldo, San Tomaso Agordino, Cencenighe, Sedico e, in un primo momento, anche Belluno, avevano deciso di spegnere i velox per non venire sommersi dai ricorsi degli automobilisti. Secondo, però Altvelox «l’attuale sistema di approvazione degli autovelox non ha mai ottenuto il necessario parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in quanto i decreti attuativi previsti per regolamentare l’omologazione non sono mai stati emanati». Di conseguenza quasi tutti gli autovelox installati sarebbero illegittimi.

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