l’Onu chiede agli Usa di revocare le sanzioni, ma l’Italia non firma

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È scontro sulla Cpi. Poche ore dopo l’ordine esecutivo firmato da Donald Trump, arriva via social la replica della Corte penale internazionale. «La Cpi – si legge nel post – condanna l’emanazione da parte degli Stati Uniti di un ordine esecutivo volto a imporre sanzioni ai propri funzionari e a danneggiare il loro lavoro giudiziario indipendente e imparziale». Il presidente degli Stati Uniti ha infatti firmato nella notte l’ordine esecutivocontro il Tribunale dell’Aia, «colpevole» di aver preso di mira Stati Uniti, Israele e i suoi alleati: previste sanzioni finanziarie e il blocco dei visti per tutti i funzionari della Corte coinvolti nelle indagini su Usa e alleati. Nel testo diffuso dalla Casa Bianca si vieta l’ingresso negli Stati Uniti a dirigenti, dipendenti e agenti della Cpi, nonché ai loro familiari più stretti e a chiunque si ritenga abbia assistito il lavoro investigativo della Corte. Il decreto prevede anche il congelamento di tutti i beni detenuti negli Stati Uniti da queste stesse persone. I nomi delle persone interessate non sono stati resi noti immediatamente. La Cpi ha risposto sottolineando che «sostiene fermamente il suo personale e si impegna a continuare a fornire giustizia e speranza a milioni di vittime innocenti di atrocità in tutto il mondo, in tutte le situazioni che si presentano». E in una nota pubblicata sul sito, la Cpi invita «i 125 Stati membri, la società civile e tutte le nazioni del mondo a stare uniti per la giustizia e i diritti umani fondamentali». L’Italia, però, ha deciso di non firmare. 

Trump sanzionerà la Cpi per indagini su Usa e Israele. E un giudice federale blocca gli esodi per i dipendenti pubblici

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Von der Leyen: «Cpi sia libera di lottare contro impunità»

«La Cpi garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale. L’Europa sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale», ha scritto su X la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, oggi in visita a Danzica, ospite della presidenza di turno polacca.

Il ruolo di Orbán

Il premier ungherese Viktor Orbán, invece, ha chiesto di “rivedere” la partecipazione dell’Ungheria alla Corte penale internazionale (Cpi) dopo l’ordine esecutivo firmato Trump, che prevede sanzioni contro i membri della Corte. «È tempo per l’Ungheria di rivedere ciò che stiamo facendo in un’organizzazione internazionale che ha sanzioni da parte degli Stati Uniti», ha detto, accogliendo i «nuovi venti» nella politica internazionale e, in particolare, l’arrivo del «tornado Trump».

Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ritiene «comprensibile» il passo compiuto da Trump, poiché concorde con lui che la Cpi è diventata «uno strumento politico parziale». Trump, che aveva già imposto sanzioni contro la Cpi nel corso del suo primo mandato, ha denunciato la Corte con sede all’Aia come dannosa per gli Stati Uniti e per alleati chiave come Israele, sul cui premier, Benjamin Netanyahu, pende un mandato di arresto internazionale. La posizione ungherese ancora una volta non coincide con quella della grande maggioranza dei partner Ue. Solo poche ore fa, il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha criticato sui social le misure di Trump contro la Cpi, sottolineando che mettono a rischio «l’indipendenza» del tribunale e rappresentano un attacco «al sistema di giustizia penale internazionale nel suo complesso».

Scholz: «Sbagliato imporre sanzioni alla Cpi»

«Io ritengo che sia sbagliato imporre delle sanzioni alla Corte penale internazionale». Ci si può anche arrabbiare di qualcosa e litigare, «ma le sanzioni sono il mezzo sbagliato». Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, nel corso di una manifestazione elettorale a Luwigsburg in vista del voto del prossimo 23 febbraio. «Queste mettono in pericolo un’istituzione che dovrebbe fare in modo che i dittatori di questo mondo non perseguitino la gente e facciano scoppiare delle guerre», ha aggiunto.

L’Onu: revocare sanzioni alla Cpi

L’Onu chiede agli Stati Uniti di revocare le sanzioni alla Corte penale internazionale. «Deploriamo profondamente le sanzioni individuali annunciate ieri contro il personale della Corte e chiediamo che questa misura venga revocata», ha dichiarato la portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani Ravina Shamdasani.

L’Italia non firma contro le sanzioni Usa alla Cpi

Ci sono anche i big della Ue (Germania, Francia, Spagna) e la Gran Bretagna ma non l’Italia tra i firmatari della dichiarazione congiunta dei 79 Paesi membri della Corte penale internazionale (Cpi) che criticano le sanzioni Usa all’organismo internazionale, sostenendo che «comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo», oltre ad «aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale». L’iniziativa della dichiarazione congiunta è stata avviata da un gruppo di 5 Paesi: Slovenia, Lussemburgo, Messico, Sierra Leone e Vanuatu. Tra i Paesi firmatari, che costituiscono circa due terzi dei Paesi che hanno ratificato lo statuto di Roma sulla Cpi, non c’è l’Italia, ma – oltre a Gran Bretagna e Canada – ci sono quasi tutti i membri dell’Ue, ossia Francia, Germania, Belgio, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Lussemburgo, Estonia, Spagna, Cipro, Lettonia, Croazia, Austria e Malta.

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