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La Legge di bilancio 2025 prevede interventi con effetti pari a circa 30 miliardi, ma risulta carente sul fronte della spinta alla crescita delle imprese mediante lo strumento della leva fiscale.
Mancano infatti disposizioni volte a rafforzare le imprese quale esito di una visione strategica di politica industriale di medio lungo periodo. Una visione che viaggia su molteplici direzioni: attraverso la crescita endogena, irrobustendone il patrimonio e creando i presupposti per nuovi investimenti produttivi e favorendo la transizione; attraverso la crescita esogena, stimolando le aggregazioni nelle varie forme, ma anche con manovre volte ad attirare nuovi capitali nelle imprese e a facilitarne la circolazione.
In particolare mancano nella manovra misure volte a stimolare e supportare le imprese a fronteggiare il rischio di indebitamento eccessivo. Eppure il tema è noto ed è in discussione da parecchi anni, anche in Europa ove, già nel documento “Tassazione delle imprese per il XXI secolo”, è stato rilevato che l’indebitamento eccessivo può minare la stabilità generale del sistema economico e finanziario e aumentare il rischio di bancarotta, a sua volta fonte di tensioni sociali e disoccupazione.
Da notare che a tale riguardo, la Commissione Europea sta mettendo a punto numerose proposte volte sia ad attrarre gli investimenti in Europa, ma anche una proposta di Direttiva a contenuto fiscale per ridurre la distorsione che oggi è presente in molti sistemi fiscali, che vedono privilegiare il ricorso al debito rispetto al capitale proprio. Tale iniziativa europea nasce dalla constatazione che, nell’attuale quadro normativo, in molti Stati europei un’impresa può dedurre gli interessi connessi a un finanziamento tramite debito, ma non i costi relativi a un finanziamento tramite capitale proprio, come il pagamento di dividendi. Ciò rende più vantaggioso il ricorso a finanziare gli investimenti tramite debito invece che tramite capitale proprio, con possibili ricadute negative per l’Unione Europea nel suo complesso, qualora alcuni Stati, dinnanzi a un accumulo eccessivo di debiti, non riuscissero a far fronte a ondate di insolvenza.
Vale la pena ricordare che tra le principali cause dei crediti deteriorati oggetti di cessione da parte delle banche italiane negli ultimi 7-8 anni troviamo proprio l’eccessivo indebitamento delle imprese ovvero la loro strutturale sottocapitalizzazione. Sarebbe quindi auspicabile che il legislatore prevedesse misure fiscali volte al rafforzamento patrimoniale delle strutture di finanziamento delle imprese, permettendo di raggiungere una base strutturalmente più solida della attuale e riducendo la loro dipendenza dal debito. In tal senso, una misura da considerare potrebbe essere anche l’introduzione di provvedimenti in linea con quelli oggi in discussione presso l’unione Europea, ovvero la reintroduzione dell’ACE (i.e., la deduzione, dal reddito imponibile netto, di un importo che corrisponde al rendimento figurativo degli incrementi di capitale) oppure la rivisitazione, in chiave moderna, del “bonus rafforzamento patrimoniale”, approvato dalla normativa Covid al fine di incentivare la patrimonializzazione delle PMI.
Parimenti, nella manovra non sono presenti stimoli alla aggregazione delle imprese o alla formazione di gruppi. Eppure, sappiamo che il sistema italiano è prevalentemente costituito da PMI, che si trovano a competere con realtà internazionali con spalle più poderose, le quali possono fare affidamento su un maggior numero di leve operative, commerciali e finanziarie. Rafforzare le imprese costituirebbe un fattore positivo sia per la stabilità del sistema economico che di quello finanziario del paese, con ricadute positive su tutti gli stakeholders (comprese la casse del fisco).
Un altro elemento che andrebbe attenzionato è la gestione delle aziende in crisi che oggi troviamo “parcheggiate” nelle piattaforme che gestiscono i crediti deteriorati (i famosi “UTP”). In questo caso norme volte ad incentivare/agevolare il back to bonis attraverso operazioni di aggregazione aziendale e societaria costituirebbero la concreta soluzione ai problemi esistenti. L’auspicio è che il legislatore possa finalmente varare, nei prossimi mesi, misure di supporto alla politica industriale, finalizzate a stimolare la crescita delle imprese, al loro rafforzamento patrimoniale, alla gestione industriale delle aziende in crisi. L’obiettivo deve essere quello di renderle più solide e sostenibili, facilitandone la competizione sui mercati internazionali.
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