DI LUIGI DELLA MONICA
Un gesto intelligente, da implementarsi fortemente, è consistito nelle forme della democrazia partecipata, come quello della raccolta firme degli ultimi giorni, che si stanno svolgendo nei gazebi posizionati in luoghi pubblici strategici, atti ad intercettare il flusso del maggior numero di cittadini passanti. Ci troviamo di fronte ad una pratica aliena per gli isolani, che di norma sono avvezzi a trattenere tutto ciò che si trova sul territorio, pretendere che la terraferma provveda con sue forze politiche ed istituzionali, le quali devono pagare il tornaconto del voto chiesto, al tempo delle elezioni, in quanto Ischia è bella ed appartiene agli ischitani quando bisogna godere dei suoi vantaggi, ma appartiene alla comunità rivierasca in merito ai disagi ed agli svantaggi da risolvere. Per questo, nei banchetti delle firme, si invita a sottoscrivere per una sanità pubblica perequata a quella della terra ferma. Ciò può voler significare ampliamento dei plessi ospedalieri esistenti, incremento dei siti ambulatoriali, fondazione di poli oncologici strutturati in termini di qualità e di quantità delle prestazioni erogate. A questo punto, investighiamo nella mente dei cittadini su dove e come si possa raggiungere questo obiettivo epocale. Prima di tutto, voglio esortare i nostalgici a non pensare che il “Cummenda” di Milano possa ritornare in vita e quindi commissionare un nuovo ospedale, anche perché nell’epoca odierna si beccherebbe una denuncia per peculato o turbativa d’asta, pur impiegandoci i soldi suoi. In secondo luogo, non si intravedono siti dove impiantare questi plessi pubblici, che dovranno essere preferibilmente stanziati a portata di fermate autobus e comunque facilmente raggiungibili a piedi ed in assenza di barriere architettoniche, visto che i primi ospiti sono invalidi civili gravi e meno gravi. Eppure nelle menti illuminate dei chiacchiericci da bar, odo spesso la frase magica – vi deve provvedere la Regione – la Prefettura – il Commissario Straordinario…
Nel frattempo che ci si perde negli ozi letterali o da n.a.s.p.i., arrangiando qua e là con qualche lavoretto di manutenzione rigorosamente a nero perché altrimenti il predetto assegno viene revocato, i nostri giovani emigrano quando hanno la chiacchera concreta e fattiva, rimangono imbavagliati nel silenzio degli anziani, quando non lasciano la casa natìa. Come è possibile parlare di sanità di qualità e di quantità, se l’unico imperativo categorico è frazionare, parcellizzare e suddividere vani, ambienti coperti, per realizzare posti letto da destinare al turismo? Su questo quotidiano leggo in data di ieri che “Il Pio Monte” appartiene alla comunità e non so, ammetto la mia mancanza di aggiornamento, se mai l’ex “Capricho”, che per sua posizione geografica e destinazione urbanistica sarebbe il sito per eccellenza della vicinanza ai servizi sanitari e della fruibilità per i portatori di handicap, potrebbe diventare sede di ambulatori o poli oncologici. L’ultimo sito privato che avrebbe beneficiato la comunità, in ordine di tempo e di luogo capisaldo della viabilità isolana, era il parcheggio piramide alla rovescia: “La Siena di Ischia Ponte”. Badate bene, cari lettori, non sono un disfattista, un pessimista o un picconatore per il gusto di farlo, ma semplicemente un disilluso. La raccolta anche di 67mila firme di tutti i cittadini dei sei comuni di Ischia risuona stridente, quando il politico isolano designato a brandire le tanto faticose sottoscrizioni non saprebbe rispondere al referente istituzionale della terraferma alla semplice domanda: “d’accordo si fa, ma in quale luogo dell’isola”?! Questo è stato il primo problema che l’Avvocatura isolana, per alcuni rinchiusa nel suo palazzo di potere, ma intimamente permeata all’interno del diritto vivente in mezzo alla gente, ha brillantemente risolto al cospetto del Ministero della Giustizia, perché aveva già individuato il sito di Via Michele Mazzella ristrutturato con fondi della Provincia e gestito dai sei Comuni; al che, Roma ad un certo momento ha dovuto soltanto dire sì. Ma le strutture di riferimento dove potranno essere ubicate? Non credo si sappia o si dica. Oltre che le strutture, non ci si chiede dove far alloggiare il personale altamente qualificato proveniente dalla terraferma, che ho già detto in miei precedenti articoli, viene invitato il 01 giugno di ciascun anno stagionale ad andarsene; viene visto come un “privilegiato” che lavora sull’isola e come tale poco o malvolentieri agevolato. Scusate ma chi lavora ad Ischia, lo fa per se stesso, non per portare avanti un compito per il quale è stato assunto e viene retribuito.
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Tutto il resto sono affari suoi, se deve attraversare il mare 300 giorni all’anno, oppure se non riesce a trovare un alloggio a meno di 1000 euro al mese, guadagnandone appena 1.500 di media. Peccato che nel “Welfare” inglese, i medici vengano incentivati ad assumere incarichi con l’alloggio e l’autovettura a carico dell’Ente datoriale. In Italia, nel Paese delle tasse pagate solo dai fessi onesti, la spesa pubblica è già troppo alta, figurarsi se pensare di mantenere giudici, medici, insegnanti a carico della comunità nazionale. La comunità locale, viceversa che ne beneficia in modo diretto, dal canto suo ove esistono elementi ostativi al buon andamento del servizio pubblico, non si industria per risolverli, ma li lascia al caso ed all’oblio. In questo contesto, fra pochi mesi, nel quadro tracciato dalla ZES Unica, poveri noi illusi torneremo ad una sottile ed invisibile neocolonizzazione, per cui aziende del Nord, oppure europee, godranno di grandi agevolazioni pubbliche per investire al Sud, stupreranno le nostre specificità locali e noi inermi e narcotizzati dal lavoro che incassa 4 mesi per vivere 12 resteremo soltanto a guardare. Nessuno si è posto il problema serissimo che il fenomeno sub culturale “Roccaraso 10 mila presenze” potrebbe propagarsi con altrettanta violenza sulla nostra isola ed allora, altro che firme per una buona sanità, non basteranno mesi o anni per contare i danni di immagine che potranno diffondersi contro Ischia. Le firme vanno raccolte ma la mano che sottoscrive deve essere in linea con gli obiettivi della mente, come si suol dire non bisogna fare le cose, tanto per farle.
* AVVOCATO
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