Un impianto fotovoltaico di proporzioni gigantesche, esteso su quasi venti chilometri quadrati, rischia di trasformare profondamente il paesaggio archeologico, storico e rurale della Sicilia interna. La società proponente ha presentato ulteriori progetti nelle aree limitrofe, suscitando preoccupazioni per l’impatto cumulativo di queste installazioni.
Il parere della Soprintendenza e il blocco della Regione
Sulla base del parere negativo espresso dalla Soprintendenza di Enna, circa un anno fa la Regione Siciliana aveva bloccato il progetto, proposto da una società collegata alla multinazionale tedesca Ib Vogt GmbH, attiva nel settore delle energie rinnovabili. Il piano prevedeva la realizzazione di un vasto parco fotovoltaico nel territorio di Centuripe.
Recentemente, però, la situazione ha avuto una svolta inaspettata: il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) ha accolto il ricorso della società, annullando i provvedimenti di diniego emanati dall’Assessorato al Territorio.
Un ruolo centrale nella vicenda è giocato anche da Oikos, azienda della famiglia Proto, proprietaria dei terreni su cui dovrebbe sorgere l’impianto.
La sentenza del Tar
Secondo la prima sezione del Tar di Catania, il decreto dell’Assessorato regionale si è basato esclusivamente sul parere della Soprintendenza, ritenendolo obbligatorio e vincolante. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto questa impostazione errata, accogliendo le istanze della società Ibvi 7, che ha formalmente presentato la proposta per l’installazione di oltre 710mila moduli fotovoltaici, con una potenza complessiva di 384 megawatt di picco.
Il progetto prevede la costruzione dell’impianto su terreni agricoli privati di Centuripe, con collegamento alla rete di trasmissione nazionale nel territorio di Paternò.
La Regione, secondo la sentenza, avrebbe adottato una valutazione eccessivamente rigida, basandosi unicamente sul parere della Soprintendenza, nonostante l’area, pur essendo considerata di interesse archeologico, non fosse soggetta a vincoli specifici che impedissero l’installazione dei pannelli solari.
La Soprintendenza aveva motivato il proprio parere contrario evidenziando il rischio di danni irreparabili ai contesti archeologici conosciuti e a quelli ancora inesplorati, dato che la zona conserva tracce di insediamenti umani fin dal Paleolitico. Tuttavia, già nel 2022 il Tar aveva stabilito che la Regione aveva utilizzato un parere rilasciato al di fuori della conferenza di servizi, lo strumento ufficiale per la raccolta delle valutazioni degli enti coinvolti.
Di conseguenza, la Regione aveva rinnovato la conferenza di servizi, ribadendo le conclusioni della Soprintendenza. Il Tar ha però ritenuto che il processo decisionale sia stato “elusivo del giudicato”, ovvero non conforme alla precedente sentenza, portando a una nuova bocciatura dell’operato dell’Assessorato.
Quali saranno i prossimi passi?
A seguito della sentenza, l’iter di valutazione del progetto dovrà essere riaperto, tenendo conto del principio stabilito dal Tar, secondo cui il parere della Soprintendenza non può essere considerato vincolante. Il tribunale ha fissato un termine di quattro mesi per arrivare a una decisione definitiva. In caso di mancata conclusione dell’iter entro la scadenza, il Tar nominerà un commissario ad acta per sostituire le amministrazioni coinvolte.
Il progetto e le polemiche sul fotovoltaico
La proposta di Ibvi 7 prevede l’utilizzo di un’area agricola molto estesa per la produzione di energia solare. Il tema dei grandi impianti fotovoltaici è da tempo al centro del dibattito: mentre da un lato si sottolinea la necessità di promuovere la transizione energetica, dall’altro molti ritengono che tali infrastrutture debbano essere collocate in aree degradate o industriali dismesse, evitando il consumo di suolo agricolo.
Nel caso di Centuripe, una parte dei terreni destinati all’impianto è attualmente utilizzata per la coltivazione di arance rosse IGP. La società proponente sostiene che il progetto non avrà un impatto negativo, poiché prevede il reimpianto degli agrumeti su una superficie maggiore rispetto a quella interessata dagli espianti. Inoltre, si punta a una gestione biologica delle coltivazioni, con il coinvolgimento di cooperative sociali.
Nonostante queste rassicurazioni, la Soprintendenza ha ribadito il proprio dissenso, sottolineando il valore storico, archeologico e paesaggistico dell’area. Tuttavia, con la recente sentenza del Tar, il suo parere non potrà più essere considerato un ostacolo insormontabile alla realizzazione del progetto.
Simone Olivelli
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