Il professor Cesare Guerreschi, è il fondatore della Società Italiana Intervento Patologie Compulsive (Siipac). Tra i pionieri nella lotta contro le dipendenze, di recente ha pubblicato un documento siglato da diversi psicologi in cui mette in discussione le pause forzate del gioco, i cosiddetti regolamenti orari delle slot, previste in alcune regioni.
Professor Guerreschi, il gioco d’azzardo patologico è riconosciuto come una dipendenza comportamentale. Quali sono gli elementi principali che portano allo sviluppo di questa problematica?
«Il gioco d’azzardo patologico è una dipendenza complessa, influenzata da molteplici fattori. Secondo il Pathways Model di Blaszczynski e Nower, il disturbo può derivare da vulnerabilità psicologiche, da altre dipendenze, tratti impulsivi e fattori ambientali. Il problema è aggravato dal fatto che il sistema normativo italiano ha introdotto misure di contrasto spesso inefficaci o mal calibrate, come le cosiddette pause forzate delle slot, che sono state travisate».
In cosa consistono le pause forzate nel gioco d’azzardo e qual è il loro obiettivo?
«Le pause forzate, o breaks in play, sono interruzioni programmate del gioco con l’intento di distogliere l’attenzione del giocatore e ridurre la dissociazione, uno stato mentale in cui il giocatore perde la percezione del tempo e delle somme spese. Alla base c’è l’idea che una breve interruzione possa stimolare la consapevolezza e aiutare il giocatore a controllare il proprio comportamento impulsivo».
Questa strategia ha mostrato reali benefici nella prevenzione della dipendenza da gioco?
«Alcuni studi suggeriscono che le pause possono essere utili se accompagnate da messaggi informativi, tuttavia, altre ricerche dimostrano che pause troppo lunghe possono aumentare la frustrazione e il desiderio di giocare, peggiorando il comportamento compulsivo. In particolare, è stato osservato che interruzioni forzate delle slot e su terminali VLT possono persino intensificare il gioco precedente e successivo all’interruzione. È proprio quello che è accaduto in Italia negli ultimi 10 anni».
Le pause forzate sono quindi state un fallimento nel contrasto della dipendenza?
«Non sempre ma di certo lo sono state in Italia. Se parliamo di giocatori occasionali, una breve pausa potrebbe effettivamente aiutare a interrompere il flusso del gioco e favorire una riflessione sul proprio comportamento. Per i giocatori patologici, le pause forzate possono avere l’effetto opposto: aumentano l’ansia e il craving, ovvero il desiderio compulsivo di continuare a giocare. Questo dimostra come non esista una soluzione unica per tutti e che quindi le misure adottate talvolta da regioni e comuni sono sbagliate perché non sono personalizzate».
Cosa pensa dell’approccio normativo italiano in materia?
«Purtroppo, è stato frainteso il significato scientifico delle pause e si sono introdotte misure che non risolvono il problema, ma spesso lo aggravano. Ad esempio, alcune norme regionali e comunali limitano gli orari di apertura delle sale da gioco o di accensione delle slot, ma questo non incide sul comportamento dei giocatori patologici, perché sono disposti a spostarsi in altre città, a giocare online o ad altri giochi. Questo fenomeno è stato definito pendolarismo del gioco, un effetto collaterale molto negativo. Comunicativamente è sembrata una grande trovata, ma nel concreto ha fallito».
Quali potrebbero essere alternative più efficaci per contrastare il gioco d’azzardo patologico?
«Le misure più efficaci sono quelle che puntano sulla prevenzione e sulla consapevolezza individuale. Ad esempio, l’educazione finanziaria, la promozione di un gioco responsabile e la formazione degli operatori sono strumenti più utili delle restrizioni. Inoltre servono sistemi di autovalutazione, in cui il giocatore è incoraggiato a riflettere sul proprio comportamento attraverso feedback personalizzati».
Quale regolamentazione del gioco potrebbe aiutare i giocatori?
«Dobbiamo passare da un modello punitivo e restrittivo a un approccio basato sulla prevenzione e sull’educazione. È necessario un intervento normativo più equilibrato, che tenga conto delle evidenze scientifiche e che sia efficace sia per i giocatori occasionali sia per quelli patologici.
La tecnologia ci può aiutare in questo. Altrimenti, continueremo ad assistere a un aumento delle dipendenze e a fenomeni di spostamento del gioco da un segmento all’altro e verso piattaforme meno controllabili, talvolta molto pericolose».
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