Congresso nazionale integrità della ricerca, in aumento le frodi scientifiche

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Il primo Congresso nazionale sull’Integrità della Ricerca, svoltosi a Roma il 27 e 28 gennaio 2025, è stato un vero e proprio spartiacque nella discussione sull’etica scientifica e sulla credibilità della ricerca. L’evento, promosso dalla Commissione per l’Etica e l’Integrità nella Ricerca del Cnr e organizzato dal Centro Interdipartimentale per l’Etica e l’Integrità nella Ricerca, ha visto la partecipazione di scienziati, istituzioni e policy maker, tutti riuniti per affrontare una sfida cruciale: garantire che la scienza rimanga uno strumento affidabile e immune da manipolazioni.

Tra gli interventi più incisivi, quello del professor Enrico Bucci ha catturato l’attenzione dell’intera platea. Bucci, figura di riferimento nell’ambito dell’etica nella ricerca e responsabile del programma di Biologia dei Sistemi presso la Sbarro Health Research Organization, ha lanciato un allarme che non può essere ignorato: le frodi scientifiche stanno proliferando con una sofisticazione senza precedenti, e dietro questa nuova ondata di falsificazioni c’è un’arma tanto potente quanto insidiosa: l’intelligenza artificiale.


Oggi, ha spiegato Bucci, l’IA non si limita più a supportare i ricercatori: può creare articoli scientifici interi, apparentemente ineccepibili, con riferimenti bibliografici perfettamente credibili, ma completamente privi di sostanza. Questi sistemi avanzati non fanno altro che prendere frammenti di conoscenza reale, mescolarli e riconfezionarli in testi che sembrano autentici, ma che in realtà non sono mai stati verificati sperimentalmente. Il vero pericolo? Non solo il pubblico, ma anche le stesse riviste scientifiche e i revisori possono cadere nella trappola.

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Ma c’è di più. L’aspetto più inquietante, ha sottolineato Bucci, è che l’IA non si limita a produrre studi fraudolenti: può persino falsificare il meccanismo stesso della peer review, il sistema su cui si fonda la validazione della conoscenza scientifica. Alcuni modelli di IA sono in grado di generare intere revisioni tra pari, simulando perfettamente il linguaggio, la struttura e l’argomentazione tipiche degli esperti del settore. Il risultato? Studi falsi che passano il vaglio di revisori inesistenti e finiscono nelle pubblicazioni scientifiche, entrando a far parte della letteratura accademica come se fossero validi. E in alcuni casi, ha denunciato Bucci, non solo queste pratiche vengono tollerate, ma addirittura incoraggiate dagli stessi editori scientifici, che guardano più al profitto che alla qualità della ricerca.


Le conseguenze di questa deriva sono già visibili. Negli ultimi anni, numerosi articoli sospetti sono stati ritirati da riviste di prestigio dopo che indagini indipendenti hanno rivelato l’uso di dati generati artificialmente. Tuttavia, il danno è già stato fatto: molte pubblicazioni fraudolente continuano a circolare, vengono citate in altri studi e contribuiscono a costruire intere linee di ricerca su basi inesistenti. È un problema che non riguarda solo l’accademia, ma settori cruciali come la biomedicina e la farmacologia, dove dati non verificati possono tradursi in decisioni errate con conseguenze sulla salute pubblica.


Di fronte a questo scenario, Bucci ha lanciato un appello accorato: servono misure concrete e immediate per arginare questa emergenza.

Tra le soluzioni proposte, l’implementazione di sistemi di certificazione a monte dei dati sperimentali, sfruttando strumenti innovativi come la blockchain, che potrebbe garantire la tracciabilità e l’integrità delle informazioni scientifiche. Ma non basta. È necessario un cambio di rotta culturale, un rafforzamento della formazione etica per i ricercatori, affinché possano riconoscere e contrastare attivamente queste nuove forme di manipolazione.


Infine, Bucci ha messo il dito nella piaga su una questione fondamentale: la comunità scientifica non può più delegare agli editori commerciali la valutazione della qualità della ricerca. Non si può continuare a usare un sistema basato esclusivamente su metriche bibliometriche, che incentivano la pubblicazione di massa a scapito della solidità dei risultati. Questo modello, ormai smascherato come uno dei principali fattori che alimentano la proliferazione di frodi scientifiche, deve essere ripensato alla radice.


«Se non si opererà in modo appropriato e subito – ha sottolineato il professor Bucci – arriverà presto il momento in cui ciò che leggiamo in un articolo scientifico potrebbe avere maggior probabilità di essere falso, o comunque inutile, anziché vero. È ora che la comunità scientifica smetta di discettare, e cominci ad adottare le soluzioni che essa stessa, da tempo, ha identificato: creazione di riviste not-for-profit di proprietà dell’accademia e di finanziamento pubblico, risparmiando sui costi di abbonamenti a riviste commerciali, fine della valutazione basata sulla carta pubblicata, come già avvenuto in alcuni paesi, certificazione del dato sperimentale mediante tecnologie sicure, come si sta sperimentando per gli studi clinici, deposito dei dati sperimentali il più possibile in database aperti e verificabili da chiunque, come già avviene in alcune discipline».


L’intervento di Bucci non ha lasciato spazio a interpretazioni: l’integrità della scienza è sotto attacco, e sta alla comunità scientifica stessa reagire prima che sia troppo tardi. Il futuro della conoscenza dipende da decisioni che vanno prese ora, con coraggio e responsabilità.

«Oggi ci troviamo di fronte a una doppia sfida. Da un lato, dobbiamo garantire che la ricerca scientifica continui a essere un faro di conoscenza basato sull’evidenza, libero da pressioni economiche, politiche o ideologiche. Dall’altro, dobbiamo affrontare l’emergere di nuove forme di manipolazione dei dati e delle immagini, rese possibili da strumenti tecnologici sempre più avanzati. L’intelligenza artificiale, se da un lato offre opportunità straordinarie per il progresso scientifico, dall’altro può diventare un’arma insidiosa nelle mani di chi vuole alterare la realtà dei fatti.

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Per contrastare questa minaccia, è necessario un approccio sistemico che coinvolga istituzioni accademiche, enti di finanziamento e riviste scientifiche. Serve una maggiore trasparenza nei processi di revisione, l’adozione di strumenti di verifica più sofisticati e un impegno costante nella formazione etica delle nuove generazioni di ricercatori. La scienza non è solo produzione di dati, ma un atto di responsabilità collettiva, e ogni falsificazione mina la fiducia del pubblico nella ricerca, con conseguenze potenzialmente devastanti per la società.

Il Congresso ha rappresentato un’importante presa di coscienza e un’occasione di confronto tra esperti di diversi settori. Ora è il momento di tradurre questa consapevolezza in azioni concrete. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un sistema di ricerca più solido, rigoroso e immune da distorsioni, affinché la scienza possa continuare a essere un pilastro fondamentale del progresso umano» dichiara Antonio Giordano, presidente dello sbarro Istituto e oncologo anatomopatologo alla Temple university.





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