chi perderà fino a 3mila euro, la circolare Inps

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Quest’anno il bonus mamme lavoratrici è cambiato, con una stretta sui requisiti: chi ha tre figli – di cui il più piccolo sotto i 18 anni di età – continuerà a ricevere la decontribuzione più generosa, mentre chi ne ha due – il più piccolo sotto i 10 anni – dovrà ‘accontentarsi’ del nuovo bonus lanciato per il 2025. Che, però, non è ancora attivo. Il chiarimento dell’Inps in una circolare.

Immagine di repertorio

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Nella legge di bilancio per lo scorso anno, il governo Meloni aveva lanciato un bonus rivolto alle lavoratrici con figli: un esonero totale dai contributi che permetteva, di fatto, di aumentare il proprio reddito fino a 3mila euro all’anno. La misura era rivolta alle dipendenti a tempo indeterminato, e solo con almeno tre figli. Poi si era deciso di includere anche le donne con soli due figli, ma solo in via sperimentale per il 2024.

Nella manovra 2025 la misura è cambiata: la decontribuzione è diventata parziale, e c’è un tetto di reddito da non superare, ma si è allargata a lavoratrici autonome o con contratto a tempo determinato. Si potrebbero perdere fino a 3mila euro. Ora l’Inps, con una circolare, è intervenuta per fare chiarezza. Ecco chi potrà ancora usufruire del bonus mamme lavoratrici, e chi invece è stata esclusa.

Chi continuerà a prendere il bonus mamme per il 2025

Il bonus lanciato lo scorso anno prevedeva un’esenzione totale dei contributi, senza limiti di reddito, per un massimo di esenzione di 3mila euro all’anno. C’erano requisiti precisi: un contratto a tempo indeterminato e almeno tre figli, di cui il più piccolo al di sotto dei 18 anni di età. Poi si era aggiunta un’altra opzione: avere ‘solo’ due figli, di cui il più piccolo con meno di dieci anni di età. Nel 2024, entrambi questi gruppi hanno potuto approfittare del bonus.

Ora però le cose sono cambiate, e solo la prima ‘categoria’ continuerà a ricevere la decontribuzione. Infatti, l’Inps ha spiegato che il bonus previsto “in favore delle lavoratrici madri di tre o più figli (di cui il più piccolo di età inferiore a 18 anni)”, sempre con un contratto a tempo indeterminato, “trova applicazione fino al 31 dicembre 2026“. Le dipendenti in questione quindi avranno l’aumento ancora per due anni, o perlomeno fino a quando il figlio più piccolo non avrà compiuto 18 anni.

Escluse dal bonus le lavoratrici con due figli

Al contrario, il bonus rivolto alle lavoratrici con due figli “ha cessato di avere applicazione alla data del 31 dicembre 2024“. Chi ha due figli, perciò, non può più ricevere la decontribuzione totale lanciata lo scorso anno. L’unico modo per recuperarla sarebbe avere un altro figlio: se il terzo bambino arriva nel 2025 o 2026, infatti, si rientrerà tra le beneficiarie del bonus più ricco. Sempre, in ogni caso, fino al 31 dicembre 2026, quando la misura terminerà e sarà sostituita dal nuovo bonus lanciato quest’anno.

Chi potrà avere il bonus mamme 2025 e quando arriva

Finora si è parlato del bonus mamme lanciato lo scorso anno, ma il governo Meloni ne ha previsto un altro, leggermente diverso, nella legge di bilancio per il 2025. Questa decontribuzione sarà meno generosa, perché sarà solo parziale e non totale. Insomma, l’aumento in busta paga sarà più basso. E per di più è stata fissata una soglia di reddito: al massimo 40mila euro all’anno.

In compenso, la platea si è allargata perché al nuovo bonus potranno accedere non solo le dipendenti a tempo indeterminato, ma anche coloro che hanno un contratto a termine o sono lavoratrici autonome. Resteranno escluse le lavoratrici domestiche. Per quanto riguarda il numero di figli, il testo della legge è chiaro: bisogna avere almeno due figli, di cui il più piccolo abbia meno di dieci anni.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Insomma, le lavoratrici che non hanno più accesso al bonus dello scorso anno potranno ricevere questo. E, dal 2027 in poi, lo stesso potranno fare le madri di tre o più figli (di cui il più piccolo abbia meno di 18 anni).

Per adesso, però, bisogna aspettare. Infatti, per attivare il nuovo bonus mamme serve un decreto del ministero del Lavoro, insieme a quello dell’Economia. Ma l’Inps ha ricordato che questo decreto non è ancora arrivato: “A seguito dell’adozione del suddetto decreto attuativo, l’Istituto fornirà le indicazioni per la disciplina e la gestione di tale misura”.





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