Sudan: una crisi umanitaria lontana dai radar

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Il Sudan, collocato nell’Africa orientale, da quasi due anni è devastato da una guerra civile combattuta tra i generali Abdel Fattah Abdelrahman Burhan, (presidente golpista 2021) del Consiglio sovrano di transizione (Cst), e Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti. Nel 2020 sotto il governo di Abdalla Hamdok, il Sudan, aveva aderito agli “Accordi di Abramo” normalizzando gli accordi con Israele. Al-Burhan opera sotto la bandiera dell’esercito regolare, mentre Hemetti è del Rfs (Rapid support forces), gruppo paramilitare che prima dell’inizio della guerra fratricida era uno strumento dell’esercito nazionale. Questa guerra civile ha trascinato il Paese in una crisi umanitaria assimilabile a quella dello Yemen. Carestia, violenze di ogni genere, stupri, uccisioni, fame, insomma un disastro umanitario tra i peggiori del Pianeta.

Da metà aprile 2023, inizio della guerra civile, la capitale, Khartoum, è diventata uno spettro: interi quartieri sono stati conquistati dai combattenti ribelli delle Rsf, poi ripresi dal cosiddetto “esercito regolare”. Secondo gli ultimi rapporti di associazioni mediche e umanitarie, dati chiaramente non certi, ad oggi almeno 40mila potrebbero essere i morti. Un po’ più certo è il dato comunicato dalle Nazioni unite, che rivela che almeno 12 milioni di abitanti sono fuggiti dal Sudan o sfollati in aree immaginate più sicure. Altrettanti sudanesi, non riuscendo a fuggire, sono rimasti in contesti di guerra dove cibo e acqua scarseggiano o sono quasi assenti. Secondo i dati solo a Karthoum circa 110mila persone sono alla fame, in quartieri continuamente sotto bombardamenti. Nel Paese è stata dichiarata carestia in cinque regioni, soprattutto in quella occidentale del Darfur devastata dalla guerra, e le previsioni sono che altre cinque aree, entro maggio, saranno colpite dalla carestia. I due generali golpisti in comune e nemici in guerra, sono stati accusati, già dall’amministrazione di Joe Biden, di crimini umanitari, sanzionando Al-Burhan perché con le sue milizie ha attaccato ospedali, scuole, mercati e di aver utilizzato la privazione del cibo come arma di guerra. Ma anche Hemetti è stato sanzionato per “genocidio” e violazione dei diritti umani nel Darfur dove le Rsf sono in una posizione dominante.

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Le stragi peggiori sono causate da razzi che vengono lanciati dalle Rsf nei mercati. Sabato un mercato della capitale è stato abbattuto da colpi di artiglieria e droni provenienti dalla parte occidentale di Omdurman, un’area ancora controllata dai ribelli, l’attacco ha causato una cinquantina di morti. Nell’ospedale di Al-Naw scarseggiano anche sudari e barelle per soccorrere i feriti. Secondo testimonianze gli obitori sono colmi di cadaveri.

In questo contesto, venerdì 31 gennaio, Hemetti capo delle Rsf, seduto dietro un tavolo e abbigliato in divisa militare, in un raro video, ha promesso di cacciare l’esercito dalla capitale, riconoscendo indirettamente di avere subito una sconfitta e affermando di avere espulso da Khartoum una volta le forze regolari e che saranno nuovamente cacciate. In realtà la carestia che attanaglia il Sudan si colloca nella più grande crisi umanitaria mai registrata. Le città come i campi profughi annotano quotidiani decessi di adolescenti e soprattutto donne. El-Fasher, la capitale del Nord Darfur, nel Sudan sud-occidentale, è dal maggio 2024 assediata dai paramilitari delle Rsf. Qui si celebrano i drammi familiari più cruenti. Le milizie, opprimono anche con l’utilizzo della carestia. Tuttavia il governo nega l’esistenza del flagello, anche se nell’enorme campo profughi di Zamzam, allestito nel 2004 e che ospita anche un milione di disperati, alcune agenzie delle Nazioni unite hanno dichiarato la crisi umanitaria.

Le testimonianze locali riferiscono che nel campo profughi di Zamzam, le madri piangono i decessi dei propri figli per fame, la debolezza che attanaglia i bambini è tale che non riescono a stare in piedi, le famiglie si passano tra loro ciotole con residui alimentari e si abbeverano da una cisterna di acqua piovana. Il coordinatore del campo afferma di aver ricevuto a settembre 2024 l’ultimo carico alimentare. Oltre alle difficoltà nel raggiungere i campi profughi a causa della guerra in corso, si aggiungono i pericoli derivanti dai numerosi posti di blocco dislocati lungo le strade e saccheggi da parte dei gruppi armati. I rifiuti, altro fattore di profondo degrado, bloccano l’accesso a strade che conducono verso questi accampamenti di disperati. Il Sudan soffre di una crisi globale ed a livelli assoluti, ma che resta comunque ai margini dell’informazione.

Aggiornato il 06 febbraio 2025 alle ore 10:57



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