Perché Michele Criscitiello che licenzia Manuel Parlato in diretta è uno scandaloso momento di Tv

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Il caso Parlato-Criscitiello è sulla bocca di tutti. L’episodio di Sportitalia, con il licenziamento in diretta del giornalista sportivo Manuel Parlato, merita un’analisi che vada oltre la semplice contrapposizione tra “buoni e cattivi”. Lo storico inviato allo stadio per Canale 21 è diventato da tempo anche un giornalista dell’emittente nazionale fondata e diretta da Michele Criscitiello e ha sbottato duramente rispetto a uno sfottò che un altro giornalista, Tancredi Palmeri inviato per Sportitalia all’Hotel Sheraton di Milano dove si svolge il calciomercato, aveva riservato al Napoli per i mancati acquisti di fine sessione.

Sportitalia è sempre stato questo nel bene e nel male

Sportitalia è sempre stato questo. L’informazione sportiva, ma con una chiave che sa toccare duro la pancia del tifoso che, notoriamente, non è il più bilanciato e laico nelle proprie opinioni. Non stiamo qui a dire che l’emittente in questione è una delle più seguite in Italia, anche e soprattutto per questo motivo riuscendo negli anni a contendere ascolti anche alle meglio attrezzate RaiSport e Mediaset, oltre che alla redazione “pay” di SkySport. Tutto questo basta per assistere a quello a cui abbiamo assistito, e cioè a un licenziamento in tronco in diretta tv con chiusura del collegamento?

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Gli errori di Michele Criscitiello

Valutiamo le campane. Da un lato, il modo in cui Michele Criscitiello ha gestito la situazione rasenta la violenza verbale, con un atteggiamento che svilisce non solo il giornalista ma anche un’emittente storica come Canale 21. Quel “Tornatene a Canale 21” che cos’è se non uno svilimento del canale locale nel quale lavora non solo Manuel Parlato ma tantissimi validi colleghi? La sua reazione rivela una concezione monolitica e vetusta dell’informazione, dove il confronto-scontro – da sempre il sale della narrazione calcistica – viene sacrificato sull’altare della propria autorità e della propria esibizione del potere.

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Eppure, la medaglia ha un rovescio che non possiamo ignorare. Al di là del rispetto di una continenza verbale che il direttore avrebbe dovuto mantenere (“Qui non lavorerai mai più” in diretta televisiva è una frase brutta da sentire), un giornalista che contesta pubblicamente la linea editoriale del proprio direttore commette un passo falso che è difficile da inquadrare. Ingenuità o presunzione, difficile a dire. Le redazioni sono luoghi di confronto, talvolta anche aspro, ma questi confronti hanno una loro sede naturale: le riunioni a porte chiuse, il faccia a faccia tra professionisti. Portare il dissenso in pubblica piazza significa minare le fondamenta stesse del rapporto fiduciario tra giornalista e testata.

La solidarietà dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, dell’Unirai e dell’Ussi, per quanto comprensibile nell’ottica della tutela professionale, rischiano di confondere i piani. Non siamo di fronte a una questione di libertà d’espressione, ma di rispetto delle gerarchie e dei ruoli professionali. Il giornalismo, come ogni professione strutturata, vive di regole non scritte ma fondamentali per il suo funzionamento. Criscitiello avrebbe potuto gestire la situazione con più eleganza? Certamente. Parlato avrebbe dovuto scegliere altre sedi per esprimere il suo dissenso? Senza dubbio. Ma non ci sono vincitori né sconfitti in questa vicenda.

Il vero sconfitto di questa vicenda è il pubblico. Invece di assistere a un confronto costruttivo sulle strategie di mercato del Napoli, gli spettatori si sono ritrovati testimoni di uno scontro che nulla ha a che vedere con l’informazione sportiva. Un’occasione persa da qualunque lato la si guardi.

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Gennaro Marco Duello (1983) è un giornalista professionista. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Lavora a Fanpage.it dal 2011. Ha esordito nella narrativa nel 2022 con il romanzo Un male purissimo (Rogiosi). California Milk Bar – La voragine di Secondigliano (Rogiosi, 2023) è il suo secondo romanzo.





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