In via Milano 13 una sintetica ma chiarissima mostra dedicata all’ Italia al lavoro, viaggio nel mondo della produzione nazionale dal dopoguerra a oggi
Palazzo delle Esposizioni propone nella sua Sala della Fontana al pianterreno di via Milano 13 una sintetica ma chiarissima mostra dedicata all’ Italia al lavoro, viaggio nel mondo della produzione nazionale dal dopoguerra a oggi. La collaborazione con Invitalia, L’Agenzia nazionale dello sviluppo (che istituzionalmente favorisce la creazione, lo sviluppo e il rilancio delle imprese, quest’anno compie 25 anni) spiega il senso di una riflessione culturale, economica e sociale.
Si parte dall’articolo 1 della Costituzione («L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro») per capire come quel fondata non sia espediente retorico ma sostanza: senza il mondo produttivo la nostra Nazione non sarebbe comprensibile. Foto, video, locandine di film, quotidiani ricavati da fondi storici (per citarne alcuni tra i tanti: Luce-Cinecittà, Cgil, Rai, Ferrovie, Autostrade, Fondazione Gramsci, Istituto Sturzo) sono proposti nei capitoli della nostra contemporaneità: 1945-1955 la ricostruzione, 1955-1965 il boom economico, 1965-1975 la stagione dei diritti, 1975-1985 l’avvento della tecnologia, 1985-1995 il ruolo internazionale dell’Italia, 1995-2005 l’Italia nel mercato globale, 2005-2015 le nuove sfide tecnologiche, 2015-2025 tra smart working e intelligenza artificiale. Nella prima parte si ritrovano le atmosfere e i racconti di altre due mostre romane, quelle sui 70 anni delle Autostrade alla Galleria Nazionale di Arte moderna e al Maxxi.
Spiega la curatrice Sara Gumina (storica dell’arte, appena 27 anni, le nuove generazioni cominciano a trovare doverosamente il loro spazio e a imporre nuovi linguaggi): «La mostra vuole raccontare il coraggio, l’ambizione, la disponibilità a lasciare le proprie terre d’origine, la creatività di chi ha lavorato e lavora per fare grande il nostro Paese. Come certifica l’articolo 1 della Costituzione, il lavoro è una vocazione primaria e identitaria degli italiani».
I filmati accompagnano l’apparato fotografico, la parte più sostanziale della mostra, spesso d’autore (Gianni Berengo Gardin, Tano D’Amico, Gabriella Mercadini, Uliano Lucas, l’agenzia Fotografi Associati di Plinio De Martiis e fratelli Sansone): agricoltura, mondo manufatturiero, grandi infrastrutture, pesca, cultura, costruzioni. Le prime immagini riguardano i contadini al lavoro in una Maremma ancora intatta e identica da secoli (1951), il famoso Treno del Sole che collegava Torino a Palermo (1955) , tre contadine in un campo di mais a Cerveteri: è l’Italia destinata a sparire, basta pensare a Pasolini per capirla e ritrovarla.
Nelle diverse sezioni, molti iconici capitoli della vicenda nazionale: il completamento del traforo del Monte Bianco con l’abbraccio tra operai italiani e francesi (1962), la catena di produzione della Fiat 500 (1959), la fabbrica di macchine calcolatrici Olivetti (1960). C’è la Rai, collante sociale e culturale: lo studio di Rischiatutto(1970) con Mike Bongiorno. Tano D’Amico, maestro del bianco e nero sociale, ci porta in un laboratorio tessile casalingo del 1975 (pezzo fondamentale del lavoro femminile italiano), poi alcuni pescatori nel Canale di Sicilia nel 1982. L’occupazione studentesca della Sapienza nel 1990 è vicino alla Breda di Pistoia (1989). La Ferrari di Maranello (2003) e la raccolta dei pomodori al Sud (2004), il cantiere di Expo Milano 2015, un ospedale impegnato nell’emergenza Covid (2020).
Per l’amministratore delegato Invitalia Bernardo Mattarella «gli otto decenni in cui si articola la mostra ci conducono a un presente in cui il Pnrr costituisce lo strumento con cui l’Italia sta gestendo le grandi transizioni, rilanciando gli investimenti necessari per rendere competitivo il sistema industriale in un’ottica di sostenibilità dello sviluppo».
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