La Cassazione ribadisce le responsabilità del datore di lavoro in merito ai DPI, quando e come vada usato il casco protettivo nei cantieri
La normativa italiana stabilisce obblighi specifici per i datori di lavoro, ma la loro applicazione può generare controversie e malintesi. Quali sono le responsabilità di chi gestisce un cantiere? E come vengono interpretate le leggi in situazioni di rischio? Approfondire questi temi permette di comprendere non solo le implicazioni legali, ma anche l’importanza della prevenzione in ambito lavorativo.
La Corte di Cassazione è intervenuta recentemente sulla questione con nuovi ed interessanti chiarimenti esposti nella sentenza n. 1030/2025, ma prima di scoprire insieme quanto deciso dalla Suprema Corte, vorrei consigliarti il software per la redazione del DVR che prevede automaticamente il calcolo e la scelta dei DPI in relazione all’esito della valutazione del rischio.
Il casco di sicurezza va usato anche all’aperto e in mancanza di eventuali pericoli dall’alto?
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione riguarda il ricorso presentato da un datore di lavoro in un cantiere edile contro una condanna del Tribunale per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro.
Il Tribunale aveva condannato il medesimo ad un’ammenda di 3.500 € per due violazioni:
- omessa fornitura di dispositivi di protezione individuale (art. 18, c. 1, lett. f D.Lgs. 81/2008), specificamente il mancato uso del casco protettivo da parte dei dipendenti;
- omessa presentazione del piano operativo di sicurezza (POS) (art. 96, c. 1, lett. g D.Lgs. 81/2008).
In particolare, in violazione dell’art. 18 D.Lgs. 81/2008, l’imputato non avrebbe fornito caschi ai dipendenti durante lavori edili a “cielo aperto”, nonostante l’obbligo legale. Infatti i lavoratori erano stati trovati sprovvisti di protezioni durante un’ispezione.
Il ricorrente ha presentato in Cassazione sei motivi di impugnazione:
- disallineamento tra contestazione e condanna: la sentenza avrebbe condannato per “mancata imposizione dell’uso dei DPI” anziché per “mancata fornitura”;
- difetto di corrispondenza tra fatto accertato e norma violata;
- omessa valutazione di prova decisiva: un teste avrebbe attestato che i caschi erano stati forniti prima dell’ispezione;
- inutilità del casco: le lavorazioni a cielo aperto non avrebbero richiederebbero protezioni anti-caduta oggetti;
- errata applicazione degli artt. 99-101 D.Lgs. 81/2008 sul piano di sicurezza (POS);
- prova indiziaria illegittima: l’assenza del piano sarebbe stata dedotta solo dalla mancata esibizione, senza verifiche documentali.
Cassazione: il casco protettivo va indossato sempre in un cantiere, che sia al chiuso o all’aperto, anche come semplice protezione dal sole
La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, respingendo tutti i motivi:
Sulla fornitura dei DPI (motivi 1-4):
- la discrasia tra norma citata (art. 18 lett. f) e condotta descritta (lett. d) è irrilevante, poiché il fatto contestato era chiaro: i lavoratori non avevano caschi durante l’ispezione;
- la successiva fornitura post-ispezione non scagiona dal reato già consumato;
- il casco è obbligatorio anche per lavori a cielo aperto, sia per rischi meccanici (es. caduta materiali) che ambientali (es. esposizione solare):
l’esecuzione di lavori edili rientra fra le attività che necessitano della predisposizione di un’adeguata protezione del capo del lavoratore, attraverso l’utilizzo di un casco, anche a prescindere dalla circostanza che le opere si svolgano in ambiente chiuso ovvero a “cielo aperto”, atteso che il pericolo che in tale modo si tende a preservare non è solamente quello connesso alla caduta di un grave dall’alto (circostanza che, peraltro, non è da escludersi anche laddove le opere si svolgano a “cielo aperto” ove si immagini la frequente movimentazione di materiali edili e di macchinari attraverso le “gru” impiegate nell’edilizia anche, se non soprattutto, in spazi “aperti”) ma è riferito a qualunque tipo di accidente che la realizzazione di tali opere, in se generalmente fonte di pericoli, può determinare a carico di una parte particolarmente vulnerabile del corpo umano.
Va, peraltro, aggiunto, proprio con riferimento alle lavorazioni a “cielo aperto”, che l’utilizzo di strumenti a protezione del capo è previsto anche in relazione ai rischi connessi alla sua prolungata esposizione ai raggi del Sole.
Sul piano di sicurezza (motivi 5-6):
- la prova dell’omissione è legittimamente desumibile dalla mancata esibizione del documento durante i controlli, senza necessità di acquisizione diretta;
- spettava al ricorrente produrre elementi a discolpa (es. timbri postali o ricevute di trasmissione), non limitarsi a un’autodifesa verbale.
In sintesi, la Corte ha confermato la condanna. La sentenza ribadisce l’interpretazione rigorosa degli obblighi di sicurezza in edilizia, sottolineando l’irrilevanza di adempimenti successivi all’accertamento e l’onere probatorio a carico del datore di lavoro.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
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Indirizzo articolo: https://biblus.acca.it/occorre-indossare-il-casco-protettivo-nei-cantieri-anche-all-aperto/
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