Nuovo Giornale Nazionale – CAPPONI STARNAZZANTI NELL’AJA EUROPEA

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I 27 rappresentanti dei Paesi dell’Unione Europea sono usciti dal Consiglio divisi come non mai, confusi come non mai, incapaci come non mai, evidenziando la debolezza estrema di un’istituzione nata a Maastricht al traino dell’asse franco tedesco, ormai sbriciolato dalla guerra in Ucraina e dallo sbarco in Normandia, come ha definito ieri Pietro Imberti l’arrivo delle misure di Donald Trump.

Ridicoli i due ex protagonisti del mostro di Bruxelles, Emmanuel Macron e Olaf Sholz, gli stracotti dell’Unione, che minacciano un braccio di ferro con gli Usa, prossimi a subire il bombardamento americano.

Balbettante Ursula von der Leyen, ormai prossima a diventare un fantasma che si aggira per l’Europa.

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In fuga rapida l’invitato leader inglese Starmer che, visto l’andazzo, ha deciso che lui di confliggere con gli Usa non ne proprio l’intenzione.

L’Unione Europea non esiste e, infatti, non è invitata, nemmeno ad assistere alla trattativa in corso per chiudere la vicenda ucraina.

Donald Trump ha fatto capire che intende condizionare gli aiuti degli Stati Uniti all’Ucraina a un accordo sull’export di terre rare, minerali come il litio e il titanio necessari all’industria americana per sfornare componenti strategiche.  

Una bastonata tra i denti alla Germania, che già si era posizionata per portare a casa quello che ora si vede sfuggire sotto il naso. Lo stesso vale per la Francia e per gli altri Paesi dell’Unione.

Il presidente Usa conferma così il metodo degli accordi bilaterali, non ideologico, commerciale, con il quale   intende procedere in politica estera.

Trump negozia, dal Messico alla Cina, dal Canada alla Russia.

“Vogliamo fare un accordo con l’Ucraina in cui Kiev potrà assicurarsi quello che diamo loro grazie alle loro terre rare e altro. Chiediamo una garanzia”, ha dichiarato il presidente americano lunedì sera alla Casa Bianca, in occasione della firma di ordini esecutivi, dopo la sospensione degli aiuti allo sviluppo degli Usa in tutto il mondo, inclusa l’Ucraina che dipende dal contributo dell’alleato anche per il sostegno ai veterani di guerra e per la rete energetica messa in ginocchio dai raid russi.

Nessun accenno alle armi.

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Trump non ha mai nascosto la sua riluttanza a continuare a foraggiare lo sforzo bellico ucraino.

Prima delle elezioni Usa, durante un incontro con Trump, era stato Zelensky a proporre le terre rare, chiedendo agli Stati Uniti di garantire che i minerali non finiscano in mani russe.

Solo lo scorso dicembre – scrive il New York Times – una delegazione del governo ucraino aveva incontrato imprenditori Usa a Washington presentando loro possibili accordi con l’inclusione dell’acquisizione delle licenze di produzione di minerali critici, direttamente o attraverso partnership con i proprietari di licenze. E fonti ucraine citate dal Kiev Times precisano che accordi sulle terre rare con gli alleati sono parte del ‘Piano per la vittoria’ messo a punto da Zelensky per porre fine alla guerra.

In Ucraina ci sono giacimenti di diverse terre rare – di cui al momento il maggior produttore al mondo è la Cina, con il 70 per cento della produzione globale e la Groenlandia, guarda caso, è una regione con grandi riserve ancora da sviluppare, per un valore di migliaia di miliardi di dollari.

Il problema è che molte attività minerarie sono in regioni del Paese occupate dalla Russia o in regioni verso cui le forze di Mosca stanno avanzando, come una delle principali miniere di litio del Paese, a una quarantina di chilometri dal fronte nella regione di Donetsk.

Quello che si prospetta, pertanto, è una trattativa tra Usa e Kiev che potrebbe allargarsi a Mosca, con uno sguardo all’Artico e, pertanto alla Groenlandia, per una ridefinizione delle risorse minerarie ed energetiche strategiche per le industrie americane.

La logica di Trump, in definitiva, è passare dai cannoni agli affari. Il fatto è che per quanto riguarda gli affari l’Unione Europea non è invitata la tavolo delle trattative.

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Il motivo è semplice. Mentre gli Usa hanno virato di 180 gradi in relazione alle politiche green e di contrasto al presunto disastro climatico e stanno mettendo nell’inceneritore le politiche woke, finto inclusive, gender, lgbtq+, cancel culture e via elencando, con una coerenza che mette assieme i provvedimenti interni ed esteri, l’Unione Europea a trazione socialista si pone come il baluardo di tutto ciò che è il contrario della politica Usa. Non solo. C’è chi blatera di un asse Unione Europea Canada, ossia di un asse che guarda alla conservazione di politiche che sono fallite.

Pertanto, da quel che si capisce, Trump con i falliti non tratta. Guarda oltre.

C’è, inoltre, un tema fondamentale, che ha posto recentemente il ministro degli esteri russo.

La svolta della politica estera russa verso l’Occidente dopo il crollo dell’Urss ”è stata un errore”, ha detto Sergej Lavrov, intervenendo alla presentazione del dipartimento per il partenariato con l’Africa del ministero degli Esteri della Federazione Russa.

“Con grande rammarico, la leadership della Federazione Russa, dopo che la Russia è diventata uno Stato sovrano già al di fuori dell’Unione Sovietica, ha creduto che le porte della cosiddetta civiltà occidentale fossero aperte e che tutto il resto non avesse importanza. Questo è stato un errore strategico. Ora è stato riconosciuto da tutti, anche a livello statale” ha dichiarato Lavrov.

In occasione della riunione della XIV Conferenza sul Medio Oriente del forum di discussione russo Valdai, Lavrov ha detto anche che “i tentativi di eliminare Russia, Cina e Iran dal processo di sostegno esterno alla soluzione siriana non sono certo motivati da buone intenzioni, ma rivelano il proposito dell’Occidente di spingere i suoi concorrenti in posizioni secondarie”.

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Quanto afferma Lavrov richiama il tema dei temi: l’affidabilità.

Gli Usa a trazione neocon hanno dimostrato, in trent’anni, di non saper mantenere la parola, in quanto, dopo aver assicurato alla Russia che la Nato non avrebbe associato Paesi dell’ex Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, lo ha fatto, in base all’idea che Mosca andava ridotta ad un Paese impotente, operante entro la grande illusione del globalismo guidato dall’unica potenza rimasta, ossia Washington.

I neocon sono riusciti persino a credere come seria la più grande idiozia del secolo scorso: la fine della storia.

Segno, questo, della pochezza intellettuale di chi ha pensato di governare il mondo.

La massima espressione dell’idiozia neocon è stata l’avvio delle due guerre dell’Afghanistan e dell’Iraq, volute da Bush jr e ambedue perse. Per non essere da meno i neocon Dem, con Obama e Biden, hanno fatto di tutto per provocare la Russia in Ucraina (con la regia di Victoria Nuland e di George Soros), fino a raggiungere il punto di non ritorno, ossia la guerra.

L’inaffidabilità dei neocon è acclarata. L’inaffidabilità dell’Unione Europea è nella sua inesistenza in politica estera e nel suo essere divisa su tutto e volta a difendere politiche fallite.

L’affidabilità di Trump è nel suo fare quel che ha promesso, piaccia o non piaccia alle sinistre starnazzanti.

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Se Zelensky vuol concludere la sua vicenda politica senza cadere in disgrazia può, per usare una metafora, trasformarsi in minatore, togliere l’elmetto del guerriero e indossare quello di chi scava terre rare.

Mentre l’Unione Europea si scava la fossa, preceduta dalla Germania e dalla Francia dei gradassi, l’Ucraina, se saprà uscire dalla bolla illusoria nella quale è stata collocata dai neocon, potrà, sia pure con qualche inevitabile sacrificio, pensare ad una rinascita. Meglio non essere Nato ed essere rinato che voler essere Nato ed essere morto.

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