La giunta proroga lo stato d’emergenza – Sebastian Strangio

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La giunta militare che guida la Birmania dal colpo di stato del 1 febbraio 2021 ha prorogato lo stato d’emergenza per altri sei mesi “per poter preparare le elezioni” promesse entro la fine dell’anno. Secondo il quotidiano di stato Global New Light of Myanmar, il capo della giunta, il generale Min Aung Hlaing, ha spiegato che serve più tempo per riportare la “stabilità” nel paese prima di poter organizzare il voto.

La proroga dello stato di emergenza è arrivata alla vigilia del quarto anniversario del golpe che nel 2021 ha rovesciato il governo civile del paese. Si tratta della settima proroga annunciata fin qui dalla giunta, che sta facendo molta fatica a sedare una rivolta nazionale contro il suo regime, estremamente repressivo. Il generale Min Aung Hlaing ha parlato di diffusi “atti di terrorismo” e di “tentativi coordinati di incitare atti di violenza” in tutto il paese che stanno “ritardando il processo”.

Negli ultimi diciotto mesi il regime ha infatti perso una parte rilevante di territorio, passato sotto il controllo della coalizione di gruppi armati etnici e milizie che combattono contro il regime. Le perdite sono state particolarmente drammatiche nello stato del Rakhine – dove l’Esercito dell’Arakan (Aa, una milizia locale), è riuscito a contenere i militari della giunta all’interno di aree limitate, tra cui il capoluogo Sittwe –, e nello stato dello Shan settentrionale, dove l’Alleanza delle tre fratellanze (nata nel 2019 tra l’Aa, l’Alleanza nazionale democratica birmana e l’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang) ha conquistato ampie porzioni di territorio e controlla cruciali rotte commerciali con la Cina.

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Le Nazioni Unite stimano che la guerra civile abbia costretto alla fuga più di tre milioni di persone e che circa un terzo della popolazione abbia bisogno di assistenza umanitaria. In un rapporto pubblicato a gennaio dal Programma di sviluppo dell’Onu si legge che la Birmania sta affrontando una “policrisi” caratterizzata da “instabilità politica, un conflitto profondamente radicato, sconvolgimenti economici, gravi violazioni dei diritti umani e un crescente degrado ambientale”. Questa situazione “ha spinto milioni di persone in una condizione di indigenza. Metà della popolazione vive oggi al di sotto della soglia di povertà e un altro terzo appena al di sopra”.

Il rischio di un bagno di sangue

Anche se nessuno si aspetta che eventuali elezioni possano essere libere e inclusive – nel 2023 la giunta ha sciolto quaranta partiti politici, tra cui la Lega nazionale per la democrazia, al governo prima del colpo di stato – in un contesto simile sarà difficile perfino organizzare una parvenza di consultazione. Dal 2021 il regime è stato costretto a rimandare più volte le elezioni a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza. Il censimento preelettorale deciso dalla giunta e condotto alla fine del 2024 è stato possibile solo in 145 dei 330 comuni del paese. Conteggi parziali sono stati condotti in 127 comuni, mentre in 58 non è stato possibile raccogliere alcun dato.

Secondo quanto scrive la Reuters, citando “una fonte a conoscenza delle discussioni a Naypyidaw”, al momento il regime sta pensando di organizzare il voto in 160-170 comuni verso la fine dell’anno. “Vogliono andare avanti”, ha aggiunto la fonte. Nei suoi piani per le elezioni la giunta gode del sostegno della Cina, favorevole al voto come possibile preludio a una soluzione politica globale e, se non alla fine, quanto meno al contenimento dell’attuale conflitto. Pechino ha fatto pressioni, con un certo successo, sui principali gruppi ribelli dello stato dello Shan settentrionale, vicino al confine cinese, per porre fine alle offensive contro l’esercito e tornare al tavolo dei negoziati. A gennaio l’Alleanza nazionale democratica birmana, che nel 2024 aveva conquistato la città di Lashio, sede del comando regionale dell’esercito nel Nordest, ha accettato un cessate il fuoco. Questo dovrebbe comportare il suo ritiro da Lashio, probabilmente prima delle elezioni. Anche le altre forze dell’Alleanza delle tre fratellanze, l’Aa e l’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang, hanno annunciato la loro disponibilità a partecipare ai colloqui per il cessate il fuoco promossi dalla Cina.

Nonostante il sostegno di Pechino, tuttavia, probabilmente la giunta avrà difficoltà a gestire le elezioni. La proroga dello stato d’emergenza lascia intendere che le autorità militari non dispongono della fiducia necessaria per annunciare una data definitiva, che potrebbe spingere gruppi di resistenza a lanciare nuove operazioni militari da parte dei gruppi di resistenza. Anche l’Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Asean), che non sarebbe contraria alle elezioni se queste potessero contribuire a mettere fine al conflitto in Birmania, ha consigliato cautela. Durante una riunione alla fine di gennaio i ministri degli esteri dell’Asean hanno comunicato alla giunta che il voto non dovrebbe essere una priorità, esortandola invece ad avviare il dialogo e a “fermare la violenza”.

Intervistato dalla Reuters, David Mathieson, analista indipendente esperto di politica birmana, dice che qualsiasi tentativo di tenere le elezioni sarebbe probabilmente ostacolato dalla resistenza. Molte delle sue componenti, infatti, hanno già espresso l’intenzione di impedire lo svolgimento del voto nei territori sotto il loro controllo. “C’è il rischio concreto che le elezioni si trasformino in un bagno di sangue se le forze rivoluzionarie decidono di attaccare i seggi, i funzionari elettorali e i candidati”, conclude Mathieson. ◆ gim

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