Il “Villaggio Giuliano” di Vicenza compie 70 anni

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Mimi e Carmela vendevano frutta e verdura, Marco gli alimentari. D’estate arrivava il carretto del gelato: 1 pallina 10 lire. Arrivavano regolarmente anche i pescivendoli, uno in bicicletta, l’altro in motorino. I bambini, tantissimi, giocavano in piazzetta a nascondino, pindolo, a palla al muro di fianco alla Madonnina fresca di vernice.

Il ‘Villaggio Giuliano’ di Campedello brillava. Costruito per accogliere gli esuli d’Istria e Dalmazia, quest’anno compie 70 anni. Era molto più di un’enorme struttura con 13 «portoni» e otto appartamenti ciascuno per un totale di 104 abitazioni. Era un piccolo quartiere con negozi, abitudini, tradizioni. Molto più di una casa. Ospitava una grande famiglia che aveva deciso di rimanere italiana. Un’isola felice. Un sogno che si realizzava. Una storia molto diversa da quella che sta vivendo oggi la struttura, abbandonata a sé stessa.

70 anni di vita

Il Villaggio Giuliano fu inaugurato nel settembre del 1955. Due condomini enormi dalle pareti giallo-arancione, uno a destra e uno a sinistra del cortile. «All’epoca le famiglie erano più di 104 perché qualche appartamento ne ospitava più d’una – racconta Elena Ornella Neuberg, 77 anni, giunta nel Villaggio all’età di 7 anni, che incontriamo nell’ampio cortile -. Ricordo gli Schiavon, erano tantissimi, stavano là, a destra».

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Le famiglie originarie si contano oggi sulle dita di una mano. «Siamo rimasti in quattro – continua Elena nostalgica -: io, mio nipote Mario, la signora Wanda e un’altra signora anziana che vive nell’altro portone -. Quando arrivai, 70 anni fa, era tutto nuovo, bellissimo. Ci conoscevamo per nome e ci aiutavamo. Ricordo al centro del cortile una grande piattaforma con le bandiere: quella italiana, di Fiume, Pola e Zara. Non si sa che fine abbiano fatto. Ancora oggi mi capita di aprire le finestre e di ripensare alla signora simpatica del terzo piano, a quella brontolona, ma tanto buona del secondo».

«’Vede quella Madonnina nel muro?’ – continua la donna -. L’abbiamo comprata con una colletta quando eravamo al campo profughi Collegio Cordellina in attesa di trasferirci qui». Elena vive con il figlio: «Quando mi sono sposata mi sono trasferita in un’altra zona, sono tornata al Villaggio dopo la morte della mamma. Ho chiesto lo stesso appartamento, al quarto piano, portone 32. Ogni Natale metto le luci come faceva mia madre».

88 appartamenti comunali di cui 44 sfitti

Dei 104 appartamenti totali del Villaggio Giuliano, 88 sono di proprietà comunale gestiti da Amcps. Di questi 44 sono sfitti. Sedici appartengono a privati. Il 23 luglio del 2021 l’allora sindaco Rucco annunciò sul proprio profilo Facebook l’arrivo di 30 milioni di euro per riqualificare gli alloggi popolari di Vicenza, tra cui il Villaggio Giuliano. «In realtà poi quei soldi non sono mai arrivati – spiega l’allora assessore alle infrastrutture Mattia Ierardi -. Scrissi anche al premier Conte, arrabbiato. Non ho mai ricevuto risposta».

Elena si guarda intorno e alza le spalle. «In questi lunghi anni ci hanno fatto tante promesse. Dovevano arrivare i soldi, dovevano ristrutturare. Ricordo che nel 1968 hanno dato il colore alle pareti esterne, tanti anni fa hanno installato i termosifoni. Poi basta, più nulla».

Italiani, africani e cinesi

«Nel mio portone su otto appartamenti ne sono occupati solo tre – racconta Elena -, adesso è un mortuorio, ma non ci sono violenza, né droga o criminalità. Chi dice il contrario mente. Mi capita di rientrare tardi, non ho mai avuto problemi in 70 anni. E non lo dico perché sono del Villaggio. La mia vicina è del Ghana, ci mettiamo d’accordo, puliamo le scale a turno. Un signore marocchino abita qui da 40 anni, ci sono alcune famiglie cinesi». «Magari tornassero i vecchi tempi, ma non sto in un ghetto», sottolinea la signora.

Il nipote Mario Mengaziol, è nato qui. «Ci sono appartamenti ristrutturati, hanno cambiato gli infissi, la caldaia, ma sono vuoti. Perché? Vede quell’abitazione al terzo piano con i serramenti bianchi? È nuova, ed è sempre chiusa». L’anno scorso è mancato il signor Claudio, nessuno ha più messo piede nel suo appartamento. «Mia mamma c’era molto affezionata. Arrivano ancora le bollette dell’operatore telefonico. Mi chiedo chi paghi, ma non voglio impicciarmi », interviene Elena dispiaciuta.

« Vede quell’ultimo piano con la finestra aperta? Il propritario è morto 4-5 anni fa racconta Mario -. Sono entrati i piccioni, figuriamoci in che condizioni è dentro. Chiudere una finestra non costerebbe nulla».

Mentre parliamo, in cortile fa capolino una volante della polizia locale, l’agente dà un’occhiata e se ne va. «Ci sono troppi appartementi vuoti – insiste Mario -. Alcuni vengono dati a balordi che non si capisce come possano pagare l’affitto. Mi capita di rientrare di notte alle 3.30 dopo lavoro e vedo alcune luci accese, la mattina alle 9 sono ancora accese. Chi paga, mi chiedo. Chi paga? Anni fa hanno trovato 40 bombole di gas in un appartamento. È stato pericolosissimo ».

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Saldo e stralcio

 

Lorena Vallese, 75 anni, è nata nel campo Profughi Collegio Cordellina. Se nè andata dal Villaggio Giuliano a 25 anni, ma la mamma ha vissuto lì fino al 2008. «Vederlo così mi provoca una tristezza infinita – racconta con la voce spezzata -. È stata la mia prima casa, la prima casa dei miei genitori da sposati. Mentre lo stavano costruendo andavamo a vedere l’avanzamento dei lavori: ‘Ci sarà una porta da chiudere’, mi diceva papà. Non è giusto che sia ridotto così». Le famiglie di esuli in coro chiedono «una targa per ricodare l’esodo dalle città di Fiume, Zara e Pola. Un gesto d’amore».

Marta Randon

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