Bruxelles – Passino i centri per i rimpatri al di fuori del territorio europeo, ma che non siano aree “senza diritti”. Nella posizione diffusa oggi (6 febbraio) dall’Agenzia Ue per i Diritti Fondamentali (FRA), la conferma dell’evoluzione del dibattito sui ‘return hubs’: sconfitte le resistenze dei più scettici, la nuova stretta per accelerare i rimpatri di persone migranti a cui viene negata l’accoglienza si farà. Resta da vedere a quali condizioni, perché – come avverte l’Agenzia – “la creazione di hub per il rimpatrio sarebbe compatibile con il diritto dell’Ue solo se accompagnata da garanzie chiare e solide“.
La proposta della Commissione europea è imminente, dovrebbe essere pubblicata già alla fine di febbraio. La settimana scorsa, nell’incontro informale tra i ministri degli Interni dei Paesi membri a Varsavia, secondo i verbali riportati da Euronews il commissario europeo per gli Affari interni e la Migrazione, Magnus Brunner, ha proposto “regole più severe sulla detenzione” e la “possibilità di sviluppare hub per il rimpatrio”. L’idea – che circola a Bruxelles da diversi mesi – sarebbe stata accolta con favore e descritta “come un possibile deterrente per la migrazione irregolare” da diverse capitali. Solo Portogallo e Spagna avrebbero sollevato dubbi dal punto di vista legale e operativo, mentre Irlanda e Belgio avrebbero sottolineato “la necessità che le misure siano realistiche e attuabili e che rispettino i diritti fondamentali”. Due giorni fa, il 4 febbraio, Brunner ha incontrato alcune ong per discutere della revisione delle norme Ue sui rimpatri. A margine del confronto, ha dichiarato: “Le vostre intuizioni sono fondamentali per dare forma a una politica migratoria equa ed efficace”.
Gli hub di rimpatrio non vanno confusi con i due centri italiani in Albania, il cui obiettivo non è esternalizzare le procedure di rimpatrio, ma quella del trattamento delle domande di asilo. In sostanza, i ‘return hubs’ ospiterebbero temporaneamente le persone migranti che hanno un ordine di lasciare l’Ue o a cui è stata respinta la domanda d’accoglienza. Le persone migranti verrebbero trattenute nei centri extra-Ue fino a quando gli Stati membri o l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) non riuscissero a procedere al loro rimpatrio nel Paese d’origine. In questo modo, l’Unione europea risolverebbe il nodo dei rimpatri effettivi: seppur in aumento, oggi i Paesi membri riescono a trasferire solo all’incirca un quarto delle persone che ricevono un ordine di allontanamento.
In questa voracità con cui l’Ue e gli Stati membri cercano di trovare “soluzioni innovative” per gestire la migrazione, “non dovrebbero dimenticare i loro obblighi di proteggere le vite delle persone e i loro diritti“, ha ricordato la direttrice di FRA, Sirpa Rautio. Anche se questi hub fossero localizzati al di fuori dell’Ue, “le tutele dei diritti fondamentali stabilite dal diritto dell’Unione si applicano comunque”, precisa l’Agenzia per i Diritti fondamentali: “Gli Stati membri e/o Frontex sarebbero responsabili delle violazioni dei diritti negli hub e durante i trasferimenti”.
Le condizioni dettate dagli esperti di diritti umani dell’Ue sono diverse. Prima di tutto, le decisioni legali dovranno “essere basate su una valutazione individuale”. In secondo luogo, “i bambini non dovrebbero mai essere inviati negli hub di rimpatrio” e le persone in situazioni vulnerabili, inclusi anziani e persone con disabilità, “richiederanno un’attenzione particolare, rendendo improbabile e difficile il loro trasferimento legittimo in un centro di rimpatrio”. Alle persone migranti internate in tali centri dovranno essere garantiti ” standard minimi per le condizioni e il trattamento legittimo”. Per ridurre il rischio di violazioni dei diritti umani, sarà necessario introdurre “meccanismi di monitoraggio dei diritti umani efficaci e indipendenti“.
Inoltre, l’Agenzia per i diritti fondamentali ha messo in chiaro che, se gli Stati dovessero utilizzare fondi europei per coprire i costi dei centri, allora a tali fondi si applicherebbero le garanzie specifiche per i diritti fondamentali previste dall’Ue. E gli Stati membri “dovranno garantire un accordo giuridicamente vincolante con qualsiasi Paese non Ue che ospita un hub“, che rispetti i diritti sanciti dal diritto europeo e che chiarisca “le modalità di trasferimento verso l’hub e dall’hub al Paese d’origine”.
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